Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5853 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5853 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PONIO SALVATORE N. IL 12/06/1941 A
VERZELETTI SILVANO MARIO N. IL 11/02/1957 R.

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avverso la sentenza n. 5129/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Data Udienza: 20/12/2013

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 21/12/2012, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di
primo grado, che aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia Salvatore Di Ponio e
Silvano Mario Verzelletti, in relazione a fatti di bancarotta fraudolenta documentale e per
distrazione, nonché per avere cagionato, con operazioni dolose, consistite nel mancato
versamento dei contributi obbligatori INPS e INAIL, il fallimento della Costruire piccola
società cooperativa a r.I., fallita in data 26/07/2001.
La Corte territoriale ha ritenuto che il Di Ponio, presidente del c.d.a dal 26/07/1999 al

25/02/1998 al 26/07/1999, siano stati comunque, per tutta la durata di vita della società, gli
amministratori di fatto.
2. Sono stati proposti distinti ricorsi nell’interesse del Di Ponio e del Verzelletti.
3. Il ricorso proposto nell’interesse del Di Ponio è affidato ai seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge per avere la
Corte territoriale: a) omesso di considerare che le condotte di distrazione attribuite
all’imputato erano state poste in essere durante il suo periodo di detenzione dal 10/02/2000
al 09/09/2000 e che nello stesso periodo sarebbe intervenuto l’incontro con il Mazza, il quale
aveva assunto la carica di amministratore unico della società fallita in data 12/06/2000; b)
omesso di indicare le basi probatorie della propria conclusione secondo cui, nonostante la
detenzione, l’imputato era stato in grado di partecipare attivamente alle vicende della
società; c) omesso di giustificare l’attribuzione dei fatti di bancarotta documentale al Di
Ponio, sebbene fosse stato dimostrato che le scritture contabili erano state regolarmente
tenute sino al 28/06/2000, quando erano state ritirate da altro soggetto (Civati).
3.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt. 62 bis e
133 cod. pen., per avere valorizzato i precedenti penali del Di Ponio sia per escludere la
marginalità del suo ruolo sia per negare la concessione delle attenuanti generiche,
nonostante il rilievo che, al contrario, dovevano assumere, anche nell’ipotesi di sua
responsabilità, il dato della carcerazione sofferta e la regolare tenuta della scritture contabili
sino a quando egli si era occupato della società.
4. Il ricorso proposto nell’interesse del Verzelletti è affidato ai seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e nullità della sentenza per mancata
assunzione di una prova decisiva, rappresentata dalla perizia che avrebbe definitivamente
chiarito la non riconducibilità all’imputato della sottoscrizione apposta al documento del
10/10/2000, che avrebbe impedito di rawisare il coinvolgimento dello stesso nelle vicende
societarie successive alla sue dimissioni dal consiglio di amministrazione della società nel
giugno 2000.
4.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge per avere la
Corte territoriale affermato la responsabilità dell’imputato, sia in ordine alla bancarotta
documentale, nonostante fosse emerso che egli non si era mai occupato della vita

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17/04/2000 e dal 17/05/2000 al 12/06/2000 e il Verzelletti, presidente del c.d.a. dal

amministrativa della società, anche quando rivestiva una carica sociale, sia in ordine ai fatti
distrattivi, che erano avvenuti dopo le sue dimissioni dal consiglio di amministrazione nel
giugno 2000 e avevano interessato essenzialmente la posizione del Di Ponio. A quest’ultimo
proposito, si ribadisce che il Tribunale di Milano, sezione distaccata di Cassano d’Adda, con
riferimento ad una delle vicende considerate (l’acquisto di ponteggi dalla Tomasoni s.r.I.),
aveva assolto il Verzelletti dall’imputazione di truffa, rilevando che lo stesso, a quella data,
non ricopriva più alcuna carica all’interno della società fallita.
Con riferimento, infine, al contestato di reato di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, I. fall. si

preordinato a determinare l’insolvenza della società, non era attribuibile al ricorrente, il quale
si era sempre occupato della gestione tecnica della società e dei cantieri nei quali operava.
4.3. Con il terzo motivo, si deduce nullità della sentenza per omesso riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche e,
comunque, si lamentano vizi motivazionali in relazione alla determinazione della pena.

Considerato in diritto
1. Il ricorso proposto nell’interesse del Di Ponio è infondato.
1.1. Con riguardo al primo motivo, va premesso che dal certificato del casellario emerge che,
con ordinanza del 19/05/2000, l’imputato risulta ammesso alla detenzione domiciliare e che
dal 30/08/2000 risulta affidato ai servizi sociali. Tale profilo fattuale giustifica la conclusione
raggiunta dalla Corte territoriale in ordine all’effettiva possibilità del ricorrente di continuare
a svolgere attività gestoria della cooperativa. Del resto, se è vero che l’espiazione della pena
alla quale il Di Ponio era stata condannato si è sviluppata dal febbraio al settembre 2000 / è
anche vero che lo stesso dal luglio 1999 sino al 17/04/2000 e poi dal 17/05 al 12/06/2000
ha anche ricoperto l’incarico formale di presidente del consiglio di amministrazione della
cooperativa.
In altre parole, nonostante la circostanza della detenzione in atto, il Di Ponio anche
formalmente ha assunto nel maggio del 2000 l’incarico di presidente del c.d.a.
Accanto a tali rilievi va poi considerato che la sentenza impugnata ha valorizzato il
coinvolgimento del Di Ponio nella truffa ai danni della società Tomasoni che si è consumata,
secondo quanto è dato desumere dalla sentenza del Tribunale di Milano, sezione distaccata
di Cassano d’Adda, in data prossima al 31/07/2000.
Tali profili fattuali rappresentano il fondamento — non manifestamente illogico – della
conclusione raggiunta dalla Corte territoriale quanto al coinvolgimento del ricorrente sino al
termine dell’attività della cooperativa e illustrano le ragioni della ritenuta responsabilità dello
stesso anche in relazione al reato di bancarotta documentale. Proprio l’apprensione delle
scritture contabili ad opera di uno dei soggetti fittizi investiti di ruoli formali nella società
(Gabriele Civati) rende, in tale contesto, evidente l’intento, nella fase critica dell’attività
imprenditoriale, di occultare le risultanze idonee a ricostruire la portata delle operazioni
poste in essere.

