Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 596 del 05/12/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 596 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: COSTANTINI ANTONIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
PRIORE ROBERTO nato il 14/06/1966 a BUSTO ARSIZIO
CILURZO DAVIDE GIUSEPPE nato il 05/12/1977 a BUSTO ARSIZIO
BORGESE GIUSEPPE nato il 17/12/1956 a NOVARA

avverso la sentenza del 15/09/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO COSTANTINI

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.
G,55;
Udito l’ avvocato CICORELLA CESARE FLAVIO, sostituto processuale g
– n difesa di
CILURZO DAVIDE GIUSEPPE che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
L’avvocato (D’UFFICIO) MORONI ROBERTO del foro di ROMA in difesa di
BORGESE GIUSEPPE ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Roberto Priore e Davide Giuseppe Cilurzo, per il tramite dei difensori,
Borgese personalmente, ricorrono impugnando la sentenza della Corte d’appello

Data Udienza: 05/12/2017

di Milano di cui in epigrafe che, a seguito di rinvio effettuato della Corte di
cassazione, che aveva annullato la sentenza della Corte d’appello di Milano in
data 20/01/2014, a parziale riforma della sentenza del G.i.p. a seguito di giudizio
abbreviato il 12/02/2009, ha condannato Priore Roberto alla pena di un anno,
mesi 4 di reclusione e euro 800,00 di multa, Cilurzo a mesi 10 e giorni 20 di
reclusione ed euro 400,00 di multa e Borgese alla pena di un anno, mesi 4 di
reclusione e euro 800,00 di multa, relativamente al solo delitto di ricettazione di
un autocarro Euro Cargo provento di furto in provincia di Bergamo il 2 giugno

della declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione
relativamente al capo a) della originaria rubrica (furto aggravato).
2. La difesa del Priore formula tre distinti motivi.
2.1. Erronea applicazione della legge penale per violazione dell’art. 648 cod.
pen. in ordine al reato presupposto e manifesta illogicità della motivazione atteso
che la Corte di appello, ritenendo il Priore responsabile del delitto di ricettazione,
non ha tenuto presente l’intervenuta confessione, cui la stessa Corte aveva fatto
rinvio per dimostrare la responsabilità, e nella quale aveva esplicitamente
ammesso il furto del mezzo di cui al capo b), con conseguente impossibilità di
ipotizzare a suo carico il delitto di ricettazione.
2.2. Violazione di norme processuali e manifesta illogicità della motivazione
in ordine alle eccezioni di inutilizzabilità delle intercettazioni, poiché la Corte ha
motivato sulla eccezione formulata nei motivi d’appello per i quali era
intervenuto l’annullamento della Corte di cassazione, in quanto le intercettazioni
potevano essere effettuate solo se ritenute indispensabili, evenienza non
sussistente all’atto dell’arresto del Priore e degli altri indagati, non essendoci
elementi da vagliare ulteriormente.
2.3. Violazione di norme processuali poiché la Corte ha disatteso la
eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni derivanti dalla omessa
motivazione da parte del P.M. sull’utilizzo di impianti esterni alla Procura,
semplicemente attestandone la piena utilizzabilità nel giudizio abbreviato,
nonostante giurisprudenza di segno contrario.
3. La difesa del Cilurzo formula le deduzioni alla sentenza della Corte di
merito con tre distinti motivi.
3.1. Violazione di legge processuale e carenza ed illogicità della motivazione
in ordine alla inutilizzabilità delle intercettazioni, sia per omessa motivazione ed
assenza dei presupposti, sia del decreto del G.i.p. che del provvedimento del
P.M. sull’utilizzo di impianti esterni, censure identiche a quelle poste dal Priore di
cui ai punti 2.2. e 2.3. salvo a precisare, quanto al motivo che ha indotto la
Corte territoriale a ritenere utilizzabili le intercettazioni disposte all’esterno

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2007 di cui al capo b), così diversamente determinando la pena residua all’esito

nell’ambito del giudizio abbreviato, che a fronte di un articolato motivo di appello
non fosse in alcun modo sufficiente e, quindi, fosse carente la motivazione che si
era limitata a rinviare ad altro orientamento della giurisprudenza conforme alla
conclusione, senza specificare per quale motivo si fosse inteso, a fronte di un
orientamento ondivago, dare la prevalenza ad uno anziché all’altro.
3.2. Erronea applicazione del delitto di ricettazione e carenza, illogicità della
motivazione in ordine alle specifiche doglianze difensive sulla assenza di elementi
probatori tesi ad escludere il concorso nel reato di soggetto che si è

