Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5810 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5810 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di:
Alfredo, nato a Francolise (caserta)
Giuliano Gilio,
13.8.1937,

il 15.12.1972,

nato a Francolise (Caserta) il

Grande Rosa,

il 15.11.1944,

Giuliano

nata a Sparanise (Caserta)

avverso la sentenza della Corte di

Appello di Torino, in data

26

marzo

2013,

di

riforma della sentenza del Tribunale di Torino Sezione distaccata di Moncalieri, in data 20 luglio
2011;

Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;

1

Data Udienza: 05/12/2013

Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Alfredo Pompeo
Viola, che ha concluso per la inammissibilità dei
ricorsi di Giuliano Gilio e Grande Rosa e per
l’annullamento senza rinvio della sentenza nei

capo 11) dell’imputazione, per essere il reato
estinto per remissione della querela, con
rideterminazione della pena in anni tre di
reclusione ed euro 1.333 di multa e con la
dichiarazione di inammissibilità degli altri motivi
di ricorso;
Udito il difensore Giuliano Gilio, avv. Antonio
Strillacci, che si è riportato ai motivi di
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Torino – Sezione distaccata di
Moncalieri, con sentenza in data 20 luglio 2011,
dichiarava Giuliano Alfredo responsabile di plurimi
reati di ricettazione di assegni bancari e falso in
scrittura privata, nonché di plurime truffe, alcune
di queste ultime commesse in concorso con i propri
genitori, Giuliano Gilio e Grande Rosa, anch’essi
condannati con la stessa sentenza.
In esito a gravame degli imputati, la Corte di

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confronti di Giuliano Alfredo con riferimento al

Appello di Torino, con sentenza in data 26 marzo
2013, riformava la sentenza del primo giudice
dichiarando non doversi procedere in ordine ad un
reato di truffa perché estinto per prescrizione e
ad altri due reati di truffa per remissione della

A carico di Giuliano Alfredo, dunque, residuavano
due reati di ricettazione di assegno bancario (capo
1, in esso assorbito il capo 2, e il capo 7, in
esso assorbiti i capi 8 e 10), due reati di falso
in scrittura privata (capi 3 e 5) e dieci reati di
truffa o tentata truffa (capi 4, 6, 11, 14, 18, 21,
22, 23, 24, 25); a carico di Giuliano Gilio era
confermato il concorso nel reato di truffa di cui
al capo 4, e di tentata truffa di cui al capo 6; a
carico di Grande Rosa era confermato il concorso
nei reati di truffa di cui ai capi 4 e 24 e di
tentata truffa di cui al capo 6.
Le truffe commesse da Giuliano Alfredo consistevano
in una fittizia attività di intermediazione nella
vendita di immobili, di cui uno condotto in
locazione dai suoi genitori, che si presentavano
quali proprietari dell’immobile, ovvero in fittizie
vendite via internet, in una di queste procurandosi
un ingiusto profitto a seguito di un pagamento

3

querela.

effettuato dalla persona offesa con vaglia postale
intestato alla madre Grande Rosa, che riscuoteva il
vaglia.
Propongono ricorso per cassazione i difensori degli
imputati.

motivi:
l)

erronea mancata dichiarazione di estinzione del

reato di cui al capo 11 per essere intervenuta
remissione della querela.
Il ricorrente rileva che in atti vi doveva essere
il verbale di remissione della querela effettuata
dall’avv. Vaccaneo per conto delle persone offese
Fabrizio e Argeo Beucci, verbale, in data 27
ottobre 2011, che in effetti la difesa a seguito
della sentenza ha rintracciato e che allega,
unitamente al verbale di accettazione da parte del
procuratore speciale dell’imputato, in data 5
luglio 2013.
2)

erronea applicazione dell’art. 648 c.p. in

riferimento all’art. 43 c.p., nonché assenza e
contraddittorietà della motivazione con riferimento
ai capi di imputazione 1 e 7.
Il ricorrente contesta la sussistenza del dolo in
relazione ai reati di ricettazione di assegni

