Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5983 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5983 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DOLOFAN FELICIA N. IL 29/01/1976
avverso l’ordinanza n. 817/2013 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
18/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 23/01/2014

Così deciso in Roma il 23.1.2014

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Santi Spinaci, per il rigetto del ricorso.
Dolofan Felicia, già ristretta in carcere dal 22.5.2013 a seguito dell’arresto in flagranza del delitto
di rapina improprio e lesioni, custodia ribadita in sede di convalida e di ordinanza cautelare,
ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza del tribunale di Bologna ,in data 20.7.2013, di conferma,
in sede • di appello, del pregresso provvedimento dello stesso tribunale in data 24.6.2013 che
rigettava la di lei istanza di sostituzione della misura adottata in quella della custodia domiciliare.
Rilevava il tribunale che la prevenuta con sentenza di primo grado, in abbreviato,era stata
condannata per i delitti contestati alla pena di anni due e mesi due di reclusione, oltre la multa, e che
la misura richiesta era incompatibile con la personalità della prevenuta, per i suoi precedenti penali
e di polizia dai quale emergeva una spiccata tendenza a delinquere con la commissione di reati
contro il patrimonio.
Le ragioni di doglianza della ricorrente sottolineano la diversa prospettiva della prima ordinanza di
rigetto, data 24.6.2013, motivata dalla ritenuta inidoneità del domicilio indicato quale luogo
prescelto di detenzione, per essere incerta ” l’ effettiva identità delle persone dimoranti nella
abitazione sita in via Tito Ruffo 14 a Bologna” ed ancora per non essere “..sufficientemente
esaustiva.. la composizione anagrafica del nucleo familiare allegata alla istanza”, rispetto alla
decisione dell’appello tutta centrata sulla personalità dell’ imputata in una prospettiva
esclusivamente recidivante, senza alcuna valutazione in merito alla idoneità della diversa misura
cautelare richiesta a fronteggiare il tasso di pericolosità della prevenuta.
Il ricorso non è ammissibile perché svolge il tentativo di indurre questa Corte ad una esame del
merito.
Premesso che il tribunale, quale giudice di appello dei provvedimenti in materia di libertà, ben può,
nei limiti segnati dai motivi di appello, provvedere a completare la motivazione del provvedimento
impugnato integrandolo in tutto o in parte, con considerazioni ed argomenti diversi da quelli
adattati dal primo giudice per assumere il silenzio del legislatore al riguardo il significato di un
rinvio implicito, per tutto ciò che non trova espressa previsione nell’art. 310 cod. proc. pen., ai
principi ed alle norme che disciplinano l’istituto dell’appello , nelle parti che si rendono applicabili,
1 ‘ordinanza impugnata, ferme restando le considerazioni in merito alla inidoneità,allo stato, del
domicilio indicato per l’ esecuzione della misura come richiesta, di per sé preclusiva della
concessione del richiesto, ha valorizzato ed implementato considerazioni già contenute nel primo
provvedimento in merito alla pericolosità della prevenuta ove sia ristretta con modalità diverse da
quelle attuali. Un tale discorso, nella misura in cui è ancorata a specifici fatti delittuosi già accertati
ovvero sub judice, deponenti per una pervicacia alla reiterazione malgrado l’ intervento degli
organi di polizia e degli organi giudiziari , rende il discorso giustificativo giudiziale inattaccabile
quanto meno sul piano della legittimità.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato
che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché,
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a
favore della cassa delle ammende della somma di mille, così equitativamente fissata in ragione dei
motivi dedotti. P .Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende. Si
provveda a norma dell’art. 94 1- ter disp. att. c.p.p.

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