Cilurzo abbia potuto concorrere, successivamente alla consumazione del reato da
parte di altri soggetti, ad un delitto di ricettazione a consumazione istantanea.
4. Borgese personalmente impugna la sentenza della Corte di merito
evidenziando tre motivi.
4.1. Il primo è sovrapponibile a quello connesso alle violazioni di norme
processuali e di carenza ed illogicità di motivazione in ordine ai decreti di
intercettazione e di autorizzazione all’utilizzo di impianti esterni alla Procura.
4.2. Quanto al secondo motivo, si contesta la illogicità della motivazione
addotta dalla Corte d’appello di Milano che nel dare conto degli elementi posti a
sostegno della condanna a carico del Borgese, evidenzia unicamente che questi
fu sorpreso all’interno del capannone ove fu rinvenuto il mezzo di provenienza
illecita, emergendo la sua implicazione anche dal tenore di una intercettazione
del 24 luglio 2007, dalla quale era emersa la disponibilità fornita a tale
Giaquinto, altro soggetto su cui si sono incentrate le indagini, di partecipare ad
attività analoghe a quella da cui ha preso le mosse il processo. Tale ricostruzione
non avrebbe dato motivatamente conto della articolata versione alternativa
fornita dal Borgese.
4.3. Violazione di legge, illogicità e contraddittorietà della motivazione in
relazione alla pena inflitta con riferimento alla mancata concessione delle
attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati per i seguenti motivi.
2. Quanto alla dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni, sia a causa di vizi
dei provvedimenti del G.i.p e del P.M., sia ricondotti a vizi di motivazione della
Corte territoriale in ordine alla loro utilizzabilità (2.2., 2.3., 3.1. del ritenuto in
fatto), deve preliminarmente evidenziarsi come i ricorrenti Priore Roberto e
Cilurzo Davide, a prescindere da quanto si dirà appresso con riferimento ad
identica deduzione posta dal Borgese cui si rinvia, non enunciano a quali fini

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autoaccusato a titolo esclusivo. Non vi è motivo, si osserva, per ritenere che

ritengano le stesse rilevanti nell’ambito della sentenza della Corte di appello di
Milano che, avendo dichiarato la prescrizione per il reato di furto aggravato in
concorso verificatosi la notte del 10 giugno del 2007, ha motivato sulla
responsabilità del Priore e del Cilurzo per i fatti di ricettazione dell’autocarro di
cui al capo b), unicamente in base agli atti di indagine al netto dell’apporto
probatorio che avrebbero assunto nella vicenda loro ascritta le intercettazioni di
cui denunciano la inutilizzabilità. Al riguardo deve evidenziarsi come sia
assolutamente generico il relativo motivo circa la asserita inutilizzabilità delle

da parte della Corte di merito, senza che sia stata specificata la rilevanza che
assume ai fini dell’interesse a ricorrere nel presente giudizio di legittimità. In tal
senso sussiste pacifica giurisprudenza secondo cui, qualora in sede di legittimità
sia eccepita l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, è onere della parte,
a pena di inammissibilità del motivo per genericità, indicare la rilevanza degli
elementi probatori desumibili dalle conversazioni, posto che l’omissione di tali
indicazioni incide sulla valutazione della concretezza dell’interesse ad impugnare
(Sez. 6, Sentenza n. 13213 del 15/03/2016, Rv. 266774). Dalla manifesta
infondatezza per carenza di interesse delle questioni in diritto poste dal Priore e
Cilurzo, discende la eguale manifesta infondatezza delle censure mosse alla
motivazione poiché, nell’ambito del giudizio di cassazione, il vizio di motivazione
non è denunciabile con riferimento a questioni di diritto, poiché queste, se sono
fondate e disattese dal giudice, motivatamente o meno, danno luogo al diverso
motivo di censura costituito dalla violazione di legge, mentre, se sono infondate,
il loro mancato esame non determina alcun vizio di legittimità della pronuncia
(Sez. 1, Sentenza n. 16372 del 20/03/2015, Rv. 263326).
3. Con riferimento alle deduzioni del Priore in merito alla violazione del delitto
di ricettazione, si osserva che attraverso la formula utilizzata si intende, in
realtà, confutare la valutazione effettuata nel merito dalla Corte territoriale che,
in ordine alla partecipazione alla ricettazione dell’autocarro utilizzato per il furto,
da non confondere con il furto di quanto asportato la notte del 10 giugno 2007,
ha dato ampia motivazione, prendendo le mosse, innanzitutto dal fatto che il
Priore fosse uno degli autori del furto avvenuto, per mezzo del camion di cui al
capo b). Se è vero come afferma nel ricorso il ricorrente che egli ha confessato il
furto del mezzo, è anche evidente che lo stesso non ha inteso confermare tale
confessione, tanto che tra i motivi di appello, ha specificamente negato di avere
la consapevolezza della sua provenienza delittuosa. Le dichiarazioni rese dal
Priore, quindi, sono stata ritenute veritiere solo parzialmente, avendo il Tribunale
adeguatamente motivato, operando la ricostruzione delle fasi del furto del 10
giugno 2007 (prescritto) ed analizzando con sufficienza i motivi che hanno fatto