4

Il difensore di Giuliano Alfredo, deduce i seguenti

bancari.
Con riferimento al reato di cui al capo l), osserva
che l’imputato ha fornito una versione credibile
dei fatti, cioè di avere ricevuto gli assegni quale
rimborso di spese legate ad una vendita

nelle sommarie informazioni rese dai dichiaranti Di
Meo e Iervasi.
Con riferimento al reato di cui al capo 7), osserva
che l’imputato ha fornito numerosi elementi per
identificare il soggetto che gli aveva consegnato
gli assegni e la tesi difensiva meritava un
maggiore approfondimento.
Il ricorrente denuncia, poi, la mancata concessione
dell’ipotesi attenuata di cui al capoverso
dell’art. 648 c.p., poiché il danno patito dalle
persone offese sarebbe di poche centinaia di euro
ed anzi, con riferimento al capo 7), non vi sarebbe
alcun danno trattandosi di assegno versato solo in
garanzia per un acquisto di immobile.
3)

erronea applicazione dell’art. 640 c.p., nonché

assenza e contraddittorietà della motivazione con
riferimento ai capi 3, 4, 5 e 6 dell’imputazione.

Con riferimento a due truffe immobiliari con i
relativi reati satellite, il ricorrente contesta

5

immobiliare, circostanza che troverebbe conferma

l’attendibilità del teste Perrina, affermando che
la tesi difensiva secondo la quale lo stesso
Perrina aveva dato incarico a Giuliano di vendere
l’immobile risulterebbe da molteplici elementi, tra
i quali la circostanza che Giuliano si era attivato

ed era riuscito a farlo concedere. La sentenza
impugnata non avrebbe fornito alcuna
giustificazione razionale del perché le sole
dichiarazioni a carico dell’accusato fossero idonee
a fondare la statuizione di condanna.
4)

erronea applicazione dell’art. 640 c.p. con

riferimento ai capi 14, 18, 21, 22, 23, 24 e 25
dell’imputazione.
Per quanto concerne la truffe

on line,

il

ricorrente afferma che in realtà esse dovrebbero
essere riqualificate come insolvenza fraudolenta,
essendo stato contestato a Giuliano di avere posto
in vendita un oggetto e di non averlo consegnato
dopo avere ricevuto il suo pagamento, non essendovi
stata simulazione di circostanze e di condizioni
non vere, ma soltanto la volontà di non adempiere
l’obbligazione.
5)

erronea

applicazione

nell’applicazione della pena.

6

dell’art.

640

c.p.

per la concessione di un mutuo ai futuri acquirenti

Il ricorrente lamenta che per il reato ritenuto più
grave, cioè la truffa di cui al capo 4), sia stata
prevista una pena di anni tre mesi otto di
reclusione ed euro 200 di multa, mentre la pena
massima prevista dall’art. 640 è quella di anni tre

6)

mancanza,

contraddittorietà

e/o manifesta

illogicità della motivazione, nonché inosservanza o
erronea applicazione degli artt. 132 e 133 c.p.
Il ricorrente lamenta che sia stata applicata la
pena massima prevista per il delitto di truffa,
senza considerare che non potrebbero ritenersi di
particolare gravità né la condotta dell’imputato né
il danno arrecato alle persone offese. Inoltre,
giudici di merito avrebbero dovuto tenere conto dei
problemi di tossicodipendenza di Giuliano. Nessuna
motivazione,

inoltre,

sarebbe

stata

fornita

sul’entità della diminuzione per le riconosciute
attenuanti generiche e sulla determinazione degli
aumenti per la continuazione.
7)

assoluta carenza e contraddittorietà della

motivazione ed erronea applicazione della legge
penale in ordine alla riduzione di pena ex art. 62
bis c.p.
Il ricorrente denuncia la mancanza di motivazione

7

di reclusione.

sulla riduzione della pena detentiva inferiore ad
un terzo per la concessione delle attenuanti
generiche.
8)

erronea revoca dell’indulto e della sospensione

condizionale della pena.

quale reato più grave quello di ricettazione di cui
al capo l), con la conseguenza che la relativa
condotta, essendo stata commessa nel 2004, non
poteva comportare la revoca dell’indulto.
Inoltre, il ricorrente rileva che ove venisse
rideterminata la pena del reato di truffa e
venissero applicate le attenuanti generiche sì
giungerebbe ad una pena in concreto applicata
inferiore a due anni e, quindi, non sarebbe in ogni
caso possibile disporre la revoca dell’indulto.
Il difensore di Giuliano Gilio,

deduce i seguenti

motivi:
l)

mancanza,

contraddittorietà

e/o manifesta

illogicità della motivazione con riferimento alla
responsabilità per il reato di truffa di cui al
capo 4) dell’imputazione.
Il ricorrente denuncia le plurime contraddizioni
nel portato dichiarativo accusatorio delle persone
offese circa il ruolo concorsuale dell’imputato, il

