Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 595 del 25/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 595 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

PASSARI Rosario, nato a Messina il 28.3.1960

avverso la sentenza del Giudice di pace di Messina del 27/09/2011;

visti gli atti e la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Piero
Gaeta, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di Pace di Messina dichiarava
Rosario Passari colpevole dei reati di ingiuria e di diffamazione in danno di Antonio
Sessa, architetto delle cui prestazioni professionali si era avvalso per conto della
sua ditta, e per l’effetto, concesse le attenuanti generiche e con il vincolo della
continuazione, l’aveva condannato alla pena di C 800,00 di multa.

Data Udienza: 25/10/2013

Avverso l’anzidetta pronuncia l’imputato ha proposto appello innanzi al
Tribunale di Messina, che, con ordinanza del 27 settembre 2012, riqualificava
l’impugnazione proposta come ricorso per cassazione, disponendo la trasmissione
degli atti a questa Corte Suprema.

CONSIDERATO IN DIRITTO

delle espressioni riportate in rubrica e, comunque, l’idoneità del compendio
motivazionale a sostegno dell’affermazione di colpevolezza, tenuto conto, peraltro,
della mancanza di prova in ordine all’elemento psicologico

2. La censura è destituita di fondamento. Non merita, infatti, rilievo critico di
sorta il compendio motivazionale in forza del quale il giudice

a quo ha ritenuto di

poter affermare la colpevolezza dell’imputato in ordine ai reati a lu i ascritti.
Con argomentato apprezzamento di merito, come tale insuscettibile di
sindacato in questa sede di legittimità, il giudicante ha ritenuto che le espressioni
indicate in epigrafe, profferite dall’imputato all’indirizzo della persona offesa,
architetto incaricato di prestazioni professionali, (“….ella é carente sia sotto il profilo
fiscale di provvisionale per non avere emesso una fattura corrispondente l’importo
effettivo per non avere portato a termine il suo incarico
contrario all’etica e alla diligenza professionale

” ” il Suo operato è

), integrassero gli estremi del

reato in contestazione in quanto, oggettivamente, esorbitanti dalla sfera del diritto
di critica, per risolversi in gratuita aggressione alla sfera morale del destinatario, al
di là di ogni spunto critico sulla contestata adeguatezza e pertinenza dell’incarico
professionale conferito.

3. Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato con le conseguenziali
statuizioni espresse in dispositivo

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 25/10/2013

1. Con unico motivo d’impugnazione si contesta la ritenuta valenza diffamatoria

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