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rileva che il mancato versamento dei contributi, anche a voler aderire alla tesi di un disegno

Ne discende che la diretta partecipazione del Di Ponio al reperimento del Mazza, ossia
dell’ultimo amministratore della cooperativa diviene elemento non determinante ai fini
dell’affermazione di responsabilità.
1.2. Il secondo motivo è, del pari, infondato, giacché il dato dei precedenti penali,
unitamente alla gravità della condotta, per l’entità del danno provocato e la scaltrezza
dimostrata nel tentativo di dissimulare le attività poste in essere, rappresentano adeguato
fondamento dell’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito, nella determinazione
della pena e nel diniego delle circostanze attenuanti generiche.

2.1. Va, preliminarmente, rilevata l’infondatezza dell’eccezione, formulata nel corso della
pubblica udienza dal sostituto del difensore del ricorrente, il quale ha lamentato la mancata
notifica all’imputato, assistito da difensore di fiducia, dell’awiso della data dell’udienza di
trattazione del ricorso. Ai sensi dell’art 610, comma 5, cod. proc. pen., infatti, l’awiso è dato
ai soli difensori; esso è notificato all’imputato, ai sensi dell’art. 613, comma 4 del medesimo
codice, solo se quest’ultimo non sia assistito da difensore di fiducia.
2.2. Il primo motivo è inammissibile, dal momento che difetta in radice la stessa decisività
del documento al quale si riferisce la richiesta di perizia. È infatti appena il caso di rilevare
che esso non viene in alcun modo valorizzato dalla sentenza impugnata per giungere
all’affermazione di responsabilità del Verzelletti.
2.3. Il secondo motivo è infondato.
La Corte territoriale ha ritenuto che il Verzelletti sia stato per tutta la durata della vita della
società uno degli amministratori di fatto della stessa, unitamente al Di Ponio.
Siffatto accertamento muove dal ruolo che il Verzelletti ha ricoperto anche in data successiva
alla cessazione dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione della società, come
dimostrato dal fatto che proprio il ricorrente, unitamente ad altro soggetto presentatosi
come il Di Ponio, ebbe a contattare Giuseppe Mazza, affinché assumesse, nell’ultima fase di
vita della società fallita, il ruolo di amministratore. L’assoluta inadeguatezza del Mazza a
svolgere tale compito (la sentenza impugnata chiarisce, infatti, che il Mazza era una persona
con un’esistenza di emarginazione, al punto che risultava domiciliato presso una sede della
Caritas di Milano) rende evidente la preordinazione di tale condotta ad occultare le proprie
responsabilità.
Tale profilo non è oggetto di alcuna censura da parte del ricorso.
Quanto all’assoluzione del Verzelletti dall’imputazione di truffa in danno della Tomasoni s.r.I.,
si rileva che l’invocata sentenza del Tribunale di Milano, sezione distaccata di Cassano
D’Adda, è giunta a tale conclusione tenendo conto che la contestazione investiva il primo,
quale legale rappresentante di altra società. L’affermazione contenuta in tale sentenza,
secondo la quale il Verzelletti non ricopriva partecipazioni o cariche nella cooperativa
Costruire, lungi dal rappresentare l’esito di un accertamento sul ruolo effettivo dello stesso

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2. Il ricorso proposto nell’interesse del Verzelletti è infondato.

nella generale gestione della cooperativa, concerne esclusivamente quanto accertato in
relazione alla truffa contestata.
Il ruolo determinante del Verzelletti, ricostruito dalla Corte territoriale attraverso un unitario
esame della partecipazione gestionale, sia nella fase in cui l’imputato ricopriva cariche
formali e sia in epoca successiva, in vista del reperimento di figure cui attribuire fittiziamente
cariche amministrative, per rendere maggiormente complessa l’individuazione delle reali
responsabilità nella causazione del dissesto, comporta l’assoluta inverosimiglianza
dell’alternativa ricostruzione prospettata, che lo vedrebbe confinato in un ruolo meramente

In tale prospettiva, s’intende che l’attribuzione di responsabilità per i fatti di bancarotta
contestati resiste alle critiche contenute in ricorso.
2.4. Il terzo motivo è del pari infondato, in quanto le superiori considerazioni rendono
adeguatamente sorrette le conclusioni dei giudici di merito in ordine al ruolo paritario del
Verzelletti e alla sua responsabilità per fatti di oggettiva gravità, sia con riguardo al passivo
maturato, sia con riguardo ai meccanismi di occultamento messi in atto.
Tali profili, unitamente ai valorizzati precedenti penali, giustificano il mancato riconoscimento
delle attenuanti invocate e la determinazione della pena.
3. Alla pronuncia di rigetto consegue, exart. 616 cod. proc. pen, la condanna di ciascuno dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 20/12/2013

tecnico.

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