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intercettazioni e del connesso vizio di motivazione sulla loro ritenuta utilizzabilità

ritenere il Priore responsabile della ricettazione dell’autocarro con cui il furto era
stato portato a compimento nonostante, con dichiarazione asseritamente
confessoria, in realtà enunciata solo nei motivi del presente ricorso, senza che
nulla fosse eccepito al riguardo nei motivi di appello ed in quelli del primo ricorso
per cassazione, l’imputato si fosse, solo inizialmente, autoaccusato del furto
anche dell’autocarro. è, comunque, evidente la inammissibilità del motivo
dedotto in ordine ad una differente ricostruzione del fatto mai prospettata in
precedenza, non potendo, in sede di legittimità essere proposte questioni non

ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile
dedurre in precedenza (Sez. 2, Sentenza n. 6131 del 29/01/2016, Rv. 266202).
Tale principio, ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e
609, comma secondo, cod. proc. pen., ha lo scopo di evitare che possa sempre
essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con
riguardo ad un punto del ricorso non dedotto nei motivi di gravame e,
conseguentemente non sottoposto al vaglio del giudice di secondo grado (Sez. 4,
Sentenza n. 10611 del 04/12/2012, Rv. 256631).
4. Il Cilurzo prospetta, attraverso il motivo indicato sub 3.2. del ritenuto in
fatto, una distinta e stravagante ricostruzione della vicenda rispetto al delitto di
ricettazione dell’autocarro di cui risponde e che appare sufficientemente e
logicamente contrastato dalle argomentazioni fornite dalla Corte di merito che
hanno fatto riferimento a quanto dichiarato alla polizia giudiziaria da Canese
Francesco che, alla guida della propria autovettura intorno alle ore 22,00 della
sera del furto dell’escavatore, ha confermato che un camion corrispondente a
quello poi utilizzato per il furto, con ancora gli stabilizzatori aperti, era andato a
collidere contro il proprio mezzo provocando danni all’auto e lesioni al
medesimo; fatto fermare il mezzo, che inizialmente tentava di fuggire, aveva
concordato con l’autista, il Cilurzo, che nell’occasione gli consegnava il proprio
documento di identità a garanzia, che si sarebbero rivisti l’indomani per
sistemare il tutto. Se si osserva che i giudici hanno dato conto che l’autocarro,
alla cui guida vi era proprio il Cilurzo, si presentava con il nottolino di accensione
manomesso, si comprende che l’imputato era a conoscenza della sua origine
furtiva, tanto che non meraviglia che il mezzo sia stato poi utilizzato per la
commissione del furto per cui veniva tratto in arresto. Il ricorrente, quindi,
intende far prevalere la propria ricostruzione dei fatti su quella effettuata dalla
Corte di merito che ha integralmente e pedissequamente contrastato quanto
dedotto in quella sede, con conseguente impossibilità che tali evenienze siano
proposte in sede di legittimità.

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enunciate nei motivi di appello tranne che si trattino di questioni rilevabili di

5. Con riferimento al punto sub 4.1. del ritenuto in fatto in cui si deduce la
inutilizzabilità delle intercettazioni da parte del Borgese, deve rilevarsi che, sia
nei motivi d’appello alla sentenza resa dal GIP di Busto Arsizio, sia nei motivi di
ricorso in cassazione alla sentenza della Corte d’appello di Milano del 2014, è
stato prospettato esclusivamente il motivo di carenza di motivazione della
sentenza, mai deducendo profili collegati alla inutilizzabilità delle intercettazioni
telefoniche ed ambientali. Tanto rende il motivo proposto inammissibile, anche
alla luce di quanto affermato dalla Corte di merito che ha escluso, non solo profili

