Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5900 del 17/12/2013
Penale Sent. Sez. 4 Num. 5900 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FRISINA FRANCESCO N. IL 02/08/1956
avverso la sentenza n. 28/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/12/2011
sentita la iylazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
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lette/seRtite le conclusioni del PG Dott. \A – –}-0
onAv)
Data Udienza: 17/12/2013
Uditi difensor Avv.;
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Ritenuto in fatto
FRISINA Francesco, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Milano con la quale è stata rigettata la sua
istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita per il delitto di detenzione illecita di
sostanze stupefacenti, dal quale era stato assolto con la formula per non aver commesso
rese dal collaboratore di giustizia.
La Corte territoriale ha ravvisato la circostanza escludente del diritto alla riparazione di
cui all’art. 314, 1° comma, c.p.p., e cioè di avere concorso a dare causa all’emissione del
provvedimento restrittivo della libertà personale per colpa grave, individuata attraverso la
valorizzazione degli elementi emergenti dall’ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio
Calabria che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di Como, in sede di
merito, aveva ritenuto la sussistenza di specifici riscontri esterni alle dichiarazioni rese dal
collaboratore di giustizia circa l’inserimento del Frisina in ambienti dediti al traffico di
sostanze stupefacenti.
Il giudice della riparazione ha, altresì, individuato nel silenzio Frisina la colpa grave nel
mantenimento della custodia cautelare.
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata sostenendo che
l’ordinanza impugnata aveva individuato la colpa grave dell’istante attraverso la non
corretta valorizzazione degli elementi emergenti dall’ordinanza del Tribunale del riesame
che aveva confermato la misura cautelare, stigmatizzando inammissibilmente l’operato
del giudice dell’assoluzione che aveva ritenuto le dichiarazioni rese dal collaboratore di
giustizia prive di riscontri individualizzanti.
Si sostiene, altresì, la genericità del riferimento al silente comportamento processuale del
Frisina e ai contatti tenuti con la grave criminalità dei soggetti complici.
E’ stata depositata una memoria di costituzione nell’interesse del Ministero con la quale è
stato richiesto il rigetto del ricorso, argomentando tale conclusione sulla configurabilità
della colpa grave dell’istante.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
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il fatto, in mancanza di qualsiasi riscontro individualizzante alle dichiarazioni accusatorie
La Corte territoriale non ha applicato il principio correttamente dalla stessa affermato in
premessa secondo il quale nel giudizio di riparazione per la detenzione subita, al fine di
verificare l’eventuale sussistenza della colpa grave, vengono in considerazione i fatti
accertati nel giudizio penale
Nella ordinanza impugnata si individua la colpa grave del ricorrente nel contenuto di una
chiamata in reità, disattesa in sede di merito per carenza di riscontri individualizzanti.
Tali riscontri esterni vengono invece desunti dall’ordinanza del Tribunale del riesame di
L’argomentazione adottata dal giudice della riparazione contrasta con i principi affermati
in più occasioni da questa Corte.
Come è noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, è connotato
da totale autonomia ed impegna piani di indagine diversi e che possono portare a
conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta
riparatoria) sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto
ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti.
In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non nella
loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a
determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato,
l’adozione della misura, traendo in inganno il giudice.
In questa prospettiva è necessario che gli elementi di prova acquisiti nelle indagini e da
utilizzare nel procedimento riparatorio, non siano smentiti (non semplicemente non
confermati) inequivocabilmente da acquisizioni del processo dibattimentale. In tal caso,
infatti, la verità acclarata nel pieno contraddittorio tra le parti deve avere la prevalenza
sulle acquisizioni probatorie captate nella fase inquisitoria ( v. Sez. IV, 23 aprile 2009, n.
38181, Ferrigno).
Nel caso di specie, la Corte territoriale, pur in presenza di una chiamata in reità priva di
Reggio Calabria, che aveva ritenuto l’attendibilità complessiva della chiamata in correità.
riscontri esterni, come accertato dalla sentenza di assoluzione, ha omesso di indicare
specificamente gli elementi di colpa a carico dell’istante, limitandosi a fare riferimento al
contenuto dell’ordinanza del Tribunale del riesame, da ritenersi superata dal giudizio di
assoluzione, e ad un generico comportamento silente del Frisina e di contatti dallo stesso
tenuti con soggetti complici, ritenendo configurabile nelle condotte del Frisina, così
genericamente indicate, una colpa grave, sinergica all’adozione della misura cautelare.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di
Appello di Milano che si atterrà ai principi di diritto sopra indicati, regolando in quella sede
anche le spese del presente giudizio tra le parti.
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i
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Milano cui rimette anche
il regolamento delle spese di lite tra le parti del presente giudizio.
Il Consigliere estensore
Jb Presidente
Così deciso nella camera di consiglio del 17 dicembre 2013