Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5899 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5899 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

Data Udienza: 17/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DONNINI BEATRICE N. IL 26/10/1967
avverso l’ordinanza n. 100/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/12/2011
sentita la azione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
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Ritenuto in fatto

La Corte di appello di Milano con l’ordinanza indicata in epigrafe ha rigettato l’istanza di
riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Donnini Beatrice, arrestata nell’ambito di
un procedimento in cui le è stato contestato il delitto di cui agli artt. 73 ed 80, comma 2,
dpr 309/90, dal quale era stata assolta ex art. 530, comma 2, c.p.p con la formula per

Il giudice della riparazione ha individuato ex art. 314, comma 1, c.p.p. la colpa grave
ostativa al riconoscimento dell’indennizzo, in quanto postasi in rapporto di causa-effetto
con l’adozione del provvedimento cautelare, nella connivenza passiva tenuta dalla
Donnini accertata in sede penale, che, pur non sufficiente per la pronuncia di condanna,
ben integrava un comportamento gravemente colposo che aveva determinato l’adozione
della misura cautelare.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’interessata, a mezzo del
difensore deducendo la violazione di legge e la carenza della motivazione.
Si sostiene che il giudice della riparazione aveva inammissibilmente rivisitato il materiale
probatorio, omettendo di indicare gli elementi di gravità della colpa. La Corte territoriale
non aveva applicato correttamente il principio secondo il quale per la valenza della
connivenza ai fini del riconoscimento della colpa grave è necessaria la prova positiva che
il connivente fosse a conoscenza dell’attività criminosa dell’agente medesimo.

Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso; l’Avvocatura dello Stato per la declaratoria di
inammissibilità.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.

La Corte di merito ha ravvisato la colpa grave della Donnini, ostativa al riconoscimento
dell’equo indennizzo, in un atteggiamento di connivenza della ricorrente rispetto alle
attività criminose dei coimputati, affermando che da tale atteggiamento dovesse
desumersi la conoscenza da parte della donna di tale attività.

Tale affermazione non è condivisibile.

2

non aver commesso il fatto.

Come già evidenziato da questa Corte ( v. da ultimo Sez. IV 17 novembre 2011,
Cantarella, rv. 252725 e la giurisprudenza in essa richiamata) alla connivenza è stata
riconosciuta valenza quale condotta ostativa al riconoscimento della riparazione in tre
casi:
a) nell’ipotesi in cui l’atteggiamento di connivenza sia indice del venir meno di elementari
doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o alle
cose;

riguardo alla consumazione di un reato, ma nel tollerare che tale reato sia consumato,
sempreché l’agente sia in grado di impedire la consumazione o la prosecuzione
dell’attività criminosa in ragione della sua posizione di garanzia;
c) nell’ipotesi in cui la connivenza passiva risulti aver oggettivamente rafforzato la volontà
criminosa dell’agente, sebbene il connivente non intenda perseguire questo effetto; in tal
caso è necessaria la prova positiva che il connivente fosse a conoscenza dell’attività
criminosa dell’agente medesimo.

In sostanza, un atteggiamento di connivenza può, in astratto, integrare la colpa grave
purché, nella situazione in concreto accertata, ci si trovi in presenza di determinati
presupposti, sopra indicati. Infatti, se è vero che la mera presenza passiva non è idonea
ai sensi dell’art. 110 c.p. ad integrare il concorso nel reato, a meno che non valga a
rafforzare il proposito dell’agente di commetterlo, analogamente deve dirsi per il giudizio
di riparazione, laddove la condotta connivente idonea ad inibire la riparazione, per essere
qualificata gravemente colposa, deve essere ancorata alla preventiva conoscenza delle
attività criminose che si stanno per compiere in presenza del connivente.

Nel caso oggetto di giudizio, invece, non si evince in alcun modo, dalla motivazione del
provvedimento gravato, che la Donnini fosse a conoscenza dell’attività illecita del
convivente, ne’ che tale circostanza sia stata da lei ignorata per colpa.

Se è vero che la valutazione del giudice di merito sull’esistenza delle caratteristiche che
deve assumere la connivenza, per la rilevanza ai fini della riparazione, si sottrae al vaglio
di legittimità ove sia stato dato congruo conto, in modo non illogico, delle ragioni poste a
fondamento della descritta efficacia della condotta passiva, è anche vero che nel caso
specifico ciò non è avvenuto essendosi i giudici di merito limitati ad affermare la mera
corrispondenza tra connivenza e colpa grave.

Consegue alle considerazioni svolte l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

3

b) nel caso in cui si concreti non già in un mero comportamento passivo dell’agente

Il regolamento delle spese viene rimesso alla determinazione del giudice del merito che
terrà conto della soccombenza.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Milano, cui rimette anche
il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

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