8

La Corte di Appello avrebbe dovuto considerare

quale non si presentò affatto personalmente quale
proprietario dell’alloggio.
2)

mancanza,

contraddittorietà

e/o manifesta

illogicità della motivazione con riferimento alla
pena.

dai minimi edittali già a livello di
quantificazione della pena base e la mancanza di
motivazione nel calcolo della pena finale.
Inoltre, il giudice di secondo grado avrebbe
erroneamente operato un giudizio di bilanciamento
delle circostanze attenuanti generiche, quando in
realtà nessuna circostanza aggravante era in
contestazione al reo.
Infine, sarebbe sproporzionato l’aumento di pena di
mesi due di reclusione ed euro 100 di multa in
ordine al reato di cui al capo 6) dell’imputazione,
trattandosi oltretutto di truffa solo tentata.
Il difensore di

Grande Rosa,

deduce i seguenti

motivi:
l)

Erronea applicazione degli artt.

640, 40,

secondo comma, e 110 c.p con riferimento ai capi 4)
e 6) dell’imputazione.
Il ricorrente afferma che la trattativa per
l’acquisto della casa è stata condotta da Alfredo

9

Il ricorrente lamenta il sensibile discostamento

Giuliano, i pagamenti sono stati effettuati a lui,
mentre la Grande è rimasta in silenzio nelle due
occasioni in cui gli acquirenti si sono recati
nella casa per visionarla. Si tratterebbe di una
assistenza inerte e senza iniziative; neppure

la condotta di truffa è iniziata in un momento
antecedente alla visita presso l’alloggio e con una
scelta del tutto estranea alla sfera di volontà
della Grande, la quale non rivestiva una posizione
di garanzia per le persone offese e, quindi, la sua
inerzia al momento della loro visita nella casa non
le potrebbe essere imputata ai sensi del secondo
comma dell’art. 40 c.p.
2)

assoluta assenza, carenza e contraddittorietà

della motivazione con riferimento ai capi 4) e 6)
dell’imputazione.
Il ricorrente denuncia la mancanza di motivazione
sul contributo causale o morale dell’imputata e la
carenza di motivazione per quanto concerne la prova
della realizzazione della condotta di reato ai
danni delle persone offese, adducendo i medesimi
argomenti di cui al terzo motivo di ricorso di
Giuliano Alfredo.
3) erronea applicazione degli artt. 640 e 110 c.p.

10

sarebbe ipotizzabile un concorso morale, in quanto

con riferimento al capo 24 dell’imputazione.
Il ricorrente sostiene che la condotta di reato
contestata dovrebbe essere riqualificata quale
insolvenza fraudolenta e che, in ogni caso la
Grande non potrebbe essere ritenuta responsabile

estranea alla condotta di trattativa di vendita
line.

on

Il suo unico apporto causale è stato quello

di prelevare una somma di denaro di 140 euro a
seguito di vaglia postale, ma non vi sarebbe la
prova che essa fosse a conoscenza del fatto che il
figlio vendesse beni via internet.
4)

assoluta carenza e contraddittorietà della

motivazione ed erronea applicazione della legge
penale con riferimento alla riduzione di pena ex
art. 62 bis c.p.
Il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione
sulla riduzione di pena detentiva in misura di
molto inferiore al terzo per la concessione delle
attenuanti generiche.
5)

Mancanza, contraddittorietà

e/o manifesta

illogicità della motivazione, nonché inosservanza o
erronea applicazione della legge penale con
riferimento agli artt. 132 e 133 c.p.
Il ricorrente denuncia il sensibile discostamento

11

del reato, in quanto essa sarebbe rimasta del tutto

dai

minimi

già

edittali

a

livello

di

quantificazione della pena base e la mancanza di
motivazione nel calcolo della pena finale.
Inoltre, sarebbe sproporzionato l’aumento di pena
di mesi due di reclusione ed euro 100 di multa in

trattandosi oltretutto di truffa solo tentata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il motivo di ricorso di

