Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5923 del 21/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5923 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Esposito Oreste, n. a Napoli il 17/04/1966;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli, in data 24/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Baldi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Esposito Oreste propone ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame
di Napoli con cui è stato rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa
dal G.i.p. del Tribunale di Napoli di rigetto della richiesta di revoca del sequestro
preventivo di manufatto per i reati di cui agli artt. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001
e 349 c.p.

2. Con un primo, sostanziale, motivo, lamentando violazione di legge, si lamenta
del fatto che il Tribunale, mantenendo il sequestro per ragioni diverse da quelle
esposte nel provvedimento impugnato, abbia illegittimamente applicato

Data Udienza: 21/01/2014

all’appello cautelare, soggetto al principio devolutivo, principi valevoli
unicamente per le decisioni in sede di riesame.
Con un secondo motivo contesta inoltre che il Tribunale abbia disatteso la
doglianza di intervenuta prescrizione del reato urbanistico facendo riferimento,
però, al reato di violazione dei sigilli nonché la considerazione svolta
nell’ordinanza, funzionale a ritenere comunque non prescritto neppure il reato

appartamenti fosse in fase di finitura.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato posto
che il giudice dell’appello cautelare è libero, in base ai principi generali
riguardanti il giudizio di appello, di pervenire alle medesime conclusioni del primo
giudice sia pure sulla base di un diverso percorso motivazionale (cfr. Sez. 4, n.
36317 del 11/04/2008, Farinelli, Rv. 241893), ferma soltanto dovendo restare
l’impossibilità, in ragione della fisionomia interamente devolutiva dell’appello
cautelare, di una cognizione condotta al di là del limite segnato dai motivi dedotti
dall’impugnante e dal “decisum” del provvedimento gravato (Sez. 1, n. 43913
del 12/07/2012, Xu, Rv. 253786); in definitiva, quindi, contrariamente
all’assunto del ricorrente, le deduzioni in fatto e le argomentazioni in diritto poste
a base della decisione impugnata non possono condizionare la cognizione del
giudice d’appello cautelare (Sez. 3, n. 28253 del 09/06/2010, B., Rv. 248135).

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Premesso che il provvedimento in materia cautelare reale non è sindacabile per
difetto di motivazione, se non laddove la stessa, per la sua mera apparenza,
finisca per coincidere con la violazione del disposto dell’art. 125 c.p.p. , non
appare riscontrabile sul punto denunciato alcuna violazione di legge.
L’ordinanza impugnata, richiamando il principio secondo cui l’uso effettivo
dell’immobile, accompagnato dall’attivazione delle utenze e dalla presenza di
persone al suo interno, non è sufficiente al fine di ritenere “ultimato” l’immobile
abusivamente realizzato, coincidendo l’ultimazione con la conclusione dei lavori
di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3, n. 39733 del
18/10/2011, Ventura, Rv. 251424), ha puntualmente evidenziato, nell’ambito di
un contesto valutativo necessariamente connesso alla fase interlocutoria propria
del giudizio cautelare, che nell’anno 2011 uno degli appartamenti in cui è diviso

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edilizio, e priva di ogni riscontro documentale, circa il fatto che uno dei due

l’immobile non era ancora rifinito, ciò bastando per ritenere manifestamente
infondata la doglianza del ricorrente.

5. L’inammissibilità del ricorso comporta comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2014

Il Presidente

della cassa delle ammende.

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