Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5866 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 5866 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ti kI (
DI VERONA
nei confronti di:
CAPPELLO SALVATORE N. IL 22/01/1959
avverso la sentenza n. 220/2011 GUP PRESSO TRIB.MILITARE di
VERONA, del 24/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. C. • if • -r7)259A-t;s4;
,
che ha concluso per Q j, e. no 0,4 (
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 1C42)T2.1.Q_ g 1?.eYet , (-CukQ

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Data Udienza: 27/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 24.4.2012 il GUP presso il Tribunale Militare di
Verona, decidendo in sede di rito abbreviato, assolveva Cappello Salvatore dalla
imputazione di truffa militare continuata e pluriaggravata allo stesso contestata,
perchè il fatto non costituisce reato.
Limitandosi la esposizione dei fatti agli aspetti di carattere processuale – in

– la richiesta di definizione del processo con rito abbreviato è stata formulata
dall’imputato (presente in udienza preliminare) pochi minuti dopo l’avvenuto
inizio della discussione (ai sensi dell’art. 421 comma 2 cod. proc. pen.) da parte
del Pubblico Ministero, con richiesta della difesa di interruzione della discussione
già iniziata, sia pure da poco ;
– l’udienza preliminare aveva avuto inizio in data 29.9.2011 ed il Giudice aveva
disposto una integrazione probatoria ai sensi dell’art. 422 cod. proc. pen.,
svoltasi concretamente nel corso dell’udienza del 24.4.2012, dopo alcuni rinvii;
– dopo l’assunzione delle prove il Giudice aveva dato la parola al Pubblico
Ministero che aveva iniziato a descrivere le finalità dell’udienza preliminare. Da
qui l’interruzione della difesa che riteneva (erroneamente) già formulata l’istanza
di definizione con rito abbreviato. Preso atto dell’assenza di tale istanza, si
provvedeva a formalizzarla.
Il GUP territoriale riteneva, dunque, ammissibile l’istanza di adozione del rito
alternativo pur in una condizione processuale che vedeva, per come detto sopra,
«iniziata» (ed ancora non conclusa) la discussione del rappresentante
dell’accusa. Nel motivare tale scelta il giudicante riteneva – tra le diverse opzioni
espresse anche in sede di legittimità – preferibile l’interpretazione dell’art. 438
comma 2 cod. proc. pen. (..la richiesta può essere proposta fino a che non siano
formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422..) che posiziona la
facoltà di richiesta entro e non oltre la dichiarazione di «chiusura» della
discussione. In particolare, la vicenda oggetto del procedimento (con richiesta
formulata dopo l’inizio della discussione da parte del P.M. ma nel corso di tale
atto) starebbe a dimostrare la eccessiva rigidità dell’opzione che limita l’accesso
al rito alla fase che «precede» la discussione in udienza preliminare,
ridimensionando irragionevolmente il favor che il sistema processuale esprime
per le definizioni «alternative» del giudizio. Il Pubblico Ministero aveva eccepito
la tardività della richiesta.

2

correlazione al contenuto dei motivi di ricorso – va precisato che :

2. Ha proposto ricorso per cassazione – per motivi esclusivamente processuali – il
Pubblico Ministero presso il Tribunale Militare di Verona, denunziando la
violazione di norma stabilita a pena di decadenza e la conseguente
inammissibilità della richiesta di rito abbreviato formulata da Cappello Salvatore.
Il P.M. impugnante, ferma restando la ricostruzione del «fatto processuale»/
osserva che la decisione del GUP contrasta con un recente arresto
giurisprudenziale rappresentato da Sez. III n. 18820 del 31.3.2011, secondo cui
il termine finale della richiesta è fissato nel momento in cui il giudice conferisca

ricostruzione fornitane dall’impugnante, sarebbe stato chiarito come la facoltà di
richiesta del rito alternativo, specie in riferimento ai processi cumulativi, non può
essere esercitata nel corso della discussione (come potrebbe avvenire lì dove
fosse concesso all’imputato di manifestare la sua volontà dopo la formulazione
delle conclusioni ad opera del p.m. e, magari, di altro difensore di un
coimputato) ma risulta preclusa lì dove il GUP abbia concesso la parola al P.M.
per formulare le conclusioni. Tale opzione sarebbe rispettosa del diritto di difesa
anche in virtù del fatto che la stessa udienza preliminare risulta preceduta nell’attuale assetto normativo – dall’avviso di conclusione delle indagini
preliminari (art. 415-bis cod. proc. peri.) che pone in condizione l’imputato di
valutare le diverse opzioni definitòrie del processo. Peraltro, la scelta
interpretativa adottata dal GUP renderebbe possibile la formulazione della
richiesta dopo l’intera discussione e la precisazione delle conclusioni da parte del
P.M. «calibrate» sulla regola di giudizio tipica dell’udienza preliminare (art. 425
cod. proc. pen.) imponendo una ripetizione della discussione già formulata.

