Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 589 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 589 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CECECOTTO CESARE N. IL 27/02/1955
avverso l’ordinanza n. 394/2014 CORTE APPELLO di ANCONA, del
08/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette,Zserft4ia le conclusioni del PG Dott. pots Q p ‘ Lq (=letti\ bri

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Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 8.01.2015 la Corte di appello di Ancona, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha revocato, in accoglimento della richiesta del pubblico
ministe o, il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a
Cececou o Cesare con riguardo alle pene irrogate con la sentenza in data
13.09.2002 del GIP del Tribunale di Macerata e con le sentenze in data
9.12.2002 e 14.02.2008 della Corte di appello di Ancona, per effetto delle cause
di revo a rappresentate, per le prime due sentenze, ex art. 168 comma 1 n. 2

commesso inflitta con sentenza in data 23.11.2006 della Corte di appello di
Ancona nonché, per la terza sentenza, ex art. 168 comma 3 cod. pen., per
effetto ella ricorrenza della causa ostativa di cui all’ultimo comma dell’art. 164
del codi e penale.
2. Ricorre per cassazione Cececotto Cesare, a mezzo del difensore, deducendo
due motivi di gravame, coi quali lamenta:
– violazione di legge (e del giudicato) in relazione agli artt. 163, 164 e 168 cod.
pen., 674 del codice di rito, con riguardo all’insussistenza dei presupposti per la
revoca, da parte del giudice dell’esecuzione, della sospensione condizionale della
pena c ncessa oltre i limiti di legge dalla sentenza 14.02.2008 della Corte di
appello di Ancona, in quanto l’esistenza delle precedenti condanne a pena
condizi nalmente sospesa ostative della reiterazione del beneficio era desumibile
dalle ri ultanze del casellario giudiziale e non era stata rilevata in sede di
cognizi ne, con conseguente formazione del giudicato sul punto;
– violaz one di legge in relazione agli artt. 163, 164 e 168 cod. pen., 674 del
codice

i rito, 52 comma 2 legge n. 274 del 2000, con riguardo all’erronea

irrogaziOne al Cececotto della pena detentiva di mesi 3 giorni 15 di reclusione da
parte dèlla sentenza 9.12.2002 della Corte di appello di Ancona per i reati di cui
agli artt. 594 e 582 cod. pen., nonostante nella fattispecie dovessero trovare
applicazione, a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche, le nuove
sanzion previste per i reati di competenza del giudice di pace, nella quale
rientrav no le ipotesi non aggravate dei reati in oggetto; con conseguente
necessi à di tenere conto del diverso trattamento sanzionatorio, che avrebbe
dovuto ssere applicato, nella valutazione demandata al giudice dell’esecuzione
sull’esistenza dei presupposti per la revoca della sospensione condizionale.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha rassegnato conclusioni scritte,
chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata in accoglimento
del primo motivo di ricorso, con rigetto nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato.
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cod. T., dalla sopravvenienza della condanna per delitto anteriormente

2. E’ anzitutto infondato il secondo motivo di doglianza, dal quale è opportuno
iniziare l’esame, alla stregua della stessa rappresentazione delle sue ragioni
offerta dal ricorrente.
Il ricorrente deduce l’erroneità dell’applicazione della pena della reclusione per i
reati di cui agli artt. 582 e 594 cod. pen. giudicati con la sentenza pronunciata
dalla Corte di appello di Ancona (concessiva del beneficio della sospensione
condizionale dell’esecuzione della pena oggetto di revoca ex art. 168, primo
comma n. 2, cod. pen.) il 9.12.2002, dopo l’entrata in vigore – in data 2.01.2002

