Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 582 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 582 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

1)
2)
3)
4)

Cutilli Paolo, nato il 31/10/1968;
Cutilli Enzo, nato il 10/07/1971;
Cutilli Romeo, nato il 05/10/1940;
Iuriea Costei Daniel, nato il 29/03/1970;

Avverso la sentenza n. 2996/2012 emessa il 29/01/2014 dalla Corte di
appello dell’Aquila;

Udita la relazione svolta in pubblica udienza dal Consigliere dott. Alessandro
Centonze;

Udito il Procuratore generale, in p1-sona del dott. Giovanni Di Leo, che ha
conci uso:
per l’inammissibilità .del ricorso proposto congiuntamente nell’interesse di
Paolo Cutilli, Enzo Cutilli, Romeo Cutilli, per i primi cinque motivi del ricorso;
per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per il sesto e il
settimo motivo di ricorso;
per l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di Coste! Daniel
Iuriea;

Data Udienza: 25/11/2015

Uditi per i ricorrenti Paolo Cutilli, Enzo Cutilli, Romeo Cutilli gli avvocati
Federico Squartecchia e Sandro Marinelli;

/

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 16/12/2011 il Tribunale di Pescara giudicava, tra
gli altri, Paolo Cutilli, Enzo Cutilli, Romeo Cutilli e Coste! Daniel Iuriea per una
pluralità di condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di
contrabbando di tabacchi lavorati esteri, ritenendoli colpevoli dei reati ascrittigli
nei termini di cui appresso.
L’imputato Paolo Cutilli, in particolare, veniva ritenuto colpevole dei reati di

continuazione, per i quali veniva condannato alla pena di anni cinque di
reclusione e 60.000,00 euro di multa; veniva, inoltre, ritenuto colpevole dei reati
di cui ai capi 12)-24), unificati sotto il vincolo della continuazione, per i quali
veniva condannato alla pena di 1.716,00 euro di multa.
L’imputato Costea Daniel Iuriea veniva ritenuto colpevole dei reati di cui capi
4), 5), 9), 10) della rubrica, unificati sotto il vincolo della continuazione, per i
quali veniva condannato alla pena di anni cinque e mesi due di reclusione e
75.000,00 euro di multa; veniva, inoltre, ritenuto colpevole del reato di cui al
capo 12), per il quale veniva condannato alla pena di 516,00 euro di multa.
L’imputato Enzo Cutilli veniva ritenuto colpevole dei reati di cui capi 14),
18), 19), unificati sotto il vincolo della continuazione, per i quali veniva
condannato alla pena di 716,00 euro di multa.
L’imputato Romeo Cutilli veniva ritenuto colpevole dei reati di cui capi 19) e
21) della rubrica, unificati sotto il vincolo della continuazione, per i quali veniva
condannato alla pena di 616,00 euro di multa.
I predetti imputati, inoltre, venivano assolti dal reato di cui al capo 1) della
rubrica, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., perché il fatto non
sussiste; mentre, il solo Paolo Cutilli veniva prosciolto dai reati di cui ai capi 2) e
22).
Gli odierni imputati, infine, venivano condannati alle pene accessorie di
legge e al pagamento delle spese processuali.

2.

Con sentenza emessa il 29/01/2014 la Corte di appello dell’Aquila,

pronunciandosi sull’impugnazione proposta dagli imputati e dal Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Pescara, riformava il provvedimento impugnato
nei termini di cui appresso.
L’imputato Enzo Cutilli, in particolare, veniva ritenuto colpevole dei reati
ascrittigli e, concesse le attenuanti generiche, veniva condannato alla pena di
anni due e mesi otto di reclusione e 10.000,00 euro di multa, che veniva
interamente condonata.
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cui capi 4), 5), 6), 7), 10) della rubrica, unificati sotto il vincolo della

L’imputato Coste! Daniel Iuriea veniva ritenuto colpevole dei reati ascrittigli
e, concesse le attenuanti generiche, veniva condannato alla pena di anni tre e
mesi cinque di reclusione e 40.000,00 euro di multa, che veniva parzialmente
condonata, nella misura di anni tre di reclusione e 10.000,00 euro di multa.
Veniva, inoltre, emessa sentenza proscioglimento nei confronti di Paolo
Cutilli e Costei Daniel Iuriea per i reati contrabbando loro ascritti e nei confronti
del solo Paolo Cutilli in ordine al reato di cui al capo 8), perché estinti per
intervenuta prescrizione.