3. Ha depositato note scritte, in data 4.11.2013, il difensore dell’imputato,
sostenendo i contenuti della decisione e l’interpretazione del giudicante in punto
di ammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, per le ragioni che seguono.
Al di là della particolare situazione processuale verificatasi nel corso dell’udienza,
rappresentata dall’erroneo convicimento della difesa di aver già manifestato la
volontà dell’imputato di definire il giudizio in sede di udienza preliminare con
adozione del rito abbreviato, già di per sè idonea a giustificare la valutazione
operata dal GUP in termini di ragionevolezza, va in ogni caso affermato che
appare preferibile – rispetto alla opzione espressa dalla decisione indicata nel
ricorso (Sez. III, n. 18820 del 2011, rv. 250009) – la linea interpretativa dell’art.
3

la parola al p.m. per la formulazione delle conclusioni. In tale decisione, nella

(241

438 comma 2 cod.proc.pen. seguita costantemente in precedenza (tra le altre,
Sez. I n.755 del 2003, rv 223251) da questa Corte di legittimità.
In effetti, nella decisione citata nel ricorso, a fronte del testuale dato normativo
in punto di «tempistica» della richiesta di cui all’art. 438 comma 2 cod.proc. pen.

(siano a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422)
si è sostenuto che a fini di ritualità della richiesta medesima la « linea di confine
è data dal momento in cui il GUP concede la parola al P.M. per formulare le
conclusioni a norma degli articoli 421 e 422» e si è argomentato, in proposito,

anch’essa scandita in «fasi» che riproducono almeno in parte lo scenario
dibattimentale.
Ma tale ipotesi ermeneutica, a ben vedere, finisce con l’introdurre un termine
preclusivo non del tutto «in linea» con il dettato normativo, volutamente aperto.
In altre parole, come statuito nei precedenti arresti (ed in ciò può ritenersi non
necessaria la rimessione alle Sezioni Unite, non essendo insorto uno stabile ed
effettivo contrasto) appare preferibile la interpretazione secondo cui la richiesta
di giudizio abbreviato può anche seguire la formulazione delle conclusioni del
pubblico ministero in quanto l’espressione utilizzata dal legislatore è idonea a
comprendere l’intera fase della discussione prevista dall’art. 421 comma 2 fino al
suo epilogo, sicchè il termine finale della proposizione della domanda è
rappresentato dal momento in cui si esaurisce, con la formulazione delle
conclusioni di tutte le parti, la discussione (vedasi anche Sez. I n. 755 del
14.11.2002, rv 223251).
Ciò risulta, peraltro, più aderente al principio generale per cui in presenza di un
dettato normativo che introduce una preclusione, l’interpretazione – anche al fine
di non ledere l’aspettativa all’esercizio della relativa facoltà – non può
determinare l’anticipazione della scadenza del termine rispetto all’ordinario
significato dei termini utilizzati dal legislatore.
Detta linea interpretativa – basata sul favor per l’adozione del rito alternativo – è
stata espressa, di recente, dalla stessa Corte Costituzionale nella decisione
numero 117 del 4 aprile 2011 (con cui è stata dichiarata inammissibile una
questione relativa a preteso contrasto tra gli articoli 391 octíes e 442 comma 1

bis del codice di rito e l’art. 111 Cost.in tema di giusto processo).
In tale pronunzia, si è infatti evidenziato che quanto al giudizio abbreviato esso
può essere richiesto e ammesso [in sede di udienza preliminare]

anche a

discussione iniziata e fino al momento in cui non siano formulate le conclusioni e
ciò consente di ritenere utilizzabili in tale giudizio i risultati di documenti
depositati nel corso dell’udienza preliminare, ivi compresi i risultati di
investigazioni difensive.
4

che tale assetto risulterebbe conforme alle cadenze dell’udienza preliminare,

Trattasi di una affermazione che, seppur relativa a pronunzia di inammissibilità
della questione ivi decisa, consente di ritenere costituzionalmente preferibile – ad
ulteriore conforto dell’orientamento prevalente- la lettura della norma di
riferimento in senso comprensivo della «fase» della discussione, collocando – allo
stato attuale della disciplina – la facoltà di richiesta nel momento in cui il singolo
imputato formuli, tramite il difensore, le «sue» conclusioni in sede di udienza
preliminare.
Da tutto ciò deriva che non è dato ravvisare alcun vizio procedimentale nella

abbreviato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso .
Così deciso il 27 novembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

scelta, operata dal GUP, di ammettere l’imputato alla celebrazione del giudizio

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