Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5858 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5858 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEONE GASPARE N. IL 10/08/1957
avverso la sentenza n. 2893/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 28/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/12/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Volpe, ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
per l’imputato è presente l’avv. Maurizio Bellavista, in sostituzione dell’avv.
Fabrizio Bellavista, che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Palermo confermava la
decisione del Tribunale di Trapani del 17 maggio 2010, con la quale Leone
Gaspare era condannato alla pena di giustizia per il delitto di furto aggravato di
un natante a motore, esposto per necessità e consuetudine alla pubblica fede,
sottraendolo a Castronovo Luigi.
2. Contro la decisione propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto
sottoscritto dal difensore, avv. Fabrizio Bellavista, affidato a tre motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera B e C, in
relazione all’art. 548, comma 3, cod. proc. pen., per l’omessa notifica della
sentenza di appello all’odierno ricorrente, benché contumace.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera E, cod.
proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, per l’omesso esame delle doglianze formulate con i motivi di
appello in ordine all’inattendibilità del coimputato D’Asaro, in considerazione
degli accertamenti relativi ai tabulati telefonici dell’imputato, ed in ordine agli
elementi contrari desumibili dai stessi tabulati.
2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera E, cod. proc.
pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in
ordine al trattamento sanzionatorio, al diniego delle attenuanti generiche e della
sospensione condizionale della pena, fondati impropriamente sul comportamento
processuale di negazione della responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
1.1 Anche se la sentenza impugnata, a pagina 2, in contrasto con l’intestazione
che riporta il Leone come “Libero – presente”, espressamente afferma che i due

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RITENUTO IN FATTO

imputati sono risultati assenti all’udienza del 28 gennaio 2013, pur regolarmente
comparsi, dal verbale di udienza risulta la presenza di entrambi gli imputati, per
cui la dicitura a pagina 2 (righi 18 e 19) deve ritenersi frutto di un errore
materiale e nessun avviso di deposito era dovuto al Leone, ai sensi dell’art. 548,
comma 3, cod. proc. pen..
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, poiché il lamentato

vizio di motivazione dedotto con i motivi di appello, in relazione alle risultanze
dei tabulati telefonici, trova una chiara risposta nel corpo della decisione,
laddove si sottolinea che la circostanza che la moglie abbia chiamato il Leone alle
23.52 non consente di negare che l’imputato fosse intento a rubare la barca,
poiché a quell’ora egli era già in movimento, per cui poteva certamente
rispondere alla telefonata. Le ulteriori doglianze riguardanti le dichiarazioni del
coimputato D’Asaro sono chiaramente censure dì merito, poiché nella sostanza
sono rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio,
inammissibile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, Ienco, Rv.
236540; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168).
3. Il terzo motivo riguardante il trattamento sanzionatorio, il diniego delle
attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena è parimenti
inammissibile.
3.1 Va al proposito rimarcato che sia la determinazione della pena, sia il
riconoscimento delle attenuanti generiche, e il connesso giudizio di bilanciamento
con le aggravanti, sono statuizioni che l’ordinamento rimette alla discrezionalità
del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità
quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della
logica. Nel caso di specie la Corte d’appello non ha mancato di motivare la
propria decisione, che non è fondata sul comportamento processuale difensivo,
ma sulle modalità della condotta, sul valore affatto modesto del bene sottratto,
sui precedenti penali dell’imputato e, solo da ultimo, sulla negazione con
argomenti del tutto inverosimili della propria responsabilità.
Siffatta linea argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo
adeguatamente conto delle ragioni della decisione adottata; d’altra parte non è
necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda
singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., essendo
invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che nel discrezionale giudizio

3

2.

complessivo, assumono eminente rilievo; tra questi la condotta processuale può
essere oggetto di apprezzamento, laddove, come nel caso di specie, non si limiti
al silenzio o alla menzogna, ma si sostanzi in comportamenti processualmente
obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale
che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, e

U, n. 36258 del 24/05/2012, P.G. e Biondi, Rv. 253152).
4. In conclusione il ricorso dell’imputato è inammissibile; alla rilevata
inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p., con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2013

la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di merito (Sez.

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