3. Da entrambe le sentenze emergeva che le indagini avevano avuto origine
da complessi e prolungati servizi di intercettazione telefonica, che consentivano
di accertare l’esistenza di un’articolata rete soggettiva, finalizzata a favorire
l’ingresso illegale di cittadini stranieri – prevalentemente provenienti dall’Europa
orientale – e a trovare loro una sistemazione per rimanere nel nostro Paese,
destinandoli ad attività lavorative in nero sul mercato produttivo italiano.
Queste attività illecite, che risultavano contestate ai capi 2)-11) della
rubrica, ai sensi degli artt. 110 cod. pen., 12, commi 1 e 3, del d.lgs. 25 luglio
1998, n. 286, venivano agevolate dall’attività di autotrasportatori operanti sul
mercato nazionale e internazionale degli imputati Paolo Cutilli, Enzo Cutilli e
Romeo Cutilli, che gestivano la ditta “Autotrasporti di Cutilli Romeo & C. s.n.c.”,
attraverso la quale consentivano la concretizzazione delle ipotesi di reato
contestate in rubrica.
La medesima rete operativa, al contempo, veniva utilizzata dagli imputati
per agevolare le attività di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, che
risultavano contestate ai capi 12)-24) della rubrica, ai sensi degli artt. 110 cod.
pen., 291 bis del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43; contrabbando che veniva
realizzato mediante l’introduzione nel territorio italiano dei tabacchi lavorati
esteri durante i viaggi effettuati dagli imputati per conto della ditta di
autotrasporti sopra indicata.
In tale ambito, i Cutilli interagivano con l’imputato Costea Daniel Iuriea e
con alcuni soggetti operanti nel territorio degli Stati stranieri interessati da tali
attività illecite, tra i quali gli imputati Darko Sambar, Daniel Pavel e losef Molnar,
condannati nel giudizio di primo grado ed estranei al presente giudizio di
legittimità.
In questa cornice, le attività investigative consentivano di delineare le
modalità con cui si svolgevano le condotte illecite contestate agli imputati,
evidenziando che per l’erogazione di tali prestazioni veniva pattuito un
corrispettivo variabile, sul quale non si soffermavano analiticamente le
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La sentenza di primo grado, nel resto, veniva confermata.

sottostanti sentenze di merito, che ritenevano invece dimostrato il
coinvolgimento degli imputati sulla base del contenuto delle captazioni
telefoniche acquisite nel corso delle indagini preliminari, che veniva correlato
all’individuazione di una parte dei lavoratori che, introdotti illegalmente nel
territorio italiano, venivano fatti lavorare in nero alle dipendenze di ditte
collegate ai Cutilli.
Questa ricostruzione dei fatti di reato in contestazione veniva ulteriormente
correlata alle deposizioni testimoniali di alcuni soggetti indirettamente coinvolti

– che prestava servizio quale segretaria presso la ditta dei Cutilli – la quale
forniva alcune indicazioni utili a chiarire la natura dell’impiego lavorativo di tali
lavoratori stranieri e le modalità di formazione delle buste paga mensili con cui
venivano pagati.
Analogo rilievo probatorio veniva attribuito alle dichiarazioni rese da teste
Mario Chiavaroli, che gestiva l’attività contabile e amministrativa della ditta di
autotrasporti in esame, il quale riferiva che i Cutilli impiegavano alle loro
dipendenze numerosi cittadini stranieri, precisando che nei confronti di taluni di
essi, al momento dell’avvio delle indagini, era in corso la procedura di
regolarizzazione del loro soggiorno nel territorio italiano.
Infine, per quanto riguarda la posizione dell’imputato Enzo Cutilli, deve
42.coLucido

rilevarsi che la sentenza di e( grado, in accoglimento del ricorso proposto dal
pubblico ministero, lo riteneva colpevole delle ipotesi di reato ascrittegli,
condannandolo alla pena di anni due e mesi otto di reclusione e 10.000,00 euro
di multa, interamente condonata, sul presupposto che le intercettazioni
telefoniche acquisite nel corso delle indagini preliminari imponevano di ritenerlo
pienamente coinvolto nella gestione delle attività illecite contestate ai suoi
familiari.
Si riteneva, in particolare, che tali conversazioni evidenziavano come
l’imputato aveva compiuto atti diretti a favorire l’ingresso nel territorio italiano
del cittadino rumeno Gelu, poi effettivamente verificatosi, impiegandolo nella
ditta di autotrasporti di famiglia, senza regolare contratto e in condizioni
lavorative deteriori.
Sulla scorta di tali elementi processuali gli imputati venivano condannati alle
pene richiamate in premessa.

4. Avverso la sentenza di appello venivano proposti due distinti ricorsi per

cassazione.

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LA)-

/

nella gestione lavorativa degli immigrati clandestini, tra cui Antonella Barbacane

4.1. Con il primo di tali ricorsi, gli imputati Paolo Cutilli, Enzo Cutilli e Romeo
Cutilli, a mezzo del loro difensore, ricorrevano per cassazione proponendo sette
distinte doglianze.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione agli artt. 36, 42 e 43 cod. proc. pen., con riferimento
alla nullità dell’udienza preliminare del 30/11/2006, conseguente al fatto che il
giudice dichiarava di astenersi dalla trattazione del procedimento, disponendo la
trasmissione del verbale di udienza al Presidente del Tribunale di Pescara e non

