Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5975 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5975 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MASSARO DOMENICO N. IL 21/10/1952
2) MONGELLI MICHELANGELO N. IL 28/04/1968
avverso la sentenza n. 25163/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MOLFETTA,
del 14/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 20.1,41-£3 k0 WL-M_
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Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 giugno 2011, il Tribunale di Trani, sezione distaccata di
Molfetta, ha condannato Massaro Domenico e Mongelli Michelangelo alla pena di
euro 2.000 di ammenda, dichiarandoli responsabili del reato di cui all’art. 6,
comma 3, in relazione all’art. 5, comma 1, lett. h), della legge n. 283 del 1962,
perché il Massaro in qualità di amministratore della Cooperativa Ortofrutticola
Riforma Fondiaria Pozzelle Murge ed il Mongelli, in qualità di amministratore della
Valmont Frutta snc, detenevano per la vendita sedano contaminato da residui

coltura ai sensi del decreto del Ministro della Salute del 27 agosto 2004, all. 5 e
successive modificazioni; fatto accertato in Molfetta, il 16 giugno 2008.
2. Avverso la sentenza, il Massaro ha proposto appello, chiedendo l’assoluzione
per il reato contestato, perché il fatto non sussisterebbe o per non aver
commesso il fatto. Le dichiarazioni testimoniali avrebbero dimostrato la buona
fede del ricorrente nella vendita del prodotto. Inoltre, le analisi del prodotto,
nonostante la natura deteriorabile del sedano, sarebbero state effettuate senza
avviso alle parti interessate e da un laboratorio non accreditato dal SINA, sicché
il rapporto di prova sarebbe inutilizzabile.
3. Con ordinanza del 28 febbraio 2012, la Corte di Appello di Bari ha convertito
l’impugnazione in ricorso per cassazione, trasmettendo gli atti a questa Corte.
4. L’imputato Mongelli ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:
1) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità ed
erronea applicazione della legge penale, poiché la responsabilità dell’imputato
sarebbe stata fondata su una prova inutilizzabile, perché acquisita secondo
modalità contrarie a quelle previste dalla legge ed in violazione delle garanzie
difensive. Il rapporto di prova, a seguito di analisi su un campione di sedano
prelevato presso l’esercizio all’ingrosso del Mongelli, sarebbe stato redatto dal
Dipartimento ARPA Puglia di Bari, un laboratorio non accreditato a svolgere i
suddetti esami. Le indagini avrebbero dovuto essere compiute, al contrario, da
laboratori provinciali di igiene espressamente autorizzati come previsto dall’art. 1
della legge n. 283 del 1962. Inoltre, non si sarebbe tenuto conto del fatto che a
seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale n. 434 del 1990, il
laboratorio avrebbe dovuto dare avviso alle persone interessate dell’inizio delle
operazioni della facoltà di assistervi anche con l’assistenza di un consulente.
Infatti non rileverebbero la natura delle analisi, se microbiologiche o chimiche,
ma la natura del prodotto alimentare analizzato, che nella specie era
deteriorabile; 2) Vizio di motivazione in quanto all’imputato non sarebbe stata
riconosciuta la causa di non punibilità di cui all’art. 19 della legge n. 283 del
1962, poiché il prodotto era stato acquisito dall’imputato quale grossista in colli
originali preconfezionati per essere rivenduto al dettaglio; 3) Violazione dell’art.

attivi di Cloripirifes Metile (pari a 0,09 mg/kg), sostanza vietata su questo tipo di

606 lett. b) ed e) c.p.p., essendo stata applicata illegittimamente la pena
accessoria della pubblicazione della sentenza con conseguente preclusione per
l’imputato del beneficio di cui agli artt. 163 e 175 c.p. Infatti, dal capo di
imputazione non risulterebbe la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 6,
comma 4, della legge n. 283 del 1962, ma esclusivamente la detenzione per la
vendita di sedano contaminato da residui attivi di un fitofarmaco vietato sul tipo
di coltura oggetto di commercializzazione, sicché la sentenza sarebbe nulla per
quanto attiene alla ritenuta aggravante della frode tossica nonché per quanto

