Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5863 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5863 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di
Cagliari
nel procedimento nei confronti di
PILIA Andrea, nato a Cagliari il 12/12/1970
avverso la sentenza del 10/1/2011 del Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Cagliari che, sulla richiesta di emissione di decreto penale di
condanna per il reato ex art.2, comma 1-bis, legge 11 novembre 1983, n.638,
ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere difettando la prova
dell’elemento soggettivo del reato;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Tindari
Baglione, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza con rinvio;
udito per l’imputato l’avv. Salvatore Caldarella, che ha concluso chiedendo .

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10/1/2011 il Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Cagliari, sulla richiesta di emissione di decreto penale di condanna

Data Udienza: 04/12/2012

per il reato ex art.2, comma 1-bis, legge 11 novembre 1983, n.638, ha
pronunciato sentenza di non luogo a procedere difettando la prova dell’elemento
soggettivo del reato.
2. Avverso tale decisione il Procuratore generale propone ricorso lamentando
la errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e
l’esistenza di vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per
avere il giudicante illogicamente ritenuto che la violazione protrattasi per più

inesistente elemento soggettivo, valutazioni che contrastano anche con le ridotte
dimensioni della impresa e con la mancata risposta alla diffida Inps.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Rileva la Corte che fattispecie analoga quanto ad argomentazioni è stata
esaminata in precedenza da questo giudice con la sentenza n.11156 del
2/2/2012, PG in proc. Contu, giungendo alla conclusione che si è in presenza di
ricorso fondato e di decisione del giudice di merito meritevole di annullamento.
Si legge in motivazione della citata sentenza di questa Sezione:
“Il Tribunale giustifica il mancato accoglimento della richiesta di emissione del
decreto penale di condanna, formulata dal p.m., nei confronti del Contu, e la
conseguente pronuncia assolutoria, atteso il difetto della prova in ordine alla
ricorrenza dell’elemento psicologico del reato, vista la esiguità dell’importo di cui
si è omesso il versamento, la riferibilità a poche mensilità, elementi questi che
fanno ritenere che la condotta tenuta dall’imputato sia stata originata da mera
disattenzione, ovvero da necessità determinata da una contingente situazione di
difficoltà economica, così che non può essere addebitata, di certo, al prevenuto
la attuazione di una condotta intenzionalmente posta in essere, con coscienza e
volontà, di lucrare l’importo non versato all’I.N.P.S.. Orbene rilevasi, come
esattamente eccepito in ricorso, la erroneità della argomentazione motivazionale
adottata nella impugnata pronuncia, in quanto l’oggetto giuridico del reato è
quello di assicurare il fedele adempimento del rapporto di sostituzione imposto al
datore di lavoro per il versamento delle quote contributive, poste a suo carico e
a carico del dipendente.
“Precisasi che la condotta criminosa tipizzata dalla L. n. 638 del
1983, art. 2 si realizza in due distinte fasi, una commissiva
relativa alla appropriazione da parte del datore di lavoro delle ritenute
previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai propri
dipendenti; ed una omissiva, costituita dal mancato versamento all’I.N.P.S. di
tali ritenute.

2

mensilità possa essere ricondotta a valutazioni di minima offensività e di

”Appare evidente che il giudizio del decidente è risultato viziato proprio perché è
fondato sulla esiguità della somma da versare o sulla eventuale situazione di
disagio economico del prevenuto, quando, di contro, la sussistenza del reato va
ritenuta anche nel caso in cui sia di modesta entità la somma da versare, sia in
situazione di dissesto della azienda, ne’, tanto meno, è richiesto l’intento di lucro
a danno dell’Ente (ex multis Cass. 5/7/2001, n. 33945); inoltre, con il mancato
versamento l’imputato ha manifestato la volontà di trattenere le somme per se,
così rendendo sussistente anche l’elemento psicologico di cui al delitto in

annullata con rinvio al giudice ad quem perché proceda a nuovo esame.”
2. Considerazioni del tutto analoghe debbono essere formulate nel caso in
esame, apparendo le argomentazioni adottate dal Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Cagliari affette dai medesimi vizi. Ritiene, peraltro, il
Collegio che l’annullamento della sentenza debba essere disposto senza rinvio.
Le ragioni di annullamento, infatti, attengono ai presupposti stessi di emissione
della sentenza ex art.425 cod. proc. pen. e gli atti vanno restituiti al Tribunale
non al fine di giungere a una sentenza motivata alla luce dei principi affermati in
questa sede, bensì al fine di riportare il procedimento allo stato antecedente la
pronuncia del giudice e consentire una decisione sulla richiesta di emissione del
decreto penale che terrà conto della presente sentenza.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi agli atti al
Tribunale di Cagliari.
Così deciso il 4/12/2012

questione. In dipendenza delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va

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