pen.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione all’art. 12, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 286 del 1998,
conseguente al fatto che l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina – relativamente alla sola posizione dell’imputato Paolo Cutilli veniva svolta nei confronti di soggetti che non erano stati identificati nel corso
delle indagini preliminari, non consentendo di ritenere sussistente gli elementi
costitutivi dell’ipotesi di reato contestata.
Con il terzo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione, in relazione
ai motivi di appello relativi al capo 7) della rubrica, costituenti il terzo e il quarto
motivo dell’impugnazione proposta nell’interesse dei ricorrenti, sui quali doveva
riscontrarsi un’assoluta assenza della motivazione della sentenza impugnata, a
fronte delle specifiche doglianze difensive.
Con il quarto motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione, in relazione
ai motivi di appello relativi ai capi 4), 5), 6), 10) della rubrica, costituenti il terzo
motivo dell’impugnazione proposta nell’interesse dei ricorrenti, sui quali doveva
riscontrarsi un’assoluta assenza della motivazione della decisione di appello, a
fronte delle specifiche doglianze difensive, in termini sostanzialmente assimilabili
a quelli sottoposti all’attenzione di questa Corte con il precedente motivo di
ricorso.
Con il quinto motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione, in relazione
all’accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Pescara, in ordine alla contestazione elevata all’imputato Enzo Cutilli
al capo 6) della rubrica, rispetto alla quale era stata effettuata un’incongrua
valutazione del contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate nelle date
del 17/02/2005 e del 19/02/2005, nei termini analizzati nelle pagine 8 e 9
dell’atto di impugnazione in esame.
Con il sesto motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione relativamente
alla sola posizione dell’imputato Paolo Cutilli, in relazione al settimo motivo
dell’appello proposto nel suo interesse – specificamente riguardante la mancata
6

PaJ

degli atti processuali, così come espressamente previsto dall’art. 36 cod. proc.

concessione delle attenuanti generiche in favore del ricorrente – sul quale
doveva riscontrarsi l’assenza della motivazione della sentenza impugnata, a
fronte delle specifiche doglianze difensive, in termini sostanzialmente assimilabili
a quelli sottoposti all’attenzione di questa Corte con il terzo e il quarto motivo di
ricorso.
Con il settimo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione ai motivi di appello relativi ai capi 5), 6) e 8) della
rubrica, costituenti il terzo motivo dell’appello proposto nell’interesse

motivazionale.
In tale ambito, in particolare, si evidenziava che la Corte territoriale avrebbe
dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione dei reati di cui ai capi 12)-24) della
rubrica nei confronti di Romeo Cutilli ed Enzo Cutilli, estendendo l’analoga
statuizione processuale relativa alla posizione di Paolo Cutilli, posto che la
prescrizione si estende al coimputato non appellante anche dopo il passaggio in
giudicato della sentenza.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.

4.2. Con il secondo di tali ricorsi, l’imputato Costei Daniel Iuriea, a mezzo
del suo difensore, ricorreva per cassazione proponendo quattro distinte doglianze
difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione della
sentenza di appello, relativamente alla parte in cui veniva confermata il giudizio
di responsabilità penale dello Iuriea formulato dal Tribunale di Pescara, in ordine
al reato di cui al capo 4) della rubrica, senza riqualificare la fattispecie di reato
contestata al ricorrente, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 286 del
1998, così come imposto dalle emergenze processuali.
Con il secondo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione della
sentenza di appello, relativamente alla parte in cui veniva confermata la
responsabilità penale dello Iuriea, così come statuita dal giudice di primo grado,
in ordine al reato di cui al capo 5) della rubrica, senza riqualificare la fattispecie
contestata ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998, in termini
analoghi a quelli prospettati con il motivo precedente.
Con il terzo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione della sentenza
di appello, relativamente alla parte in cui veniva confermata la responsabilità
penale dello Iuriea in ordine al reato di cui al capo 9) della rubrica statuita dal
Tribunale di Pescara, senza alcuna riqualificazione della fattispecie contestata al

dell’imputato Paolo Cutilli, sul quale doveva riscontrarsi un’assoluta carenza

ricorrente ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998, nei termini
già esaminati.
Infine, con il quarto motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione della
sentenza di appello, relativamente alla parte in cui veniva confermata la
responsabilità penale dello Iuriea in ordine al reato di cui al capo 10), senza
alcuna riqualificazione della fattispecie contestata ai sensi dell’art. 12, comma 1,
del d.lgs. n. 286 del 1998, negli stessi termini di cui ai motivi precedenti.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi proposti nell’interesse di Paolo Cutilli, Enzo Cutilli, Romeo Cutilli e
Costei Daniel Iuriea sono infondati nei termini di cui appresso.
In questo contesto processuale, prima di esaminare il merito di
impugnazioni, occorre affrontare una questione ermeneutica comune alle
censure proposte nell’interesse dei ricorrenti, evidenziando che nella verifica
della congruità dei rilievi critici mossi alla sentenza impugnata, tale
provvedimento decisorio non può essere valutato isolatamente, ma deve essere
esaminato in stretta correlazione con la sentenza di primo grado che, nel nostro
caso, risulta emessa dal Tribunale di Pescara il 16/12/2011.
Entrambe tali decisioni, infatti, si sviluppano secondo linee logiche e
giuridiche pienamente concordanti, con la conseguenza che – sulla base del
consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità – la motivazione della
sentenza di primo grado, sul piano argomentativo, si salda con quella della
decisione di appello, formando un corpo motivazionale unitario e un inscindibile
complesso processuale, a prescindere da eventuali richiami a singoli passaggi
argomentativi del provvedimento in esame, effettuati dalla difesa della ricorrente
allo scopo di evidenziarne l’incongruità motivazionale (cfr. Sez. 3, n. 13926
dell’01/12/2011, Valerio, Rv. 252615).
In tale ambito sistematico, per comprendere quanto si sta affermando in
ordine all’unitarietà del complesso motivazionale rappresentato dalle sottostanti
sentenze di merito, ci si può limitare a ribadire la giurisprudenza di questa Corte,
secondo la quale: «Ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la
struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo
grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i
giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri
omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi
logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione

