Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5862 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5862 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
FERRANTI Massimiliano, nato a Carini 11 15/11/1976
FERRANTI Salvatore, nato a Carini 11 11/8/1971
avverso la sentenza del 2/2/2012 della Corte di appello di Palermo, che ha
confermato la sentenza del 30/6/2009 del Tribunale di Palermo, sez. dist. di
Carini, che ha condannato il sig. Massimiliano Ferrante alla pena di otto mesi di
reclusione e 500,00 euro di multa e il sig. Salvatore Ferranti alla pena di sette
mesi di reclusione e 500,00 euro di multa perché colpevoli del reato previsto
dagli artt. 110, 81 cpv, 334 e 349 cod. peri., accertato il 12/7/2005;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Tindari
Baglione, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso e condannarsi alle spese.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2/2/2012 la Corte di appello di Palermo ha confermato
la sentenza del 30/6/2009 del Tribunale di Palermo, sez. dist. di Carini, che ha
condannato il sig. Massimiliano Ferrante alla pena di otto mesi di reclusione e
500,00 euro di multa e il sig. Salvatore Ferranti alla pena di sette mesi di

Data Udienza: 04/12/2012

reclusione e 500,00 euro di multa perché colpevoli del reato previsto dagli artt.
110, 81 cpv, 334 e 349, prima parte, cod. pen., accertato il 12/7/2005.
In particolare, i sigg. Ferranti sono stati ritenuti responsabili di avere
sottratto al vincolo, e verosimilmente macellato abusivamente, alcuni dei bovini
che erano stati sottoposti a sequestro, unitamente all’allevamento gestito dai
ricorrenti, con provvedimento del luglio 2003 in quanto animali privi di marchio
auricolare.
2. Avverso tale decisione i sigg. Feranti propongono ricorso personalmente, in

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere i giudici di
appello: 1) erroneamente confermato la condanna di Massimiliano Ferranti
sebbene costui non fosse stato nominato custode all’atto del sequestro; 2)
erroneamente ritenuto sufficienti le prove sebbene il teste Saroli (verbalizzante)
abbia ammesso che i controlli furono effettuati esclusivamente presso il distretto
veterinario e non in azienda; 3) erroneamente ignorato che il sig. Salvatore
Ferranti, titolare della ditta, aveva regolarizzato la posizione dei bovini entro 48
ore dal primo controllo e che al successivo controllo dell’8/8/2003 uno solo dei
20 bovini venne riscontrato affetto da patologie e immediatamente macellato,
con la conseguenza che per i restanti animali non sussistevano altre ragioni di
cautela; 4) erroneamente ritenuto esistente in capo ai ricorrenti l’elemento
soggettivo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In considerazione del contenuto dei motivi di ricorso la Corte deve
osservare in via preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento
di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e
non può costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di
contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla
sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio
1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno
definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
(n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può
essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della
Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica
introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico
ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello
costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni
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sintesi lamentando:

giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non
attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece)
dall’appello”.
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la
pienezza del riesame di merito” che è propria del controllo operato dalle corti di
appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art.606, lett. e) c.p.p. non
autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di
merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione

Ancora successivamente alla modifica della lett.e) dell’art.606 c.p.p.
apportata dall’art.8, comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46,
l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a
partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio-14
giugno 2007, PG in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n.
24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto
convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al
giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006,
Bosco, rv 234148).
2. L’applicazione di tali principi interpretativi al caso in esame impone di
ritenere che i motivi di ricorso siano stati proposti al di fuori dei casi previsti dalla
legge. In effetti, i ricorrenti prospettano a questa Corte censure che sotto il
richiamo alla illogicità della motivazione attengono, in realtà, alla ricostruzione
del fatto storico e alla valutazione del materiale probatorio, questioni che come si
è detto esulano dalle attribuzioni del giudice di legittimità. In presenza di
motivazione non meramente apparente e all’esito di due giudizi di merito, il
controllo della Corte di cassazione non può spingersi all’esame dell’epoca dei
controlli, della successiva regolarizzazione, del numero di bovini affetti da
patologie, tutte questioni che i giudici di merito hanno esaminato giungendo alla
conclusione che sussistono gli estremi per un giudizio di responsabilità penale.
. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi
siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma,

3

della vicenda oggetto di giudizio.

determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
del presente giudizio, nonché ciascuno di loro al versamento della somma di Euro
1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 4/12/2012

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