Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5872 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 5872 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

Data Udienza: 11/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLLARI MARCELLO N. IL 19/11/1956
avverso la sentenza n. 5681/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
25/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. N\ k…,e(à_ f-tdW eA.A. •
che ha concluso per
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Udito, ser la parte civile, l’Avv L’OtA-JaAk hiP eitLee
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Ud i difensor Avv. 9)1-L4.1/4,222k kek.ci2o hoA,1,• 0,;

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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7.3.2012 il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Roma dichiarava Pollari Marcello colpevole del reato
previsti dagli artt. 56,575 e 577 n.3 cod.pen. di tentato omicidio della ex
convivente Tekalegn Ghebru Elsa, che colpiva ripetutamente con un
coltello al capo, al collo, al torace e alla mano sinistra , senza riuscire
nell’intento per causa indipendenti dalla sua volontà. Con l’aggravante

perché, senza giustificato motivo, portava fuori dalla propria abitazione il
coltello utilizzato per la commissione del precedente reato. In Roma il
24.8.2011.Per l’effetto, concesse attenuanti generiche equivalenti alla
contestata aggravante, ed operata la riduzione per il rito, lo condannava
alla pena complessiva di anni 6 e mesi 1 di reclusione.
Con sentenza del 25.1.2013 la Corte di appello di Roma confermava
la decisione del Giudice dell’udienza preliminare.
Avverso la sentenza il difensore ricorre deducendo:1) violazione degli
artt.178 lett.c) e 179 cod.proc.pen. poiché
dell’udienza del

l’avviso di fissazione

giudizio di appello, emesso il 29.11.2012, è stato

notificato il 6.12.2012 al precedente difensore di fiducia avv.Bocci Arturo,
mentre con dichiarazione del 13.8.2012, trascritta nell’apposito registro
della Casa circondariale e trasmessa alla Corte di appello in data 28
agosto 2012, l’imputato aveva nominato difensore di fiducia l’avv.Gemelli
Paolo, con contestuale revoca della nomina dell’avv. Bocci; 2) erronea
interpretazione dell’art.56 comma 3 cod.pen.: perché sussista la
desistenza è sufficiente il requisito della volontarietà della interruzione
della condotta, non essendo necessaria la spontaneità; 3) violazione
dell’art.577 n.3) cod.pen. nella parte in cui i giudici di merito hanno
ritenuto sussistente la premeditazione, in ragione della incompatibilità di
essa con il ritenuto dolo alternativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.L’eccezione di nullità del giudizio di appello, per omesso avviso al
difensore di fiducia nominato in seconda battuta, è infondata. E’ pacifico,
risultando dal verbale del processo di appello, che l’imputato, presente
all’udienza, non ha in alcun modo declinato la difesa svolta in suo favore

i

della premeditazione; del reato previsto dall’art.4 legge n.110 del 1975

dall’avv.Bocci, precedentemente nominato e poi revocato, ma ne ha
accettato gli uffici difensivi con un comportamento processuale
univocamente concludente. Ne consegue che la nullità derivante dal
mancato avviso al difensore di fiducia successivamente nominato non è
quella assoluta ed insanabile prevista dall’art.179 comma 1
cod.proc.pen., riservata all’ipotesi in cui l’imputato sia rimasto privo di un
qualunque difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza, bensì

cod.proc.pen. per la violazione delle disposizioni attinenti all’ assistenza
dell’imputato.
La riconducibilità del vizio dell’atto alla categoria delle nullità generali
a regime intermedio, disciplinate dall’art.180 cod.proc.pen., comporta
l’applicabilità delle norme in tema di deducibilità e sanatoria previste
dagli artt.182 e ss. cod.proc.pen.. Nel caso in esame, si è verificata la
preclusione prevista dall’art.182 comma 2 cod.proc.pen. poiché
l’imputato, pur presente al compimento dell’attività del difensore di
fiducia revocato, nulla ha eccepito; inoltre si è verificata l’ipotesi di
sanatoria per acquiescenza prevista dall’art.183 lett.a) cod.proc.pen.,
poiché l’imputato si è scientemente ed intenzionalmente avvalso
dell’attività del primo difensore di fiducia, pur avendone revocato la
nomina.
2.La Corte di appello ha escluso l’ipotesi della desistenza volontaria
perché incompatibile con la compiutezza del tentativo, consistito nello
sferrare circa venti fendenti nella parte alta del corpo, sede di organi
vitali, cagionando alla vittima numerose ferite anche non superficiali, e
perché l’imputato non proseguì l’accoltellamento in ragione delle ripetute
urla della donna, sentite nella vicina chiesa dalle quale uscirono le
persone che intervennero in suo soccorso.
La motivazione è giuridicamente corretta, avendo questa Corte
affermato che non è configurabile la desistenza quando gli atti posti in
essere integrano già gli estremi del tentativo di omicidio. (conformi Sez.
1, n. 43036 del 23/10/2012, Ortu, Rv. 253616; Sez. 1, n. 39293 del
23/09/2008, Di Salvo, Rv. 241340).
3.Questa Corte ha affermato l’inconciliabilità della circostanza
aggravante della premeditazione con la qualificazione dell’elemento

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2

quella generale a regime intermedio prevista dall’art.178 lett.c)

psicologico del reato nella forma del dolo indiretto o eventuale (Sez. 1, n.
5073 del 24/03/1986, Fioravanti , Rv. 173004); diversamente la
premeditazione risulta compatibile con l’elemento psicologico del dolo
diretto, sia quando si manifesti nella forma del dolo intenzionale che del
dolo alternativo ( sulla appartenenza del dolo alternativo alla categoria
del dolo diretto si veda Sez. 1, n. 27620 del 24/05/2007, Mastrovito, Rv.
237022; Sez. 5, n. 6168 del 17/01/2005, Meloro, Rv. 231174).

condannato al pagamento delle spese processuali; deve inoltre essere
condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile liquidate
in euro 1.000 oltre accessori di legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile
che liquida in mille euro oltre accessori di legge.
Così deciso il 11.12.2013.

A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente deve essere

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