Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5917 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5917 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

SPADACCINI GIUSEPPE n. 6/08/1957 a CHIETI

PETILLANT S.A., con sede in Rua dos Aranhas 53, Madeira (Portogallo)

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di PESCARA in data 16/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pietro Gaeta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Antonio Valentini del Foro de l’Aquila, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 07/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16/07/2013, depositata il giorno successivo, il tribunale di
PESCARA, rigettava l’appello cautelare presentato dalla società ricorrente e
dall’indagato Spadaccini contro le istanze di revoca del sequestro preventivo
disposto dal GIP del Tribunale di Pescara in data 11 ottobre 2010 riguardanti sia

un immobile sito in Roma, Via del Lavatore, asseritamente riconducibile
all’indagato Spadaccini, sia due conti correnti bancari direttamente intestati al
medesimo indagato, istanze depositate in data 11 luglio 2013 e trasmesse, con
parere contrario del PM, al tribunale di Pescara in data 15 luglio 2013.

2. Per opportuna chiarezza dev’essere premesso che i fatti per cui si procede,
sono già stati oggetti di reiterato esame da parte di questa stessa Sezione (Sez.
3, Sentenza n. 44309 del 2013, RGN 46935/2012, Spadaccini; Sez. 3, Sentenza
n. 23641 del 2013, RGN 27420/2012, Società La Voglia Ltd). Dall’esame degli
atti trasmessi a questa Corte, risulta, in particolare, che il sequestro preventivo
del compendio immobiliare e del denaro esistente sui predetti conti correnti,
oggetto dell’attuale ricorso, era stato disposto dal GIP del predetto Tribunale con
ordinanza emessa in data 11 ottobre 2010 in relazione agli artt. 240 e 322-ter
c.p. e 11 legge n. 146/2006; lo Spadaccini Giuseppe risulta indagato quale
promotore di un’associazione criminosa finalizzata alla realizzazione di una serie
di reati finanziari (reati di cui agli artt. 2 e 5, d. Igs. n. 74/2000) aggravati ai
sensi dell’art. 4 legge n. 146/2006. I fatti oggetto di contestazione che lo
riguardano concernono, in particolare, l’omessa presentazione in Italia delle
dichiarazioni dei redditi ed IVA da parte di alcune società portoghesi, rispetto alle
quali gli è stata attribuita la qualità di amministratore di fatto e socio, sul
presupposto che le stesse avrebbero dovuto considerarsi fiscalmente residenti in
Italia, ove avevano il loro centro decisionale, individuato nella sua persona quale
socio di controllo italiano. Nello stesso tempo, gli è contestato anche l’utilizzo, ai
soli fini delle imposte sui redditi, di fatture per operazioni inesistenti emesse
all’estero dalle medesime società portoghesi, nella sua qualità di consigliere di
amministrazione e/o amministratore di fatto delle società italiane del «Gruppo
SPADACCINI».

3. Tanto premesso, con il ricorso proposto dall’indagato Spadaccini e dalla
società PETILLANT S.A., proprietaria dell’unità immobiliare in sequestro (che,
nella prospettazione accusatoria, pur essendo formalmente intestata alla società
2

v

”PETILLANT S.A.”, sarebbe stata di fatto, tramite un meccanismo di
interposizione fittizia, nella disponibilità di Spadaccini Giuseppe), si impugna
l’ordinanza predetta emessa dal Tribunale di Pescara, deducendo un unico
motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

come erroneamente indicato in ricorso – c.p.p.; in sintesi, si dolgono i ricorrenti
per non aver il tribunale correttamente operato una valutazione della sussistenza

ex ante e sulla persistenza ex post delle condizioni di applicabilità del sequestro,
avendo il collegio rigettato la richiesta di revoca sul presupposto che il valore del
compendio immobiliare non sembrerebbe eccedere in maniera significativa
l’ammontare del profitto illecito, dovendosi tener conto della naturale oscillazione
del valore di mercato degli immobili, con conseguente impossibilità di operare un
rigido confronto aritmetico tra il valore stimato ad una certa data e l’ammontare
dell’illecito profitto, tenendo conto che la stima del valore dell’immobile risale al
novembre 2011 e che, negli ultimi due anni, il mercato immobiliare si sarebbe
notoriamente deprezzato.
Detta motivazione, secondo le censure prospettate dai ricorrenti, violerebbe i
principi più volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente

ex lege

n.

244/2007, nel senso che il sequestro dev’essere commisurato e proporzionato
alla misura della confisca; dovendosi, dunque, evitare un’ingiustificata
compressione dei beni, il giudice deve sempre verificare con particolare rigore la
sussistenza dell’equivalenza tra valore dei beni e profitto del reato e motivare
adeguatamente la decisione in proposito. Nel caso in esame, la richiesta di
revoca rigettata dal tribunale, traeva spunto dal profilo fattuale secondo cui il
valore dei beni sequestrati sarebbe notevolmente superiore all’asserito danno, in
base ad un calcolo-stima effettuato dal PM, espresso nel parere contrario in atti
allegato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato.

5.

Deve, preliminarmente, ricordarsi che in sede di ricorso per cassazione

proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen.
ammette il sindacato di legittimità solo per motivi attinenti alla violazione di
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3.1. Deducono, in particolare, la violazione dell’art. 606, lett. b) – e non lett. e),

legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la
mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma
non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e)
dell’art. 606 stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep.

