Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5972 del 20/11/2012
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5972 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ROSI ELISABETTA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1 ) EL AMRI MOHAMMED N. IL 29/10/1977
avverso la sentenza n. 874/2008 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 21/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore G elale
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che ha concluso per t<
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équraD Rilevato che, con sentenza del 14 novembre 2007, il Tribunale di Reggio Calabria
ha dichiarato El Amri Mohammed colpevole a) del reato di cui agli artt. 99,
comma 3, e 171 ter lett. c) della legge 22 aprile 1941 n. 633, perché ai fini di
lucro, non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione, deteneva per la
vendita 150 DVD e 100 CD, tutti abusivamente riprodotti, con la recidiva
specifica infraquinquennale; b) del reato di cui agli artt. 171 ter lett. d) della
legge 22 aprile 1941 n. 633, perché ai fini di lucro, deteneva per la vendita i
DVD e i CD indicati al capo a), privi del prescritto contrassegno SIAE, con la 648 c.p., perché al fine di procurarsi un profitto, in quanto destinati a successiva
vendita, acquistava o comunque riceveva i CD, le musicassette e le
videocassette indicate nel capo a), di provenienza delittuosa in quanto
compendio di abusiva riproduzione, con la recidiva infraquinquennale e concesse
le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante,
ritenuto il vincolo della continuazione tra gli stessi, lo ha condannato alla pena di
anni 2 e mesi 2 di reclusione ed euro 800 di multa;
che, con sentenza del 21 febbraio 2012, la Corte di Appello di Reggio Calabria in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria ha assolto
l'imputato dal reato di cui al capo b), perché il fatto non costituisce reato e
riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 648, comma 2, c.p., non ritenuta
contestata la recidiva, ha rideterminato la pena in 10 mesi di reclusione ed euro
400 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata;
che, avverso la sentenza, l'imputato ha proposto, tramite il proprio difensore,
ricorso per cassazione per i seguenti motivi: 1) La motivazione della sentenza
impugnata sarebbe illogica nella misura in cui ha assolto l'imputato in relazione
al reato contestato nel capo b) con la formula perché il fatto non costituisce
reato e contemporaneamente ha confermato la responsabilità con riferimento al
reato di cui all'art. 171 ter lett. c) della legge n. 633 del 1941, in violazione dei
principi derivanti dal diritto comunitario. La mancata apposizione del
contrassegno SIAE non potrebbe essere considerata indizio della illecita
duplicazione o riproduzione, non sussistendo alcun obbligo di apposizione del
contrassegno in capo al privato, per effetto della normativa comunitaria. Considerato che il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere
dichiarato inammissibile attesa la sostanziale genericità dei motivi prospettati dal
ricorrente;
che, anche dopo la sentenza Schwibbert, rimane vietata qualsiasi attività che
comporti l'abusiva diffusione, riproduzione, contraffazione delle opere di ingegno
(cfr. Sez. 3, n. 27764 del 24/06/2008, Donnarumma, Rv. 240834); recidiva specifica infraquinquennale; c) del reato di cui agli artt. 99, comma 2, e che, nel caso di specie, i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione del
principio recentemente affermato da questa Corte (così Sez. 3, n. 24823 del
05/05/2011, Abdou, Rv. 250653), secondo il quale la mancanza sui supporti
audiovisivi del contrassegno SIAE non può valere da sola come indizio
dell'abusiva duplicazione o riproduzione degli stessi; infatti, la Corte territoriale
ha assolto l'imputato perché il fatto non costituisce reato dall'ipotesi di cui
all'art. 171 ter lett. d) relativa alla detenzione per la vendita di DVD e CD privi
del contrassegno SIAE ma a confermato la responsabilità dell'imputato per il alla mancanza del contrassegno SIAE, ha indicato gli ulteriori elementi probatori
a sostegno del proprio convincimento, evidenziando come nel corso
dell'istruttoria era emerso che le etichette di CD e DVD erano fotocopie di quelle
originali, le custodie esterne erano state sostituite da buste di plastica non rigide,
diverse da quelle usate per la confezione originale, mentre l'imputato non era
riuscito a esibire documentazione giustificativa del possesso di un numero per
nulla modesto di CD e di DVD ed infine che l'ascolto a campione aveva
confermato la duplicazione di raccolte musicali;
che, pertanto, correttamente i giudici di merito hanno affermato la responsabilità
dell'imputato per il reato indicato al capo a) e per il delitto di ricettazione di tali
supporti, ricnoscendo l'attenuyante del fatto di lieve entità di cui all'art. 648,
comma 2 c.p., sicché non sussistono i presupposti per sindacare il percorso
argomentativo seguito nel giudizio di merito (cfr., per tutte, Sez. 6, n. 22256 del
24/04/2006, Bosco, rv. 234148);
che l'erronea intestazione della sentenza di secondo grado (laddove risulta
indicato il solo reato contestato sub b) per il quale il giudice di appello ha
pronunciato sentenza di assoluzione, anziché il delitto di ricettazione, contestato
al capo c) per il quale è stato confermato il giudizio di responsabilità)
rappresenta un mero materiale e non vulnera la correttezza delle argomentazioni
contenute nella parte motiva, laddove i giudici di appello hanno con chiarezza
confermato la condanna già disposta dal giudice di prime cure per il delitto di
ricettazione;
che la giurisprudenza, infatti, ha chiarito che non è affetta da nullità la sentenza
di appello nella cui intestazione non figuri il reato addebitato e sul quale sia
Intervenuta decisione, allorché l'indicazione di esso risulti dall'epigrafe della
sentenza di primo grado o dal decreto di citazione per il giudizio di secondo
grado (cfr. Sez. 6, n. 6978 del 26/4/2000, Vezio, Rv. 220630); reato di cui all'art. 171 ter lett. c) della legge n. 633 del 1941, in quanto, oltre che, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al
pagamento della somma di mille euro in favore della Cassa delle ammende.
che la correzione dell'errore materiale contenuto nell'intestazione della sentenza
di appello deve essere disposta dalla Corte di Appello di Reggio Calabria giusto il
disposto di cui all'art. 130 c.p.p.; dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria di trasmettere copia della sentenza alla Corte
di Appello di Reggio Calabria per la correzione dell'errore materiale.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012. P.Q.M.