impugnata.

degli elementi di prova posti a fondamento della decisione» (cfr. Sez. 3, n.
44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).

2. Fatta questa indispensabile premessa sistematica, innanzitutto, occorre
esaminare i ricorsi proposti congiuntamente nell’interesse degli imputati Paolo
Cutilli, Enzo Cutilli e Romeo Cutilli, di cui se ne deve rilevare l’infondatezza, nei
termini di cui appresso.

dei ricorrenti Paolo Cutilli, Enzo Cutilli e Romeo Cutilli, si deduceva violazione di
legge e vizio di motivazione, in relazione alla nullità dell’udienza preliminare,
celebrata davanti al G.U.P. del Tribunale di Pescara il 30/11/2006, per violazione
degli artt. 36, 42 e 43 cod. proc. pen.
La nullità dedotta, in particolare, conseguiva al fatto che il giudice
dell’udienza preliminare, in quella occasione, dichiarava di astenersi dalla
trattazione del procedimento, disponendo la trasmissione del verbale di udienza
al Presidente del Tribunale di Pescara, senza trasmettere contestualmente il
fascicolo processuale, in palese violazione della previsione dell’art. 36 cod. proc.
pen.
Tale doglianza difensiva è infondata, dovendo in proposito rilevarsi che il
Presidente del Tribunale di Pescara, con decreto emesso il 20/12/2006,
disponeva la sostituzione dell’originario giudice dell’udienza preliminare, all’esito
di un procedimento incidentale svoltosi correttamente sulla scorta della
dichiarazione di astensione ritualmente formulata all’udienza del 30/11/2006. Ne
consegue che, nel caso di specie, il giudice dell’udienza preliminare non si
limitava a rinviare il procedimento ad altra udienza, ma attivava correttamente
la procedura prevista dall’art. 36 cod. proc. pen., che si concludeva con il decreto
presidenziale sopra richiamato, che veniva adottato nel rispetto dei parametri
ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 45378 del
12/10/2004, Antonini, Rv. 230363).
La sequenza procedimentale nell’ambito della quale interveniva
l’autorizzazione all’astensione considerata, dunque, si sviluppava correttamente,
come rilevato dalla stessa Corte territoriale che evidenziava come il decreto
presidenziale emesso il 20/12/2006, con il quale l’originario giudice dell’udienza
preliminare era stato sostituito, era stato adottato dal Presidente del Tribunale di
Pescara nel rispetto del combinato disposto derivante dagli artt. 36 e 43 cod.
proc. pen.
Queste ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva
esaminata.
9

2.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto congiuntamente nell’interesse

2.2. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso con riferimento
al secondo motivo di ricorso, proposto con riguardo alla posizione del ricorrente
Paolo Cutilli – quale concorrente di Costea Daniel Iuriea – con cui si deduceva
violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla sussistenza degli
elementi costitutivi del reato di cui all’art. 12, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 286 del
1998, conseguente al fatto che il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
riguardava soggetti che, in larga parte, non erano stati identificati nel corso delle
indagini preliminari.

veniva favorito l’ingresso nel territorio italiano da parte di Paolo Cutilli, in
concorso con lo Iuriea, non venivano compiutamente identificati, atteso che nel
provvedimento impugnato venivano esplicitamente menzionati e
nominativamente indicati, nelle pagine 8-11, i cittadini stranieri di cui il
ricorrente intendeva consentire l’ingresso illegale nel nostro Paese. Ci si riferisce,
in particolare, a Florin Popa, cui ci si riferiva a pagina 8 in relazione al capo 4); a
Gheorghe Burdarus, cui ci si riferiva a pagina 9 in relazione al capo 5); al
cittadino rumeno di Neagu Gelu, cui ci si riferiva a pagina 9 in relazione al capo
6); al cittadino rumeno Poli, al quale ci si riferiva a pagina 10 in relazione al capo
10).
A queste dirimenti considerazioni occorre aggiungere che tale doglianza
difensiva non tiene conto della natura di reato eventualmente permanente della
fattispecie di reato di cui all’art. 12, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 286 del 1998,
congruamente vagliata nelle sottostanti sentenze di merito, nel valutare la quale
occorre evidenziare che tale ipotesi, per il suo perfezionamento, non richiede che
l’ingresso illegale dello straniero sia effettivamente avvenuto, conformemente al
seguente principio di diritto: «Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina […] ha natura eventualmente permanente e non richiede, per il suo
perfezionamento, che l’ingresso illegale dello straniero sia effettivamente
avvenuto. Ove, tuttavia, ciò si verifichi, la permanenza cessa comunque nel
luogo e nel momento in cui si realizza l’introduzione illegale nel territorio
nazionale e non rileva, quindi, la destinazione finale dello straniero» (cfr. Sez. 3,
n. 25827 del 19/05/2005, Nikolli, Rv. 232390).
Queste ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva
esaminata.