alla competenza del giudice di pace e fossero soggetti perciò alle nuove sanzioni
(di natura solo pecuniaria o paradetentiva) per essi previste dal titolo II del
citato D.L.vo n. 274 del 2000, alla stregua della norma transitoria di cui all’art.
64 comma 2 e del richiamo ivi operato al disposto dell’art. 63 comma 1.
Il ricorrente fonda – dichiaratamente – il proprio assunto sul presupposto
argomentativo che il riconoscimento all’imputato, da parte del giudice della
cognizione, delle attenuanti generiche, col risultato di elidere le circostanze
aggravanti, avrebbe prodotto l’effetto di rendere applicabile alla fattispecie (e in
particolare, deve intendersi, al reato di lesione personale) la pena prevista per
l’ipotesi base (“semplice”) del reato di cui all’art. 582 cod. pen., nella quale
(soltanto) devono trovare applicazione le pene (diverse dalla reclusione) stabilite
per i reati di competenza del giudice di pace.
L’assunto è tuttavia erroneo, in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza di
questa Corte, il trattamento sanzionatorio più lieve previsto dall’art. 52 comma 2
D.Lgs. n. 274 del 2000 non si applica al delitto di lesione volontaria aggravato,
neanche se le circostanze aggravanti siano state neutralizzate per effetto della
concessione di attenuanti, in quanto esso non è attribuito alla competenza
del giudice di pace, che costituisce il presupposto del più mite regime punitivo
(Sez. 5 n. 22830 del 15/04/2004, Rv. 228825; Sez. 5 n. 46133 del 26/11/2008,
Rv. 242000); correttamente, dunque, la Corte di appello di Ancona aveva
confermato la condanna del Cececotto alla pena della reclusione a lui inflitta.
In ogni caso, la questione relativa alla corretta natura della pena in concreto
applicata è coperta dal giudicato formatosi sul punto, che non può essere
rimesso in discussione in sede esecutiva.
3. Il primo motivo di doglianza è invece inammissibile, nei termini che seguono.
Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 37345 del 23/04/2015, Rv.
264381) hanno affermato il principio per cui il dovere del giudice dell’esecuzione
di revocare la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena che sia stata
concessa, in violazione dell’art. 164 quarto comma cod. pen., in presenza di
cause ostative, incontra un limite nel caso in cui tali cause risultassero già
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– del D.L.vo n. 274 del 2000, sul presupposto che i reati stessi appartenessero

documentalmente al giudice della cognizione, con la precisazione che a tal fine il
giudice dell’esecuzione è legittimato (e tenuto) ad acquisire, per la doverosa
verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio deciso con la sentenza che ha
concesso il beneficio.
Al giudice dell’esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di
revocare, ai sensi degli artt. 674 comma 1-bis cod.proc.pen. e 168 quarto
comma cod. pen., la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena elargita
a chi non ne aveva diritto, compete pertanto di accertare in via preliminare se i

processuale (e non già aliunde)

al giudice della cognizione nel momento della

concessione del beneficio, così da ritenersi (quantomeno implicitamente)
valutati, nel qual caso l’errore di diritto in cui fosse incorso il giudice della
cognizione sarebbe stato emendabile solo con gli ordinari rimedi impugnatori, al
cui mancato esperimento non è consentito ovviare in sede esecutiva.
Sul punto, il ricorrente si limita a dedurre, al fine di censurare la sussistenza del
potere del giudice dell’esecuzione di revocare la sospensione condizionale
concessa con la sentenza 14.02.2008 della Corte di appello di Ancona, il dato – di
per sé privo di rilevanza decisiva – costituito dalla possibilità del giudice della
cognizione di prendere conoscenza dell’esistenza delle precedenti condanne
ostative attraverso la disamina delle iscrizioni relative al Cececotto risultanti dal
certificato del casellario giudiziale, dando per scontato ciò che invece doveva
costituire oggetto di specifica allegazione, e cioè che tali iscrizioni risultassero in
via documentale da un certificato effettivamente presente negli atti del fascicolo
esaminato dalla Corte territoriale al momento della decisione, così da essere
ricomprese nel perimetro dell’oggetto dello scrutinio del giudice della cognizione
di cui è stata indebitamente omessa la valutazione, non bastando al riguardo la
mera conoscibilità in astratto dei precedenti ostativi non presenti in atti (ma
eventualmente acquisibili tramite la consultazione da parte del giudice
dell’anagrafe del casellario giudiziale), la cui ignoranza costituisce il presupposto
tipico dell’esercizio del potere di revoca in sede esecutiva attribuito dall’art. 674
comma 1-bis del codice di rito.
L’assenza dì una specifica allegazione, nei termini appena esposti, degli elementi
costitutivi della preclusione di cui è stata invocata la maturazione in sede di
cognizione, rende generico – e sotto tale assorbente profilo inammissibile – il
motivo di gravame, che non soddisfa il requisito dell’autosufficienza propria del
ricorso al giudice di legittimità, al quale è inibito, a differenza del giudice di
merito, di procedere motu proprio all’acquisizione del fascicolo delle precedenti
fasi giudiziali (che non è stato trasmesso a questa Corte) al fine di esaminarne
direttamente i contenuti (Sez. 1 n. 16706 del 18/03/2008, Rv. 240123; Sez. 5 n.

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precedenti penali ostativi fossero noti – in base agli atti presenti nel fascicolo

11910 del 22/01/2010, Rv. 246552; Sez. 2 n. 26725 dell’1/03/2013, Rv.
256723).
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso l’11/11/2015

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