28/05/2003 – dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).

6. Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, ritiene il Collegio che
la valutazione di fondatezza dei proposti motivi di ricorso renda necessari alcuni
approfondimenti sul punto, atteso che è ravvisabile, nel caso in esame, l’ipotesi
di violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen. nei limiti di cui si dirà
appresso.
Già nell’atto di appello la difesa aveva rilevato come il valore dei beni sottoposti
a sequestro fosse di gran lunga superiore alla stima del profitto del reato oggetto
del procedimento principale. Il Tribunale ha ritenuto ammissibile tale profilo di
appello poiché sul punto era intervenuta, successivamente rispetto al sequestro,
una consulenza disposta dal pubblico ministero sul valore dei beni sequestrati
alla società (la Petillant) nell’ambito del medesimo procedimento ma, poi, ha
ritenuto infondata la doglianza. La consulenza appena menzionata, volta alla
liquidazione del compenso spettante al custode giudiziario, attribuisce ai beni
immobili in questione un valore effettivamente superiore all’ammontare del
profitto derivante dal reato così come stimato in sede di applicazione del
sequestro, sulla base delle valutazioni effettuate dalla G.d.F. Difatti
nell’ordinanza applicativa del sequestro tale profitto è stato quantificato pari a
11.595.474,08 euro, con conseguente sottoposizione a sequestro di beni
corrispondenti a questo valore, mentre il custode giudiziario nella richiesta di
liquidazione del proprio onorario ha proposto una valutazione dei medesimi beni,
avvallata dal pubblico ministero, pari ad C 83.457.967,88.
Come sinteticamente anticipato nell’illustrazione dei motivi di doglianza, il
ricorrente ha censurato la motivazione del giudice del riesame che ha rigettato la
richiesta di revoca sul presupposto che il valore del compendio immobiliare non
sembrerebbe eccedere in maniera significativa l’ammontare del profitto illecito,
dovendosi tener conto della naturale oscillazione del valore di mercato degli
immobili, con conseguente impossibilità di operare un rigido confronto aritmetico
tra il valore stimato ad una certa data e l’ammontare dell’illecito profitto,
tenendo conto che la stima del valore dell’immobile risale al novembre 2011 e
4

13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del

che, negli ultimi due anni, il mercato immobiliare si sarebbe notoriamente
deprezzato.

7. Tale affermazione non può essere condivisa per un duplice ordine di ragioni.
Anzitutto, come già precisato nel separato procedimento definito da
questa stessa Sezione (Sez. 3, Sentenza n. 23641 del 2013, RGN 27420/2012,

diversa quantificazione degli stessi beni sottoposti a sequestro possa incidere
sull’attendibilità della valutazione posta a fondamento del provvedimento
cautelare per il solo fatto che la stessa è frutto di una consulenza disposta al solo
fine di liquidare il compenso spettante al custode giudiziario. Al contrario, si deve
riconoscere a siffatta stima una particolare rilevanza proprio perché posta a
fondamento di una richiesta di erogazione di denaro pubblico, avvallata, peraltro,
dallo stesso pubblico ministero.
In secondo luogo, seppure possa condividersi in astratto la premessa del
ragionamento dei giudici del riesame circa l’impossibilità di operare un rigido
confronto aritmetico tra il valore stimato ad una certa data e l’ammontare
dell’illecito profitto, merita tuttavia censura l’affermazione secondo cui non
sarebbe accoglibile la richiesta difensiva, in quanto il valore complessivo dei beni
in sequestro, eccedente in base alle stime disponibili di solo circa il 7%
l’ammontare dell’illecito profitto, sarebbe congruo rispetto al profitto medesimo
in relazione all’attuale andamento del mercato immobiliare, tenuto conto che la
stima del valore dell’immobile risale al novembre 2011 e che, negli ultimi due
anni, il mercato immobiliare si sarebbe notoriamente deprezzato.
Osta all’accoglimento di tale erronea affermazione giuridica, la
considerazione per la quale se è vero che il sequestro preventivo finalizzato alla
confisca per equivalente non può che avere ad oggetto il valore del profitto del
reato (nel caso di specie, tributario), così come determinato in sede di
accertamento giudiziale, è altrettanto vero che lo stesso non può essere
mantenuto nel suo originario ammontare evocando, al fine di ritenerlo congruo,
l’incidenza del deprezzamento che il bene oggetto di esso possa nel frattempo
aver subito, producendo ciò l’effetto di attribuire alla confisca un carattere
risarcitorio e al sequestro stesso una funzione conservativa, incompatibili con il
dettato normativo (v., ad esempio, quanto affermato da Sez. 6, n. 30543 del
18/06/2007 – dep. 26/07/2007, Chetta, Rv. 237101).

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Società La Voglia Ltd., pag. 6 ss.)iinjxanituM), non si può escludere che una

8. L’ordinanza impugnata dev’essere, pertanto, annullata con rinvio al tribunale
del riesame di Pescara che, nel rideterminare l’entità della somma sequestrabile
per equivalente, si atterrà a quanto affermato da questa Corte.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2014

Il Presidente

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Pescara.

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