2.3. Parimenti infondato deve ritenersi il terzo motivo di ricorso, riguardante
l’insussistenza del reato contestato al capo 7) della rubrica – contestato al solo
Paolo Cutilli – ai sensi dell’art. 12, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, cui

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Deve, in proposito, rilevarsi che non corrisponde al vero che i soggetti di cui

andava correlata, in via subordinata, la mancata derubricazione del reato in
quello di cui all’art. 22 dello stesso decreto.
Deve, in proposito, rilevarsi che, al contrario di quanto dedotto dal
ricorrente, a tale doglianza difensiva la Corte territoriale forniva esaustiva
risposta a pagina 10 della sentenza impugnata, soffermandosi analiticamente
sugli elementi probatori dai quali desumere l’attività concretamente svolta da
Paolo Cutilli con riferimento all’ingresso irregolare nel territorio italiano del
cittadino straniero Neagu Gelu, che imponeva di ritenere dimostrata la fattispecie

del d.lgs. n. 286 del 1998.
Con specifico riferimento alla condotta delittuosa contestata al capo 7) della
rubrica, nel passaggio motivazionale richiamato, si evidenziava che il Cutilli
aveva acconsentito a fare entrare Neagu Gelu nel territorio italiano, utilizzando le
abituali modalità operative, impiegandolo nella propria ditta trasporti e
sottoponendolo a «condizioni di lavoro deteriori rispetto a quelle previste dalla
normativa in materia».
Queste ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva in
esame.

2.4. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso con riferimento
al quarto motivo di ricorso, in ordine all’omessa motivazione sulle censure
processuali sollevate con l’atto di appello, le cui ragioni di omogeneità ne
impongono la trattazione congiunta.
Con tali doglianze, in particolare, la difesa dei ricorrenti lamentava la
mancanza di motivazione in relazione ai motivi di appello, richiamati in termini
generici e privi di specificità nel ricorso in esame, riguardanti il capo 7), oggetto
del terzo e del quarto motivo di appello; nonché i capi 4), 5), 6), 10), oggetto
del terzo motivo di appello.
Deve, innanzitutto, rilevarsi che le doglianze difensive in esame risultano
generiche e sprovviste di specificità, non consentendo di enucleare le ragioni di
fatto e di diritto sottostanti alle censure processuali. Sul punto, occorre
richiamare la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo la quale, nel
ricorso per cassazione, non possono trovare accoglimento i motivi di ricorso non
specifici, ossia generici e indeterminati, che si limitano a riproporre le stesse
ragioni ritenute infondate dal giudice dell’appello o che risultano carenti della
necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (cfr. Sez. 4, n. 18826 del
09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849).

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contestata al capo 7) e non ne consentiva la derubricazione ai sensi dell’art. 22

A tutto questo deve aggiungersi che l’assunto difensivo da cui muove il
ricorrente risulta smentito dalle evidenze processuali, atteso che la decisione
impugnata risultando confermativa del provvedimento di primo grado,
legittimamente compie una valutazione complessiva delle risultanze probatorie
del procedimento sottostante, valutabile alla luce della giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui: «È legittima la motivazione della sentenza di secondo grado
che, disattendendo le censure dell’appellante, si uniformi, sia per la “ratio
decidendi”, sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati dal

assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione. Nell’ipotesi in cui
siano dedotte questioni già esaminate e risolte, oppure questioni generiche,
superflue o palesemente inconsistenti, il giudice dell’impugnazione può motivare
“per relationem” e trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti,
generici o manifestamente infondati» (cfr. Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re
Carlo, Rv. 215722).
A ciascuna delle imputazioni contestate dalla difesa dei ricorrenti, invero, la
Corte territoriale, tenendo conto delle emergenze processuali consacrate nel
giudizio di primo grado, dedicava un’autonoma valutazione giurisdizionale del
compendio probatorio acquisito nel corso dell’istruttoria dibattimentale,
soffermandosi analiticamente sulla posizione processuale di Romeo Cutilli nelle
pagine 4 e 5 della sentenza impugnata; sulla posizione processuale di Enzo
Cutilli nelle pagine 4, 5, 6, 7; sulla posizione processuale di Paolo Cutilli nelle
pagine 4, 5, 7, 8, 9, 10.
Queste ragioni processuali impongono di ritenere infondato il quarto motivo
di ricorso.

