Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5902 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5902 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
PALERMO
nei confronti di:
MODESTO GIUSEPPE N. IL 06/04/1939
avverso la sentenza n. 8/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
08/10/2012
sentita la,relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
l te/septite le conclusio i del PG Dott. r

Data Udienza: 17/12/2013

Uditi difensor Avv.;

A

Ritenuto in fatto

Il Procuratore Generale della Repubblica di Palermo ha proposto ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza della Corte di Appello della stessa città con la quale è stata accolta la
istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da Modesto Giuseppe nell’ambito di
un procedimento in cui erano stati contestati allo stesso i delitti di associazione di tipo

in secondo grado per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p.) con la formula per non aver
commesso il fatto.

La Corte territoriale ha ritenuto che l’istante non avesse concorso a dare causa
all’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale per colpa grave, sul
rilievo che le convergenti dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia- che avevano
messo in luce il rapporto del Modesto con l’organizzazione mafiosa- avevano perso nel
giudizio di appello valore probatorio determinante in assenza di riscontri sulle condotte
dell’istante di adesione al vincolo associativo e di comportamenti qualificabili come
contributi volontari alla realizzazione del sodalizio mafioso. E’ stato sottolineato, in
particolare, che l’istante aveva svolto nel sistema di gestione degli appalti solo un ruolo
imprenditoriale nel periodo antecedente a quello in cui l’organizzazione mafiosa aveva
iniziato ad ingerirsi attivamente in tale sistema.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata sostenendo che
l’ordinanza impugnata aveva tralasciato di considerare che il Modesto nel periodo
antecedente la gestione degli appalti da parte di cosa nostra, attraverso l’attiva
partecipazione di tale Siino, era stato comunque artefice di attività illecite nello stesso
settore, concordando con le altre imprese la turnazione degli appalti e che tale attività
non poteva definirsi come posta in essere nell’esercizio di un normale ruolo
imprenditoriale.E’ stato altresì sottolineato lo stato di soggetto pregiudicato dell’istante
che, all’epoca della carcerazione ingiustamente sofferta, era stato già condannato con
sentenza confermata in appello per il reato di estorsione continuata ed aggravata nei
confronti di un imprenditore, dal quale aveva ricevuto la somma di sette milioni di lire per
assicurargli protezione in seguito a ripetuti danneggiamenti dallo stesso subiti ( il
predetto delitto risultava commesso sino all’1.8.1988, quindi all’interno dell’arco
temporale preso in considerazione dalla sentenza assolutoria).

E’ stata depositata una memoria difensiva nell’interesse di Modesto Giuseppe con la quale
è stato chiesto, in conformità alle conclusioni del Procuratore Generale presso questa
Corte, il rigetto del ricorso. E’ stata, altresì, depositata memoria difensiva nell’interesse
2

mafioso ed illecita concorrenza con minaccia o violenza, dai quali era stato assolto ( solo

del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la quale, in adesione al ricorso proposto,
è stato chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

da totale autonomia ed impegna piani di indagine diversi

3 che possono portare a

conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta
riparatoria) sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto
ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti.
In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non nella
loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a
determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato,
l’adozione della misura, traendo in inganno il giudice.

In questa prospettiva è necessario che gli elementi di prova acquisiti nelle indagini e da
utilizzare nel procedimento riparatorio, non siano smentiti (non semplicemente non
confermati) inequivocabilmente da acquisizioni del processo dibattimentale. In tal caso,
infatti, la verità acclarata nel pieno contraddittorio tra le parti deve avere la prevalenza
sulle acquisizioni probatorie captate nella fase inquisitoria ( v. Sez.IV, 23 aprile 2009, n.
38181, Ferrigno).

La Corte territoriale ha applicato correttamente tali principi evidenziando che gli iniziali
gravi indizi di colpevolezza a carico dell’istante, costituiti essenzialmente da convergenti
dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia- che avevano messo in luce il rapporto del
Modesto con l’organizzazione mafiosa, avevano perso nel giudizio di appello valore
probatorio determinante, in assenza di prova sulle condotte dello stesso di adesione al
vincolo associativo e di comportamenti qualificabili come contributi volontari alla
realizzazione dei fini del sodalizio mafioso. In tal senso è stato sottolineato che gli
accertamenti svolti avevano dimostrato solo che il Modesto aveva svolto un ruolo
imprenditoriale nel sistema di gestione degli appalti nel periodo precedente a quello in cui
l’organizzazione mafiosa aveva iniziato ad ingerirsi attivamente e direttamente in tale
sistema.

L’argomentazione svolta è, pertanto, in linea con il consolidato orientamento di questa
Corte secondo il quale nel giudizio di riparazione per la detenzione subita, al fine di
verificare l’eventuale sussistenza della colpa grave, vengono in considerazione i fatti

3

Come è noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, è connotato

accertati nel giudizio penale ( v. tra le altre, Sez. IV, 10 giugno 2010, La Rosa, rv.
248077).
La motivazione sul punto fornita resiste alla lettura di segno diverso operata nel ricorso,
diretta a valorizzare l’omessa valutazione da parte della Corte territoriale del
comportamento illecito posto in essere dal Modesto in epoca antecedente ai fatti del
procedimento per cui è stata subita l’ingiusta detenzione, senza però indicare in concreto
comportamenti riconducibili al Modesto, idonei a determinare l’emissione della misura

In conclusione, il ricorso non merita accoglimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 dicembre 2013

1 Presidente

cautelare a suo carico.

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