Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5852 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5852 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) CUCURACHI OTTAVIO N. IL 28/01/1940
avverso la sentenza n. 673/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
12/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (IN>
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che ha concluso per tL – Ure- N K.R i ut.s

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 15/11/2012

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 12 gennaio 2012, la Corte d’appello di Salerno ha
confermato la sentenza del Tribunale di Salerno del 20 gennaio 2010, con la quale
l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 2, comma

1-bis, del

decreto-legge n. 463 del 1983, convertito dalla legge n. 638 del 1983, per l’omesso
versamento all’INPS delle ritenute operate sulle retribuzioni dei propri dipendenti, per

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo: a) l’erronea applicazione dell’art. 2, comma

1-bis, del

decreto-legge n. 463 del 1983, convertito dalla legge n. 638 del 1983, sul rilievo che
la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che il decreto di citazione a giudizio
costituisse un equipollente della notificazione dell’accertamento amministrativo
dell’infrazione con l’invito a pagare entro tre mesi, pur non contenendo esso alcuna
menzione della facoltà dell’imputato di avvalersi della causa di non punibilità versando
la relativa somma nel termine previsto dalla richiamata disposizione; b) la mancanza e
la manifesta illogicità della motivazione in relazione al diniego del riconoscimento di
circostanze attenuanti generiche, perché la Corte d’appello avrebbe erroneamente
ritenuto che queste erano state già concesse in primo grado, mentre erano state in
realtà negate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il primo motivo di ricorso – relativo alla non equipollenza tra il decreto di
citazione a giudizio e la notificazione dell’accertamento dell’infrazione con invito al
pagamento nel termine di tre mesi – è fondato, con conseguente assorbimento
dell’altro motivo proposto.
Deve premettersi che – secondo la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis,
sez. 3, 27 gennaio 2012, n. 19640; sez. 3, 20 novembre 2012, n. 1448; sez. un., 24

il febbraio 2007, per l’importo di € 8470,00.

novembre 2011, n. 1855, Rv. 251268) – ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, del d.l. 12
settembre 1983, n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, in forza del
quale il datore di lavoro, che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali e
assistenziali operate sulle retribuzioni del lavoratore dipendente, non è punibile se
provvede al loro pagamento «entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica
dell’avvenuto accertamento della violazione», deve ritenersi che, per il decorso di tale
termine, la notifica del decreto di citazione a giudizio sia equivalente alla notifica, da
parte dell’Inps, dell’avviso di accertamento della violazione, a condizione che il decreto
di citazione contenga tutti gli elementi essenziali dell’avviso di accertamento:

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indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute con
specificazione del relativo importo; indicazione della sede dell’ente presso la quale
deve essere effettuato il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge;
avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità. Da ciò
consegue che, quando risulti indimostrata la ritualità della notifica dell’avviso di
accertamento da parte dell’ Inps e il decreto di citazione a giudizio non contenga o
contenga una indicazione solo parziale degli elementi propri di detto avviso, deve

versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio.
Tale principio trova applicazione anche nel caso di specie, in cui non vi è prova
della notifica all’imputato di un atto – sia esso amministrativo o giudiziario – che
contenga l’avvertimento della possibilità di fruire della causa di non punibilità prevista
dalla legge, con la indicazione della sede dell’ente presso cui effettuare il versamento
entro il termine di tre mesi.

4. – Ne consegue l’annullamento dell’impugnata sentenza, con assorbimento
dell’altra censura proposta e con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, perché proceda a
nuovo giudizio facendo applicazione del principio di diritto appena enunciato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.

essere ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della causa di non punibilità, il

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