Giuliano Alfredo

concernente l’intervenuta remissione della querela
con riferimento al capo 11) dell’imputazione, visti
gli atti depositati, è fondato e, pertanto, per
questo capo, deve essere pronunciata sentenza di
annullamento.
Gli altri motivi di ricorso di Giuliano, invece,
sono manifestamente infondati ovvero non consentiti
nel giudizio di legittimità e devono essere
dichiarati inammissibili.
Occorre ribadire – con riferimento anche ai ricorsi
degli altri due imputati – che, secondo il costante
insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai
poteri della Corte di cassazione quello di una
“rilettura” degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è,
in via esclusiva, riservata al giudice di merito,

12

ordine al reato di cui al capo 6) dell’imputazione,

senza che possa integrare il vizio di legittimità
la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/42/7/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944; tra le

06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
I

motivi

proposti,

con

riferimento

alla

responsabilità per i reati contestati, tendono,
appunto, ad ottenere una inammissibile
ricostruzione dei fatti mediante criteri di
valutazione diversi da quelli adottati dal giudice
di merito, il quale, con motivazione ampia ed
esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato
le ragioni del suo convincimento.
Per quanto concerne i reati di ricettazione di
assegni bancari, la sentenza impugnata ha chiarito,
con riferimento al capo l), che la tesi difensiva è
stata smentita dalle dichiarazioni testimoniali
assunte, mentre, con riferimento al capo 7), che la
persona indicata dall’imputato come il soggetto che
gli aveva consegnato gli assegni è rimasta
sconosciuta “nonostante le indagini pure attivate
dal P.M.”.
Per quanto concerne le truffe immobiliari, la

13

più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 –

sentenza impugnata attribuisce, in modo non
manifestamente illogico, attendibilità al teste
Perrina, che “ha negato di avere dato mandato ad
Alfredo Giuliano di occuparsi della vendita e ha
altresì disconosciuto la firma per accettazione

promissari acquirenti su sollecitazione del
Giuliano medesimo”.
Per quanto concerne le truffe on line,

la sentenza

impugnata ha correttamente evidenziato gli artifici
e raggiri posti in essere dall’imputato, che
conducono a confermare la qualificazione giuridica
del fatto quale truffa e non insolvenza
fraudolenta, e che sono consistiti, in particolare,
nell’offrire al pubblico un oggetto

ab origine

inesistente, nell’indicare mezzi di pagamento
artefatti nel beneficiario, nel fornire un’utenza
telefonica cui fare riferimento per la garanzia di
funzionamento del bene.
I motivi di ricorso concernenti il trattamento
sanzionatorio sono anch’essi manifestamente
infondati. Premesso che la sentenza di appello non
ripete l’errore del primo giudice e correttamente
indica come pena base per il reato di cui al capo
4) la pena di anni tre ed euro 1.000, la

14

risultante sulle proposte di acquisto formulate dai

motivazione

sul

trattamento

sanzionatorio

è

puntuale e corretta dal punto di vista logico e
giuridico, tenendo conto della “costanza della
pericolosità sociale propria dell’imputato, alla
luce della reiterazione degli illeciti sub ludice”.

dell’indulto è manifestamente infondata, poiché la
sentenza impugnata ha argomentato nel senso che i
fatti di ricettazione non sono antecedenti al 2
maggio 2006 e sul punto il ricorrente non formula
alcuna censura.
La sospensione condizionale, considerata l’entità
della pena, non è applicabile.
In definitiva, in conseguenza della dichiarazione
di estinzione del reato di cui al capo 11), la pena
complessiva per Giuliano Alfredo deve essere
rideterminata in anni tre di reclusione ed euro
1.333 di multa, con condanna al pagamento delle
spese processuali, ai sensi dell’art. 340,comma 4,
c.p.p.
I motivi di ricorso di

Grande Rosa

sono

riferimento

alla

inammissibili.
I

motivi

proposti,

con

responsabilità per i reati contestati, tendono ad
ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti

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Anche la censura relativa alla mancata applicazione

mediante criteri di valutazione diversi da quelli
adottati dal giudice di merito, il quale, con
motivazione ampia ed esente da vizi logici e
giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento.

