Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5819 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5819 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORRADO FILIPPO N. IL 29/11/1977
avverso l’ordinanza n. 101/2012 TRIB.SEZ.DIST. di MARANO DI
NAPOLI, del 20/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/10/2013

Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dr.Piero Gaeta, il
quale ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione dichiari

OSSERVA

Il difensore di fiducia di Corrado Filippi ricorre avverso l’ordinanza del
20.7.2012, emessa nel procedimento di esecuzione dal Tribunale di Napoli,
con la quale è stata rigettata l’istanza di restituzione in termini per proporre
appello avverso la sentenza di condanna n.1022/07 del 6.12.2007, deducendo
che erroneamente il Tribunale ha rigettato l’istanza, obliterando qualsivoglia
spiegazione in ordine all’ipotesi di “caso fortuito” prospettato dall’istante, e
che non era rappresentata unicamente dalla dichiarazione del difensore di
non aver informato il proprio assistito dell’esito dell’udienza, bensì da tutto
ciò che era il contenuto di quella dichiarazione, ovvero una macroscopica
ignoranza, da parte del difensore, di norme processuali penali, di diritto
penale e del codice deontologico forense del tutto imprevedibili, e tali da
aver impedito all’imputato l’esercizio del diritto di scegliere
consapevolmente se impugnare o no la sentenza di condanna emessa nei
suoi confronti.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.
In data 7.10.2013, il difensore deposita memoria con la quale insiste
nell’accoglimento del ricorso e ribadisce che la dichiarazione “mea culpa”
sottoscritta dal difensore di fiducia all’epoca del giudizio di merito, avvocato
Verde, prodotta in sede di incidente di esecuzione, rappresenta la prova della
mancata conoscenza da parte dell’imputato del provvedimento impugnato,

inammissibile il ricorso.

ed è “in ordine al contenuto della stessa che si pone la questione giuridica del
“caso fortuito” sul quale il Tribunale avrebbe dovuto esprimersi”.

Motivi della decisione

1. A sostegno dell’impugnazione è stato addotto un unico motivo con il

quale si deduce la nullità dell’ordinanza impugnata sul rilievo che essa non
ha considerato che la mancata informazione della sentenza di condanna da
parte del precedente difensore di fiducia era stata causata da una
“imprevedibile noncuranza dei più elementari doveri deontologici
dell’avvocato difensore” ( il quale ritenne di omettere tale informazione
sull’erroneo presupposto che il reato – e non la pena – potesse essere oggetto
di un provvedimento di indulto ) tale da integrare l’ipotesi di “caso fortuito”.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale di Napoli, dopo aver evidenziato che alla lettura della
sentenza con motivazione contestuale era assente l’imputato, ma era presente
il suo difensore, ha correttamente ritenuto che l’imputato, assente, era
rappresentato dal difensore, e che quindi non gli spettava alcun avviso;
nell’ipotesi di lettura contestuale della motivazione alla presenza del
difensore di fiducia, infatti, la pubblicazione per lettura equivale, ai sensi
dell’art.545, co.3 c.p.p. a notificazione della sentenza per le parti che sono o
devono considerarsi presenti, e da quel momento decorrono i termini per
impugnare.
Altrettanto correttamente, il provvedimento impugnato ha poi
affermato che da parte dell’imputato non fosse stata fornita alcuna prova di
non aver potuto osservare il termine previsto per proporre impugnazione
per caso fortuito, o forza maggiore, rilevando che a tali fattispecie non
appaiono affatto riconducibili le prospettazioni fornite dal difensore
(all’epoca dei fatti) dell’imputato nel “mea culpa” allegato all’istanza.
3.

Secondo l’indirizzo interpretativo assolutamente prevalente

affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio ritiene di
2

aderire condividendo le argomentazioni addotte a sostegno, il mancato o
inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di
partecipare al processo e di proporre impugnazione, a qualsiasi causa
ascrivibile, non è idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o forza
maggiore che legittimano la restituzione in termini ne’, in caso di sentenza
contumaciale, quella dell’assenza di colpa dell’imputato nel non avere avuto