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso, comune ad entrambe le parti deve essere rigettato
perché infondato. La sentenza di merito ha dato atto che sui campioni di sedano,
prelevati dalle casse rinvenute presso la cooperativa di Andria, erano stati
compiuti gli accertamenti volti a verificare l’esistenza di sostanze fitochimiche il
cui impiego non è consentito sui prodotti ortofrutticoli e che alle parti era stato
dato avviso con raccomandata della possibilità di effettuare la revisione delle
analisi sul campione. Risulta altresì pacifico che nella fattispecie in esame gli
imputati furono avvertiti dei risultati delle analisi, al fine di poter esercitare la
facoltà di richiedere la revisione, facoltà di cui, però, non si sono avvalsi.
Per quanto concerne l’analisi dei campioni, deve farsi riferimento all’art. 223,
norme di attuazione del codice di procedura penale. Giova premettere che, con
sentenza n. 434/1990, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art.
1, secondo comma, della Legge n. 283/1962 nella parte in cui non prevede che per i casi di analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili – il
laboratorio competente dia avviso dell’inizio delle operazioni alle persone
interessate, affinché queste possano presenziare ad esse, eventualmente con
l’assistenza di un consulente tecnico. Le procedure di cui all’art. 223 sono state
espressamente richiamate poi dal D. L.vo n. 123/1993, concernente i controlli
microbiologici dei prodotti alimentari deteriorabili. Orbene, l’art. 223, comma 1,
disp. att. c.p.p., si riferisce alle analisi di campioni per i quali non è prevista la
revisione (Cfr. Sez.3, n.2360 del 19/11/2009, dep. 19/1/2010, Prevedini,
Rv.25910); è evidente che in questo caso deve essere assicurata subito
un’adeguata difesa ai soggetti interessati alle analisi, giacché altrimenti
risulterebbe definitivamente pregiudicata la loro successiva posizione
processuale, per cui la norma prevede l’ obbligo di avvertirli – anche oralmente e
senza specifico onere di verbalizzazione – dell’ora e del luogo ove le analisi
verranno effettuate; detto preavviso costituisce l’unico requisito di utilizzabilità in

attiene al conseguente trattamento sanzionatorio.

giudizio delle analisi dei campioni, che sono atti tipicamente amministrativi e non
giudiziari, ma che hanno piena rilevanza probatoria nell’ambito del processo
penale. Il secondo comma dell’ art. 223 disp. att. c.p.p. disciplina, invece,
l’ipotesi in cui sia prevista la revisione delle analisi ed essa sia richiesta. In tal
caso agli interessati, ed agli eventuali loro difensori, devono essere comunicati almeno tre giorni prima – la data, l’ora ed il luogo di espletamento delle
operazioni di revisione, non essendo in alcun modo garantita la possibilità di
partecipazione alle prime analisi.

individuato due momenti differenti in cui sorge l’obbligo di avvertire gli
interessati per assicurare loro un’adeguata tutela in caso di analisi (pena la
inutilizzabilità dei risultati delle stesse) : 1) subito dopo il campionamento ed in
tempo utile per assistere alle prime analisi, per i campioni per i quali non è
prevista la revisione; 2) dopo le prime analisi, quando la revisione sia possibile e
venga richiesta dagli interessati, ed almeno tre giorni prima di essa. Ovviamente
la concreta possibilità di effettuare la revisione delle analisi è collegata ad un
dato obiettivo: la non deteriorabilità del campione, sussistendo altrimenti la fisica
impossibilità di una reiterazione di esse; pertanto quando il campione non è
deteriorabile, legittimamente viene esclusa dalla legge la partecipazione degli
interessati alle prime analisi, giacché la revisione consentirebbe comunque,
anche se in un momento successivo, di esercitare le garanzie difensive ad essi
spettanti (cfr. Sez. 3, 13 novembre 1997, n. 11828, Andergassen ed altro).
2. Alla luce dei principi sopra richiamati, dal momento che il sedano era stato
congelato, poteva certamente essere effettuata – con evidente attendibilità dei
risultati – la revisione delle analisi sui campioni prelevati, laddove le parti si
fossero avvalse della facoltà di chiederla e di tale facoltà le parti erano state
prontamente edotte, ove si consideri che, come correttamente rilevato dalla
sentenza impugnata, il riscontro di elementi fitochimici sarebbe comunque stato
esperibile per un lungo periodo anche su alimenti deteriorabili. Invero anche
l’individuazione delle sostanze alimentari deteriorabili effettuata con D.M. 16
dicembre 1993, è finalizzata esclusivamente ai controlli microbiologici ufficiali di
cui al D. L.vo 3 marzo 1993, n. 123, ma non certo agli altri tipi di accertamenti,
quale quello in questione, relativo alla ricerca di additivi chimici (cfr. Sez.3,
n.28496 del 17/5/2007, dep. 18/7/2007, Ilario e altri, Rv.237227).
In definitiva, questo Collegio ritiene che nel caso di specie sarebbe stata
utilmente esperibile l’analisi di revisione, per cui gli imputati, per contestare i
risultati delle prime analisi del prodotto, avrebbero dovuto avvalersi della
possibilità di richiederla. Dal momento che non si sono avvalse di tale facoltà,

