Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5812 del 05/12/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5812 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Davide,
Modafferi
nato 1’11.2.1984 a Melito Porto Salvo,
avverso la sentenza della Corte di Appello di
Raggio Calabria, in data 16 maggio 2013, di
conferma della sentenza del Tribunale di Reggio
Calabria – Sezione distaccata di Melito Porto
Salvo, in data 28 settembre 2007;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Alfredo Pompeo
Data Udienza: 05/12/2013
Viola, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Raggio Calabria, con
sentenza in data 16 maggio 2013, confermava la
–
euro 300 di multa pronunciata il 28 settembre 2007
dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione
distaccata di Melito Porto Salvo nei confronti di
Davide Modafferi, dichiarato colpevole del reato di
ricettazione di assegno bancario provento di furto.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo
omessa, insufficiente o
illogica motivazione sia sulla configurabilità del
reato contestato, sia sul trattamento
sanzionatorio.
Il
ricorrente
afferma
cha
la
buona
fede
dell’imputato in merito alla ricezione dell’assegno
dovrebbe dedursi dalla circostanza che egli è stato
identificato dalla persona offesa per conoscenza
diretta perché cliente abituale; né potrebbe essere
valutata negativamente la scelta dell’imputato di
non partecipare alla vita processuale.
La sentenza impugnata,
inoltre, non avrebbe
motivato sulla richiesta di derubricare l’ipotesi
2
condanna alla pena di mesi otto di reclusione ed
contestata in quella di cui all’art. 712 c.p.
Infine, la sentenza impugnata non avrebbe spiegato
le ragioni della mancata applicazione del minimo
edittale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
per la parte in cui contestano l’esistenza e la
logicità di un apparato giustificativo della
decisione, che invece esiste e non è manifestamente
illogico; non consentiti per la parte in cui
pretendono di valutare, o rivalutare, le emergenze
probatorie al fine di trarre proprie conclusioni in
contrasto con quelle del giudice del merito
chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di
fatto che non le compete.
La sentenza ha fatto corretta applicazione dei
principi, pacificamente affermati da questa Suprema
Corte, secondo i quali, ai fini della
configurabilità del reato di ricettazione, la prova
dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche
sulla base dell’omessa o non attendibile
indicazione della provenienza della cosa ricevuta,
la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un
acquisto in mala fede (da ultimo: Sez. 2, n. 29198
3
I motivi del ricorso sono manifestamente infondati
d
del 25/05/2010
–
26/07/2010,
Fontanella,
Rv.
248265), il possesso e/o l’uso di un assegno al di
fuori delle regole che ne disciplinano la
circolazione costituisce elemento di prova, per
conformità ai criteri logici e giuridici, del reato
giustificazioni in ordine all’acquisizione del
titolo (da ultimo: Sez. 2, n. 45569 del 21/10/2009,
Di Chio, Rv. 245631). E’ evidente che, una volta
ritenuta la sussistenza del delitto di
ricettazione, è implicitamente, ma chiaramente,
esclusa la configurabilità della contravvenzione di
cui all’art. 712 c.p.
Per quanto concerne la pena, il giudice di appello
ha espressamente e in modo specifico esaminato e
rigettato le censure difensive, valutando la pena
stessa adeguata alla entità dei fatti e alla
personalità del reo: si tratta di valutazione
discrezionale che, in quanto corretta dal punto di
vista logico e giuridico, non è sindacabile in
questa sede di legittimità.
Alla
inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
valutati i profili di colpa nella determinazione
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di ricettazione, in assenza di plausibili
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2013.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il