Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5865 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5865 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CATUSCELLI Maria Antonia, nata a Joppolo il 21/2/1946
avverso la sentenza del 24/5/2012 della Corte di appello di Catanzaro, che ha
confermato la sentenza dell’1/7/2009 del Tribunale di Vibo Valentia, sez. dist. di
Tropea che la ha condannata alla pena di quattro mesi di arresto e 8.000,00
euro di ammenda perché responsabile delle contravvenzioni previste dagli
artt.44, lett.c), 94 e 95, 71 e 72 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 181 del d.lgs.
22 gennaio2004, n.42, accertati il 6/12/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Tindari
Baglione, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso e condannarsi alle spese.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24/5/2012 la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la sentenza dell’1/7/2009 del Tribunale di Vibo Valentia, sez. dist. di
Tropea che ha condannato la sig.ra Catuscelli alla pena di quattro mesi di arresto
e 8.000,00 euro di ammenda, pena sospesa subordinatamente alla demolizione
delle opere abusive, perché responsabile delle contravvenzioni previste dagli
artt.44, lett.c), 94 e 95, 71 e 72 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 181 del d.lgs.

Data Udienza: 04/12/2012

22 gennaio2004, n.42, accertati il 6/12/2007 per avere abusivamente edificato
in area soggetta a vincolo paesaggistico un immobile di due piani con strutture in
cemento armato .
2. Avverso tale decisione è stato proposto ricorso, col quale in sintesi si
lamenta:
errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e vizio
motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. sia con riferimento al

realizzate dalla ricorrente, sia con riferimento all’omessa pronuncia in ordine al
tema della sospensione condizionale della pena, beneficio impropriamente
subordinato alla demolizione delle opere.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In considerazione del contenuto dei motivi di ricorso la Corte deve
osservare in via preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento
di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e
non può costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di
contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla
sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio
1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno
definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
(n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può
essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della
Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica
introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico
ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello
costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni
giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non
attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece)
dall’appello”.
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la
pienezza del riesame di merito” che è propria del controllo operato dalle corti di
appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art.606, lett. e) c.p.p. non
autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di
merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione
della vicenda oggetto di giudizio.

2

giudizio di responsabilità penale, difettando la prova che le opere siano state

Ancora successivamente alla modifica della lett.e) dell’art.606 c.p.p.
apportata dall’art.8, comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46,
l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a
partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio-14
giugno 2007, PG in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n,
24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto
convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al
giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della

valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006,
Bosco, rv 234148),
2. L’applicazione di tali principi al caso in esame impone di rilevare che le
censure mosse dalla ricorrente ripropongono le questioni già sollevate coi motivi
di appello in tema di responsabilità. Si tratta di questioni che attengono alla
valutazione del materiale probatorio e che esulano dalle attribuzioni di questa
Corte. Si tratta, poi, di questioni che risultano affette dal vizio di genericità
sentenza della Sez.6, n.22445 del 2009, P.M. in proc. Candita e altri, rv 244181,
ove si afferma che “e’ inammissibile per genericità il ricorso per cassazione, i cui
motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già illustrati in atti o memorie
presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del
provvedimento impugnato”.
3. Quanto all’ulteriore profilo di ricorso, la Corte rileva che, attesa l’incidenza
delle condotte illecite su

beni

riconducibili

in via diretta a valori

costituzionalmente tutelati, debbono condividersi le argomentazioni con cui le
Sezioni Unite Penali di questa Corte hanno affermato la piena legittimità del
provvedimento con cui il giudice subordina, ai sensi del primo comma
dell’art.165 c.p., la concessione della sospensione condizionale della pena ad una
condotta positiva dell’imputato consistente nella rimozione degli effetti negativi
causati dalla propria condotta e, in particolare, alla rimozione delle opere
realizzate in modo abusivo. Tale principio, affermato dalle Sezioni Unite Penali
con la sentenza n.714 del 20 novembre 1996-3 febbraio 1997, Luongo (rv
206659) è stato ribadito da plurime successive decisioni, tra cui merita menzione
la sentenza n.795 26 settembre 2000-9 gennaio 2001, Scollo e altro (rv
217610), con cui la Prima Sezione Penale ha affermato che il mancato
adempimento della demolizione comporta, salvo dimostrata impossibilità,
l’automaticità della revoca del beneficio che deve essere disposta dal giudice
dell’esecuzione.

3

decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e

4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 4/12/2012

equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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