In definitiva, come ha già avuto modo di precisare questa Corte, il legislatore ha

non può essere eccepita l’inutilizzabilità processuale delle prime analisi, i cui
risultati provano, sotto il profilo oggettivo, la sussistenza della contravvenzione
contestata.
3. Per quanto riguarda l’ulteriore doglianza, relativa alla natura dell’ente
incaricato ad effettuare le indagini di laboratorio, anch’essa risulta infondata, non
avendo i giudici del merito rilevato dagli atti processuali alcun comportamento
irregolare da parte dell’ autorità di controllo nella sua attività di indagine, che è
stata svolta nel rispetto delle regole imposte dall’autorità pubblica titolare del

4. Del pari infondata risulta la censura relativa alla mancata applicazione dell’art.
19 della legge n. 283 del 1962. In tema di disciplina degli alimenti, questa Corte
(cfr. Sez. 3, n. 8085 del 13/05/1999, Nerbi, Rv. 214654) ha affermato che per
“confezione originale” deve intendersi ogni recipiente o contenitore chiuso,
destinato a garantire l’integrità originaria della sostanza alimentare da qualsiasi
manomissione e ad essere aperto esclusivamente dal consumatore di essa. Ed
invero, quando i prodotti alimentari non sono confezionati in involucri o recipienti
sigillati, che non ne consentono l’analisi senza il loro deterioramento o la loro
distruzione, il commerciante o detentore di essi a scopo di vendita o
somministrazione risponde a titolo di colpa della non corrispondenza del prodotto
alimentare alle norme di legge perché, in tal caso, la merce è controllabile anche
attraverso appropriate analisi, almeno a campione, dal che discende l’onere di
porre in essere quelle cautele che la prudenza, le circostanze del caso e la natura
del prodotto consigliano.
Orbene, nel caso di specie, la sentenza impugnata ha dato conto del fatto che il
sedano era stato prelevato da cassette di legno, sicché non essendovi alcuna
confezione del prodotto, correttamente il giudice di merito ha sottolineato come
l’imputato bene avrebbe potuto e dovuto effettuare i controlli necessari, sicché
deve escludersi che sussistano i presupposti per l’applicazione della norma
invocata dall’imputato.
5. Risulta, invece, fondato l’ultimo motivo di ricorso.

La giurisprudenza di

legittimità ha precisato che per “frode tossica” deve intendersi un fatto reato,
quale previsto negli artt. 5 e 6 della legge n. 283 del 1962, “insidioso per se
stesso o produttivo di effetti insidiosi, da cui derivi un’attitudine della sostanza a
produrre effetti intossicanti o comunque un pericolo di danno per la salute del
consumatore da accertarsi in concreto” (in tal senso, Sez.3, n.13535 del
5/2/2009,dep. 27/3/2009, Mascagni, Rv. 243388). Nel caso di specie, invece, va
osservato che l’aggravante di cui alla previsione legislativa dell’art.6, quarto
comma, della Legge n. 283 del 1962, non risulta contestata formalmente nel

potere di controllo.

capo di imputazione, e di essa neppure viene fatto cenno nella parte motiva
della sentenza, nella narrativa dei fatti contestati all’imputato. Inoltre la
sentenza impugnata non contiene alcun riferimento ad effetti intossicanti o
pericolosi per la salute, che siano stati accertati in concreto. Né il giudice di
merito ha fatto menzione dell’eventuale esecuzione di esami di laboratorio
dall’esito dei quali possano essere dedotti effetti intossicanti o comunque
elementi determinanti un pericolo concreto di danno alla salute, derivanti dal
consumo del sedano in questione.
aggravante della frode tossica ed al conseguente trattamento sanzionatorio,
nonché per quanto concerne la disposta pena accessoria della pubblicazione della
sentenza di condanna.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla ipotesi
della frode tossica con rinvio al Tribunale di Bari, mentre nel resto i ricorsi
devono essere rigettati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ipotesi della frode tossica e
rinvia al Tribunale di Bari; rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012

Il

2

liere estensore

Il Presidente

Ne consegue la nullità della sentenza impugnata per quanto attiene alla ritenuta

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