impugnazione poiché incombe all’imputato l’onere di scegliere un difensore
professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico
conferito (in tal senso, v. Cass. Sez.IV, n. 20655/2012 Rv. 254072; Sez.II, n.
18886/2012 Rv.252812; Sez.I, n. 1801/2012 Rv. 254211; Sez.V, sent.n.
43277/2011 Rv.251695; Sez.II, n. 49179/2003 Rv. 227696; Sez.II, n. 12922/2007
Rv. 236389; Sez.II, n. 48243/2003 Rv. 227085; Sez.I, n. 25905/2001 Rv. 219106.
Nell’unico precedente di senso contrario (v.Cass.Sez.VI, n. 35149/2009 Rv.
244871), citato anche nella memoria prodotta dal difensore, questa Corte ha
annullato con rinvio per accertare la sussistenza o meno del “caso fortuito”,
in un caso invero singolare in cui l’imputato aveva reiteratamente presentato
una dichiarazione di appello all’ufficio matricola della casa circondariale ove
si trovava ristretto, riservando i motivi al difensore di fiducia che l’aveva
assistito in primo grado, motivi però non presentati dal difensore che aveva secondo l’imputato ricorrente – erroneamente ritenuto che non fossero ancora
decorsi i termini di impugnazione).
4. L’art. 175, comma primo, c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero, le
parti private e i difensori sono restituiti nel termine per proporre
impugnazione stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto
osservare per caso fortuito o forza maggiore, e che tale previsione ha una sua
autonomia rispetto a quella contenuta nel comma successivo, e subordina la
restituzione nel termine alla prova dell’impedimento dovuto a caso fortuito o
forza maggiore.
Secondo l’insegnamento di questa Corte (v. Cass.Sez. Un. 11 aprile
2006, n. 14991), costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o
naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che

effettiva conoscenza del provvedimento ai fini della tempestiva

perciò, è irresistibile, mentre il caso fortuito è un dato della realtà
imprevedibile e che soverchia ogni possibilità di resistenza e di contrasto;
connotazione comune ad entrambi è la inevitabilità del fatto, mentre ciò che
caratterizza il caso fortuito è la sua imprevedibilità, e nota distintiva della
forza maggiore è l’elemento della irresistibilità.
Tanto premesso, rileva il Collegio che l’interpretazione letterale dell’art.

175, comma 1, cod. proc. pen. evidenzia la necessità di tenere distinte la
posizione dell’imputato da quella del suo difensore e, quindi, di attribuire
rilievo all’assenza di diligenza non solo del legale, ma anche del suo assistito,
sul quale grava non solo l’onere di effettuare, compatibilmente con le
contingenze e le scansioni temporali del procedimento, una scelta ragionata
del difensore, ma anche di controllare l’esatto adempimento del mandato
difensivo e di adottare tutte le cautele imposte dalla normale diligenza per
vigilare sull’esatta osservanza, da parte del legale, dell’incarico a lui
conferito. La nomina di un difensore di fiducia non può, infatti, giustificare in ogni caso – la mancata attivazione dell’imputato in vista della diretta
acquisizione di notizie sullo stato del procedimento, essendo connaturato al
particolare rapporto fiduciario che lo lega al professionista il diritto-dovere
dell’assistito di rappresentare carenze nell’effettivo esercizio del diritto di
difesa, di chiedere chiarimenti sullo svolgimento della procedura e sulla
strategia difensiva.
La stessa giurisprudenza Cedu, in ordine all’effettività o meno
dell’espletamento dei diritti di difesa, allorché le carenze difensive siano
manifeste, considera “ineffettiva” la difesa solo dopo avere giudicato il
processo nel suo complesso, e non con riferimento ad un singolo atto.
A ciò aggiungasi, infine, che il principio costituzionale di ragionevole
durata del processo impone un onere di diligenza delle parti processuale,
onere gravante sia sul difensore, che deve essere tecnicamente preparato, che
sull’imputato, il quale non può nominare un legale e disinteressarsi del
processo, ma è chiamato, pur dopo il conferimento del mandato fiduciario, a
vigilare sull’operato del professionista soprattutto nei momenti più
significativi come quello dell’impugnazione.
4

Ne consegue che il mancato o inesatto adempimento da parte del
difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa
ascrivibile, consiste in una falsa rappresentazione della realtà, invero
vincibile mediante la normale diligenza ed attenzione, e quindi, come
ritenuto dalla giurisprudenza assolutamente prevalente sopra citata, non è
idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore che si

escludono ogni possibilità di resistenza e di contrasto.
Nè può ragionevolmente essere esclusa, in via presuntiva, la
sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza
dell’incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull’adempimento
defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro
normativo. E nella fattispecie, l’imputato, peraltro assente e non contumace,
era ben a conoscenza della data dell’udienza, in quanto per sua stessa
ammissione non era presente in aula su consiglio dello stesso avvocato, e
pertanto nulla gli impediva di informarsi sull’esito e sugli eventuali rimedi
da esperire.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
liberato in camera di consiglio, 1’11.10.2013.

concretano invece in forze impeditive, non altrimenti vincibili e che

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