Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 585 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 585 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
NAPOLI
nei confronti di:
TAGLIALATELA LUIGI N. IL 23/01/1956
avverso l’ordinanza n. 1299/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
05/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
1ette/s,itle conclusioni del PG Dott.

cieg

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa all’udienza del 5.12.2014 la Corte di appello di Napoli
respingeva la richiesta del pubblico ministero di revoca del beneficio dell’indulto
concesso a Luigi Tagliatatela con ordinanza del 16.11.2007 dal Tribunale di Torre
Annunziata nella misura di mesi due e giorni quindici di reclusione ed euro 2.500
di multa.
Riteneva, in specie, insussistente la condizione di cui all’art. 1 comma 3

medesima Corte di appello in data 23.3.2010 era stato commesso il 16.2.2006,
quindi prima dell’entrata in vigore della suddetta legge.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore
generale presso la Corte di appello di Napoli rilevando che la sentenza emessa
dalla Corte di appello il 23.3.2010 è relativa alla condanna per due reati e quello
associativo di cui al capo A) era contestato «dal 9.3.2004 con condotta
permanente».
Ad avviso del ricorrente, il giudice dell’esecuzione non ha verificato in
concreto l’epoca delle condotte cui si riferisce la sentenza di condanna che nella
motivazione dà atto che Taglialatela Luigi aveva svolto il ruolo di spacciatore e di
«vedetta» per conto del sodalizio anche il 15.6.2006, mentre
nessun
,
aPri,
elemento concreto consente di dimostrare l’intervenutav – dissociazione del
predetto in un ristretto spazio temporale.
Lamenta, altresì, il ricorrente che l’ordinanza impugnata contraddice due
precedenti decisioni di altra sezione della stessa Corte di appello che, in funzione
di giudice dell’esecuzione, ha ritenuto che la permanenza del reato associativo
oggetto della sentenza di condanna già richiamata è cessata il 24.1.2009.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, ad avviso del Collegio, è fondato.
1. Come è noto, la revoca dell’indulto opera di diritto laddove ne sussistano
le condizioni e, ai sensi dell’art. 1 comma 3 della legge n. 241 del 2006, il
beneficio dell’indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque
anni dalla data di entrata in vigore della suddetta legge (1.8.2006), un delitto
non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due
anni.
Invero, è principio consolidato quello secondo il quale, allorché il tempus
commissi delicti non sia indicato in modo preciso e con ben definiti riferimenti
fattuali nel capo di imputazione, il giudice dell’esecuzione può prendere
2

della legge n. 241 del 2006 in quanto il delitto giudicato con la sentenza della

I.

conoscenza del contenuto della sentenza e, occorrendo, degli atti del
procedimento, per ricavarne tutti gli elementi da cui sia possibile desumere
l’effettiva data del reato, ove essa sia rilevante ai fini della decisione che gli è
demandata (Sez. 1, n. 30609 del 15/04/2014, Raia, rv. 261087).
Il giudice dell’esecuzione, quindi, ha il potere-dovere di interpretare il
giudicato e renderne espliciti il contenuto ed i limiti, individuando( attraverso
l’esame della sentenza irrevocabile tutti gli elementi cognitivi idonei a consentire
!
la definizione di questioni poste in executivis. Peraltro, all’esito alla suddetta

in favore del reo, alla stregua del principio che ha valenza generale
nell’ordinamento penale (Sez. 1, n. 11512 del 21/01/2005, Spinelli, rv. 231267).
2. Nella specie, il giudice dell’esecuzione, pur dovendo far riferimento
all’epoca della commissione dei reati cui si riferisce la sentenza di condanna
emessa dalla Corte di appello il 23.3.2010 ai fini della sussistenza delle
condizioni per la revoca del beneficio dell’indulto richiesta dal pubblico ministero,
non ha operato detta verifica in relazione al reato associativo (art. 74 d.P.R. n.
309 del 1990) contestato al capo A) con condotta 4 perdurantell, limitandosi ad
affermare che il reato per il quale il Taglialatela è stato condannato è stato
commesso il 16.2.2006.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla
Corte di appello di Napoli perché proceda alla verifica della sussistenza della
causa di revoca del beneficio dell’indulto in applicazione dei principi di diritto
richiamati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello
di Napoli.

Così deciso, 1’11 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

verifica, eventuali dubbi residui sul tempus commissi delicti devono essere risolti

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