in questa sede (tra le altre: Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014, Solano Abreu e
altri, Rv. 26334201), ma ha dato conto della adeguatezza delle motivazioni che
aveva autorizzato le captazioni telefoniche e ambientali, fornendo una dettagliata
disamina delle ragioni che avevano portato il P.M. a richiedere ed il GIP a
concedere i provvedimenti autorizzativi. Di fronte all’arresto in flagranza operato
a carico di cinque persone che erano state viste in orario notturno all’interno di
un capannone immediatamente dopo il furto di alcuni mezzi da un cantiere, il
G.i.p., all’esito dell’udienza, ritenuta la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza per sole due persone, Priore Matteo e il fratello Priore Roberto,
riteneva insussistenti i gravi indizi di colpevolezza per gli altri tre, pur presenti in
orario notturno in loco. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente che
assume non ci fossero ulteriori ambiti da vagliare, appare evidente come sussistenti i gravi indizi di reato – le captazioni fossero indispensabili per
conseguire proprio quegli elementi che il GIP aveva ritenuto insussistenti ai fini
della ricerca di elementi necessari per dimostrare il coinvolgimento di altri
soggetti (compresi quelli per cui non erano stati ritenuti sussistenti elementi
gravemente indiziari a carico), valorizzando la circostanza che la tipologia del
reato, consistito nella asportazione con un mezzo pesante di altri mezzi
egualmente pesanti utilizzati in lavori di costruzione, faceva chiaramente
intendere come lo stesso fosse stato portato a conclusione con l’apporto di più
persone. Di tale situazione il GIP aveva fornito sufficiente motivazione nei
provvedimenti e la Corte, anche a titolo esemplificativo, aveva fatto riferimento
al provvedimento n. 440/07 del 13 giugno 2007. Tanto premesso in ordine alla
corretta interpretazione fornita dalla Corte di merito sulla legittimità dei
provvedimenti di autorizzazione alle intercettazioni, nessuno spazio rimane in
ordine alla possibilità di ritenere affetti da inutilizzabilità patologica i
provvedimenti in questione.
6. Circa la ritenuta inutilizzabilità patologica delle intercettazioni per omessa
motivazione da parte del P.M. sull’utilizzo di impianti esterni alla Procura, la
Corte territoriale ha inteso chiaramente sposare il costante orientamento

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di inutilizzabilità patologica che avrebbe consentito la rilevabilità del vizio anche

giurisprudenziale che non ritiene la mancanza di motivazione del provvedimento
del P.M. un’ipotesi di inutilizzabilità patologica, e, quindi, non censurabile
nell’ambito del giudizio abbreviato (tra le altre, Sez. 2, n. 10134 del 24/02/2016,
Scarciglia e altri, Rv. 26619501), né, per la prima volta, in sede di legittimità
(Sez. 1, n. 472 del 03/11/2015, dep. 2016, Marzoki, Rv. 26585301). Si rinvia a
quanto esposto sub 2 del considerato in diritto, circa la non rilevabilità delle
censure della motivazione in ordine alle violazioni di diritto.
7. In ordine alla manifesta illogicità della motivazione dedotta dal Borgese, si
osserva come i rilievi attengano alla ricostruzione degli elementi posti a carico

dell’imputato e che, sulla base di quanto ricostruito dalla Corte di merito, vedono
il Borgese presente in orario notturno, immediatamente dopo il furto (due ore),
all’interno del capannone ove era stata nascosta la refurtiva (una ruspa ed un
connpattatore), lì condotta per mezzo dell’autocarro di provenienza furtiva ed
intento ad operare. Viene poi valorizzata dalla Corte territoriale una telefonata
dalla quale emerge una conversazione intercettata il 24 luglio 2007 sulla utenza
in uso a Giaquinto, durante la quale Borgese si metteva a disposizione per
lavorare con la sua squadra, poiché senza lavoro. La valutazione della Corte in
merito risulta logica e coerente, pervenendo alla conclusione che Borgese
concorresse nella ricezione dell’autocarro utilizzato per il furto proprio perché egli
stesso aveva partecipato a tale ultimo reato, con conseguente consapevolezza di
utilizzare, per la realizzazione della condotta contestata un autocarro di
provenienza illecita. Coerentemente contrastata risulta la versione alternativa
fornita dal Borgese ritenuta inverosimile: la sua presenza in tarda ora, ad
appena due ore dal furto, all’interno di un luogo ove era in atto una operazione
non ostensibile a soggetti estranei alla vicenda illecita, rende del tutto incoerente
con le premesse la versione del ricorrente che ha dichiarato di aver incontrato in
quel centro Giaquinto e di essersi poi recato a casa di Matteo Priore, dove veniva
sorpreso dai Carabinieri. Attraverso il motivo di manifesta illogicità della
motivazione si intende fornire una diversa ricostruzione della base storica
ricostruita con motivazione immune da vizi logici e carenze dalla Corte di merito,
critica non consentita in sede di legittimità.
8.

Quanto alle violazioni di legge, illogicità e contraddittorietà della

motivazione conseguenti alla mancata concessione delle attenuanti generiche si
rileva come giudici di merito abbiano dato conto, attraverso il precipuo
riferimento alla circostanza che la pena base fosse stata calcolata sul minimo
edittale, il riferimento al valore dei beni ricettati, il mendacio reso durante le
indagini, dei motivi che li hanno portati ad escludere la loro concessione,
valutazioni che attingono a profili di merito non censurabili in questa sede.

7

I

9. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Antonio Costarini

Vincenzo Rotundo

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Così deciso il 05/12/2017.

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