Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 593 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 593 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Formisano Alfonso, nato 1’01/08/1980;

Avverso l’ordinanza n. 2131/2014 emessa il 12/05/2014 dal Magistrato di
sorveglianza di Avellino;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Francesco
Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

LÌ4/1

Data Udienza: 25/11/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 12/05/2014 il Magistrato di sorveglianza di
Avellino rigettava l’istanza di remissione del debito presentata da Alfonso
Formisano relativamente alla remissione del debito per le spese di mantenimento
in carcere conseguenti al periodo di detenzione sofferta nell’arco temporale
compreso tra il 28/02/2009 e il 27/02/2009.
Questo provvedimento di rigetto veniva adottato sul presupposto che, nel

l’accoglimento dell’istanza di remissione presentata, atteso che, sulla base degli
atti, risultava che nei confronti del Formisano, in data 08/05/2009, durante la
sua detenzione presso la Casa di reclusione di Napoli Poggioreale, era stata
emessa una sanzione disciplinare.

2.

Avverso tale ordinanza il Formisano ricorreva personalmente per

cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione
all’insussistenza dei presupposti per la remissione del debito invocato, che erano
stati valutati dal Magistrato di sorveglianza di Avellino con un percorso
motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico, tenuto conto dei
parametri normativi affermati dall’art. 56 Ord. Pen., che erano stati palesemente
disattesi dal magistrato di sorveglianza.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Deve, in proposito, rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimità è
esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e
processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere
ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici
da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez.
U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso
del Formisano – pur denunciando formalmente anche il vizio di violazione di

caso di specie, non sussistevano i presupposti di buona condotta necessari per

legge e pur dovendosi evidenziare la congruità delle doglianze difensive relative
all’unicità della condotta ostativa alla concessione del beneficio richiesto – non
individua singoli aspetti dell’ordinanza impugnata da sottoporre a censura
giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una rivalutazione del merito dei
presupposti per l’accoglimento dell’istanza di remissione del debito che era stata
rigettata dal Magistrato di sorveglianza di Avellino sulla base di un percorso
motivazionale immune da censure.
L’ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato gli elementi

della legge penale, soffermandosi in particolare sulla circostanza che al
Formisano, durante la detenzione carceraria patita presso l’istituto penitenziario
di Napoli Poggioreale, in data 08/05/2009, veniva irrogata la sanzione
disciplinare dell’ammonimento, ponendo in tal modo una condotta ostativa alla
concessione della remissione del debito richiesta, conformemente a quanto
previsto dall’art. 6 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che ha sostituito l’art. 56
Ord. Pen., secondo cui: «Se l’interessato è stato detenuto o internato, il debito
per le spese del processo e per quelle di mantenimento è rimesso nei confronti di
chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto in istituto una
regolare condotta, ai sensi dell’articolo 30 ter, comma 8, della legge 26 luglio
1975, n. 354».
Queste conclusioni, del resto, appaiono conformi alla giurisprudenza
consolidata di questa Corte, secondo la quale, sebbene la concessione della
remissione del debito non richiede la partecipazione del condannato all’opera di
rieducazione attivata nei suoi confronti – viceversa rilevante ai fini
dell’applicazione della misura alternativa alla detenzione della liberazione
anticipata – tale beneficio penitenziario presuppone comunque la regolarità della
condotta mantenuta durante la detenzione dell’esecutato, certamente
insussistente nelle ipotesi in cui il detenuto ha commesso infrazioni disciplinari
oggetto di sanzione. Sul punto, si ritiene utile richiamare il principio di diritto
affermato da questa Corte, secondo cui: «L’accoglimento della richiesta di
remissione del debito non implica la revisione critica da parte del condannato
della sua vita anteatta, ma soltanto la costanza nella tenuta di un
comportamento corretto» (cfr. Sez. 1, n. 18686 del 23/04/2009, Branca, Rv.
243781).

2. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Alfredo Formisano deve essere
rigettato, con la sua condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
3

risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 novembre 2015.

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