2.5. Deve ritenersi infondato il quinto motivo di ricorso, con cui si deduceva
vizio di motivazione, in relazione all’accoglimento del ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara in ordine alla
contestazione elevata a Enzo Cutilli al capo 6) della rubrica, rispetto alla quale
era stata effettuata un’incongrua valutazione della pregnanza probatoria delle
conversazioni telefoniche intercettate nelle date del 17/02/2005 e del
19/02/2005.
Deve, invero, rilevarsi che l’univocità del materiale probatorio fondato sulle
intercettazioni telefoniche del 17/02/2005 e del 19/02/2005, nelle quali risultava
coinvolto Enzo Cutilli, veniva ulteriormente riscontrato dalle verifiche eseguite
dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari – con particolare
riferimento al trasporto del cittadino rumeno Neagu Gelu – sui cui esiti

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primo giudice, soprattutto se la consistenza probatoria di essi è così prevalente e

incontroversi si soffermavano i giudici di appello, nelle pagine 9 e 10, con una
ricostruzione esente da smagliature processuali.
La linearità e la congruità dei passaggi argomentativi dedicati alle captazioni
telefoniche sopra richiamate induce questa Corte a ritenere superfluo ogni
ulteriore approfondimento sul contenuto di tali captazioni, peraltro ammissibile
nei soli limiti prefigurati dalla giurisprudenza di legittimità, certamente irrilevanti
nel caso di specie, secondo cui: «In materia di intercettazioni telefoniche,
costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di

apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti
della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono
recepite» (cfr. Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784).
Queste ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva in
esame.

2.6. Parimenti infondato deve ritenersi il sesto motivo di ricorso, relativo
all’incongruità dosimetrica della pena irrogata a Paolo Cutilli, conseguente alla
mancata concessione delle attenuanti generiche che si imponeva tenuto conto
del modesto disvalore delle condotte illecite ascrittegli.
In relazione a tale motivo di ricorso, occorre innanzitutto rilevare che tale
doglianza risulta proposta in termini generici e indeterminati, analogamente a
quanto già evidenziato con riferimento al quarto motivo di ricorso, cui si deve
rinviare, risultando le censure processuali proposte carenti della necessaria
correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione (cfr. Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012,
Pezzo, cit.).
Nel caso di specie, la difesa del ricorrente non poteva limitarsi a richiamare
genericamente le doglianze difensive poste a fondamento dell’atto di appello, ma
doveva enucleare le ragioni di fatto e di diritto che dovevano sostenerle nella
vicenda processuale oggetto di cognizione, facendo conseguentemente
riferimento alle ragioni che imponevano l’applicazione dei principi genericamente
invocati nell’atto di impugnazione (cfr. Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, Verga,
Rv. 211469).
A tali dirimenti considerazioni occorre aggiungere che, con specifico
riferimento al disvalore delle condotte ascritte a Paolo Cutilli, nelle sottostanti
sentenze di merito, si faceva riferimento al ruolo assunto dal ricorrente nella
gestione delle attività illecite in esame, che veniva congruamente valutato
tenendo conto dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. Tali elementi valutativi,
a loro volta, come evidenziato a pagina 10 della sentenza impugnata, andavano
13

merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui

ulteriormente correlati ai precedenti specifici gravanti sull’anagrafe giudiziaria del
ricorrente, che venivano valutati negativamente anche ai fini della concessione
dell’indulto nel giudizio di appello.
Queste ragioni impongono di ritenere infondate le doglianze difensive in
esame.

2.7.

Parimenti infondato deve ritenersi il settimo motivo di ricorso,

riguardante l’estensione della declaratoria di intervenuta prescrizione dei reati di

provvedimento impugnato nei confronti di Romeo Cutilli ed Enzo Cutilli, sul
presupposto che la prescrizione si estende al coimputato non appellante anche
dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Deve, in proposito, rilevarsi che la sentenza emessa il 29/01/2014 dalla
Corte di appello dell’Aquila, con la quale veniva emessa declaratoria di
intervenuta prescrizione nei confronti di Paolo Cutilli per i reati di cui ai capi 12)24) della rubrica, non può esplicare i suoi effetti estensivi anche nei confronti
degli altri imputati Romeo Cutilli ed Enzo Cutilli, non potendo beneficiare tali
ricorrenti del proscioglimento del coimputato in questione, essendosi formato il
giudicato di colpevolezza nei loro confronti prima del verificarsi dell’effetto
estintivo richiamato.
Sul punto, si ritiene utile richiamare la giurisprudenza di legittimità
consolidata secondo cui: «La declaratoria di estinzione del reato non può essere
pronunciata anche nei confronti del coimputato non impugnante in forza
dell’effetto estensivo dell’impugnazione di cui all’art. 587 cod. proc. pen., se il
giudicato di colpevolezza si è formato nei suoi confronti prima del verificarsi
dell’effetto estintivo, in ragione del decorso del termine di prescrizione
successivamente alla emissione della sentenza» (cfr. Sez. U, n. 19054 del
20/12/2012, dep. 2013, Vattani, Rv. 255297).
Ne discende conclusivamente che, tenuto conto della formazione del
giudicato di colpevolezza nei confronti di Enzo Cutilli e Romeo Cutilli e della
sentenza di appello in esame, l’applicazione dei parametri ermeneutici sopra
richiamati non consente l’estensione della declaratoria di prescrizione
pronunciata nei confronti di Paolo Cutilli ai coimputati non appellanti Enzo Cutilli
e Romeo Cutilli.
Queste ragioni impongono di ritenere infondate la doglianza difensiva in
esame.

3. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso in relazione al
ricorso proposto nell’interesse dell’imputato Costei Daniel Iuriea.
14

cui ai capi 12)-24) della rubrica pronunciata in favore di Paolo Cutilli con il

Con tale ricorso la difesa dello Iuriea, con quattro distinti motivi di ricorso,
deduceva vizio di motivazione della sentenza di appello nella parte in cui veniva
erroneamente confermata la responsabilità penale dello Iuriea in ordine alle
ipotesi di reato di cui ai capi 4), 5), 9), 10) della rubrica, senza al contempo
provvedere a riqualificare la fattispecie contestata ai sensi dell’art. 12, commi 1
e 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, così come richiesto – in via subordinata alla
formulazione di un giudizio di colpevolezza – nell’interesse del ricorrente.
Queste doglianze difensive devono essere esaminate congiuntamente,

dell’inquadramento della fattispecie di reato contestate al ricorrente ai capi 4),
5), 9), 10) della rubrica e agli elementi probatori in base ai quali, nelle
sottostanti sentenze di merito, si giungeva alla formulazione di un giudizio di
colpevolezza nei confronti dello Iuriea.
In questo contesto processuale, prima di passare all’esame delle specifiche
doglianze difensive, occorre preliminarmente richiamare i principi ermeneutici
esaminati nel paragrafo 1, cui si deve rinviare, con riferimento alla correlazione
motivazionale dei sottostanti provvedimenti di merito, tale da dare vita a un
corpo argomentativo unitario e a un inscindibile complesso processuale (cfr. Sez.
3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, cit.).

3.1.

Nella cornice ermeneutica richiamata, deve osservarsi che, sulla

questione sollevata dalla difesa dello Iuriea, entrambi i giudici merito si erano
soffermati con argomenti processuali congrui ed esplicitati in termini pienamente
conformi alla giurisprudenza di legittimità consolidata (cfr. Sez. 1, n. 40624 del
25/03/2014, Scarano, Rv. 259922).
Deve, innanzitutto, rilevarsi che il materiale probatorio esaminato nelle
sottostanti sentenze di merito si componeva di due differenti tipologie dì prova,
rappresentate, per un verso, dalle intercettazioni telefoniche acquisite nel corso
delle indagini preliminari nei confronti dello Iuriea, per altro verso, dalle
dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti, a vario titolo, nelle attività illecite svolte
dal ricorrente. In questo contesto processuale, le fonti di prova raccolte nel corso
delle indagini preliminari venivano correlate tra loro e riscontrate nel corso
dell’istruttoria dibattimentale, consentendo ai giudici di merito di esprimere, con
un percorso argomentativo immune da censure processuali, un giudizio di
responsabilità nei confronti dello Iuriea, nei termini correttamente esplicitati
nelle pagine 11 e 12 del provvedimento impugnato.
In questa contesto probatorio, l’assunto difensivo posto a fondamento del
ricorso in esame, secondo cui il ricorrente non aveva piena consapevolezza delle
condizioni di lavoro deteriore alle quali i lavoratori rumeni fatti entrare
15

fondandosi su censure processuali omogenee, afferenti al duplice piano

illegalmente in Italia venivano adibiti, risulta smentito dalle emergenze
processuali che impongono di ritenere lo Iuriea indispensabile per il
funzionamento del meccanismo di utilizzazione illecita dei lavoratori stranieri che
si sta considerando. Tale consapevolezza, invero, risulta univocamente
dimostrata sulla base degli elementi probatori acquisiti, univocamente orientati a
considerare il ricorrente personalmente coinvolto nelle attività di
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina contestategli ai capi 4), 5), 9),
10) della rubrica, nei termini ineccepibili esplicitati nelle pagine 10 e 11 della

Sul punto, si ritiene utile richiamare il passaggio argomentativo esplicitato a
pagina 11 del provvedimento impugnato, nel quale la Corte territoriale, nel
ribadire la ricorrenza degli elementi costitutivi del reato di cui agli artt. 12,
commi 1 e 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, con specifico riferimento alle ipotesi di
reato contestate allo Iuriea ai capi 4), 5), 9), 10), affermava che l’imputato «era
al corrente delle condizioni di lavoro deteriori, rispetto a quelle garantite dalle
norme all’epoca vigenti in materia, cui sarebbero stati soggetti i lavoratori
rumeni portati in Italia, giacché egli, lavorando nell’azienda del Cutilli, aveva
avuto modo di vedere in che modo venivano utilizzati i lavoratori e come
venivano pagati, conosceva i lavoratori fatti entrare in Italia e aveva contatti con
loro».