sentenza impugnata ha precisato che l’imputata,
insieme al marito, era presente nel momento in cui
Giuliano Alfredo presentava “la coppia degli
asseriti proprietari, che erano in realtà i
genitori del Giuliano”, di modo che “è evidente che
entrambi con il loro atteggiamento, attivo quello
dell’uomo e passivo quello della donna, hanno
confermato agli ignari acquirenti l’apparenza di
quanto falsamente dichiarato dal figlio, così
concorrendo con l’illecito di costui”.
Per quanto concerne la truffa

on line,

la Corte di

Appello, con argomentazioni del tutto logiche,
osserva che la Grande aveva personalmente riscosso
il prezzo pattuito, “ciò che esclude una qualche
irresponsabilità o buona fede della donna, rispetto
ad una transazione del tutto anomala operata dal
figlio, sia per la domiciliazione di fantasia cui
questi fece ricorso, sia per il suo oggetto ed il
relativo ambito di attività [. . . ] non può

16

Per quanto concerne le truffe immobiliari, la

tacersi che la datazione del fatto si colloca ad
un periodo assai avanzato ed in cui l’attività
illecita e truffaldina del figlio era dato ormai
conosciuto [. . . ] che la stessa Grande Rosa era
soggetto già coinvolto in illeciti posti in essere

Il motivo di ricorso con il quale si chiede la
diversa qualificazione giuridica del fatto ex art.
641 c.p. è manifestamente infondato per le ragioni
già esposte con riferimento ad analogo motivo di
Giuliano Alfredo.
I motivi concernenti il trattamento sanzionatorio
sono del tutto generici, poiché si limitano a
censurare la pena applicata senza indicare elementi
concreti e specifici che il giudice avrebbe
trascurato nella sua valutazione discrezionale. Il
giudice di legittimità non può sindacare
valutazioni discrezionali del giudice di merito e,
d’altro canto, è principio costantemente affermato
da questa Suprema Corte che l’obbligo di
motivazione in ordine alla determinazione della
pena tanto più si attenua quanto maggiormente la
pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo
edittale, come nel caso di specie (pena base per il
reato di truffa mesi dieci ed euro 400).

17

dal figlio”.

Il motivo di ricorso di

Giuliano Gilio

relativo

alla responsabilità in ordine al reato di truffa di
cui al capo 4) è manifestamente infondato, oltre
che non consentito nel giudizio di legittimità, per
le medesime considerazioni svolte con riguardo

Grande.
I motivi di ricorso concernenti il trattamento
sanzionatorio sono del tutto generici, poiché si
limitano a censurare la pena applicata senza
indicare elementi concreti e specifici che il
giudice avrebbe trascurato nella sua valutazione
discrezionale, tanto più ove si consideri che è
stato accolto il motivo di appello concernente la
concessione delle attenuanti generiche (il
riferimento contenuto in motivazione alla
“prevalenza” è all’evidenza un ininfluente errore
materiale) e rimangono ferme le considerazioni del
primo giudice sulla “partecipazione attiva e
consapevole” dell’imputato ai reati contestati “non
essendosi limitato a fornire la cornice dell’agire
truffaldino del figlio, ma spingendosi invece per
offrirgli un valido ed efficace sostegno e garanzia
per la buona riuscita del piano criminoso”.
Alla inammissibilità dei ricorsi di Giuliano Gilio

18

all’analogo motivo di ricorso proposto dalla

e Grande Rosa consegue la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali, nonché, ai

sensi dell’art. 616, valutati i profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità
emergenti dai ricorsi, al versamento ciascuno della

favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei
confronti di Giuliano Alfredo limitatamente al
reato di cui al capo 11) perché estinto per
remissione della querela, rideterminando la pena
complessiva in anni tre di reclusione ed euro 1.333
di multa, dichiara inammissibile nel resto il
ricorso e condanna il querelato al pagamento delle
spese processuali; dichiara inammissibili i ricorsi
di Giuliano Gilio e Grande Rosa, che condanna al
pagamento delle spese processuali e ciascuno al
versamento della somma di euro 1.000 alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2013.

somma, che si ritiene equa, di euro 1000,00 a

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