Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5811 del 05/12/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5811 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Stefano,
nato a Casarano
Ancora
il 6.4.1975, avverso la
sentenza della Corte di Appello di Lecce, in data
18 marzo 2013, di parziale riforma della sentenza
del G.U.P. del Tribunale di Lecce, in data 30
dicembre 2009;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Alfredo Pompeo
Viola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Data Udienza: 05/12/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il G.U.P. del Tribunale di Lecce, con sentenza in
data 30 dicembre 2009, dichiarava Stefano Ancora
colpevole di molteplici reati in materia di
associazione per delinquere, detenzione e spaccio
condanna veniva confermata dalla Corte di Appello
di Lecce con sentenza del 22 giugno 2001, annullata
dalla Corte di cassazione, con sentenza 11 luglio
2012, con riferimento al delitto di cui all’art. 74
D.P.R. n. 309 del 1990, per essere stato già
giudicato per lo stesso fatto. La Corte di
legittimità rinviava ad altra sezione della Corte
di Appello di Lecce per la rideterminazione della
pena.
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data
18 marzo 2013, riduceva la pena di un anno in base
all’incidenza che il suddetto reato aveva avuto
nella determinazione dell’aumento complessivo di
quattro anni e fissava la pena finale in anni tre
di reclusione.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo
inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale, nonché inesistenza
della motivazione.
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di sostanze stupefacenti e in materia di armi. Tale
Il ricorrente afferma che nella sentenza del G.U.P.
non vi sarebbe alcun riferimento al
quantum di pena
da attribuire al reato di cui all’art. 74 D.P.R. n.
309 del 1990 e, pertanto, la riduzione di pena di
un anno non potrebbe considerarsi automatica e la
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato e
deve essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata, contrariamente a quanto
affermato dal ricorrente, non ha operato una
riduzione “automatica” della pena facendo
riferimento alle determinazioni del primo giudice,
ma ha valutato autonomamente e congruamente
l’incidenza del reato di cui al capo A)
sull’aumento complessivo di quattro anni operato in
primo grado, osservando che tale aumento era dovuto
“prevalentemente” alla “lunga serie degli altri
reati oggetto del presente processo”: si tratta di
valutazione discrezionale, la quale, essendo
corretta dal punto di vista logico e giuridico, non
può essere sindacata in questa sede di legittimità.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
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Corte di Appello avrebbe dovuto motivare sul punto.
valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2013.
P.Q.M.