3.2. Quanto alla correlata censura, relativa all’incongrua interpretazione
delle intercettazioni telefoniche acquisite nel corso delle indagini preliminari,
deve rilevarsi che i giudici di merito effettuavano una ricostruzione puntuale del
compendio probatorio, come ci viene dimostrato dalla disamina delle captazioni
utili all’accertamento delle responsabilità dello Iuriea, che consentivano di
verificare la sua elevata capacità criminale.
Nei sottostanti giudizi, in particolare, si evidenziava che il ricorrente era in
grado, in tempi rapidi e dietro corresponsione di somme di denaro, di procurare
manodopera straniera, così come reso evidente dalla gestione delle cittadine
rumene Donna Costin e Antoneta Mihaila – che erano entrate in Italia munite di
un visto turistico – alla quale ci si riferiva a pagina 11 del provvedimento
impugnato, segnalandone l’impiego lavorativo in un ristorante di Casalincontrada
gestito da Valentino D’Alessandro.
In questa direzione probatoria, nelle sottostanti sentenze di merito,
venivano richiamate, quanto al capo 4), le conversazioni telefoniche intercettate
nelle date dell’01/11/2014, del 07/11/2014 e del 26/11/2014; quanto al capo 5),
la conversazione telefonica intercettata il 03/12/2014; quanto al capo 9), le
conversazioni telefoniche intercettate nelle date del 29/10/2014 e del
16

sentenza in esame.

07/11/2014; quanto al capo 10), le conversazioni telefoniche intercettate il
12/11/2014. La gran parte di queste conversazioni telefoniche riguardava i
rapporti illeciti intercorrenti tra il ricorrente e i Cutilli, il cui contenuto, come
riferito nelle pagine 9-11 della sentenza impugnata, era costantemente
incentrato sul reciproco scambio di informazioni in ordine alla sistemazione dei
cittadini stranieri e al conseguente guadagno illecito derivante da tale
allocazione.
In ogni caso, l’univocità del materiale probatorio fondato sulle intercettazioni

ulteriormente avvalorata dai riscontri probatori eseguiti dalla polizia giudiziaria
nel corso delle indagini preliminari, sui cui esiti incontroversi si soffermavano
entrambe le sentenze di merito con una ricostruzione logica esente da
smagliature processuali.
La linearità e la congruità dei passaggi argomentativi dedicati alle captazioni
telefoniche acquisite nel corso delle indagini preliminari induce questa Corte a
ritenere superfluo ogni ulteriore approfondimento sul contenuto di tali captazioni,
peraltro ammissibile nei soli limiti prefigurati dalla giurisprudenza di legittimità,
certamente irrilevanti nel caso di specie, nei termini ai quali ci si è già
diffusamente riferiti nel paragrafo precedente nel valutarne la pertinenza
probatoria in relazione alla posizione degli altri ricorrenti (cfr. Sez. 2, n. 35181
del 22/05/2013, Vecchio, cit.).
Occorre, infine, ribadire che le emergenze processuali consentono di
escludere che lo Iuriea non fosse pienamente consapevole delle attività
lavorative alle quali i lavoratori stranieri erano destinati.
Deve, invero, rilevarsi che tale ipotesi si pone in palese contrasto con le
emergenze processuali, che fanno ritenere dimostrate – sulla base degli univoci
elementi probatori che si sono richiamati – le attività delittuose poste in essere
dallo Iuriea, così come contestategli ai capi 4), 5), 9), 10) della rubrica, con il
fondamentale apporto dei suoi concorrenti, il cui coinvolgimento non può essere
messo in discussione. Si trattava, quindi, di prendere in considerazione
un’opzione alternativa a quella correttamente vagliata dai giudici di merito, in
presenza di elementi probatori che consentivano di escluderne la veridicità e la
fondatezza, con la conseguenza che, nel caso in esame, non era ragionevole
attribuire alcun valore alla ricostruzione prospettata dalla difesa del ricorrente in
termini meramente ipotetici, in presenza di fonti di prova che inducevano a
escludere non solo la plausibilità, ma addirittura la verosimiglianza di una siffatta
ricostruzione (cfr. Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, Brancucci, Rv.
252066).

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telefoniche nelle quali risultava coinvolto personalmente lo Iuriea veniva

Queste ragioni impongono di ritenere infondate le doglianze difensive
sottese ai quattro motivi attraverso cui ai articolava il ricorso proposto
nell’interesse di Costei Daniel Iuriea.

4. Per queste ragioni, i ricorsi proposti da Enzo Cutilli, Romeo Cutilli, Paolo
Cutilli e Costei Daniel Iuriea devono essere rigettati, con la conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 novembre 2015.

P.Q.M.

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