Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5809 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5809 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Francesco,

Tetta

nato a Foggia il 4.4.1952, avverso la

sentenza della Corte di Appello di Torino, in data
21 novembre 2012, di parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Cirié, in data 16 luglio
2008;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Alfredo Pompeo
Viola, che ha concluso per l’inammissibilità del

Data Udienza: 05/12/2013

!-

.

ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data
21 novembre 2012, parzialmente riformando la
condanna pronunciata il 16 luglio 2008 dal

Tetta, in relazione al reato di appropriazione
indebita di vari utensili da lavoro di proprietà di
Roberto Spanò proprietario del capannone locato
dall’imputato, riduceva la pena inflitta a mesi sei
di reclusione ed euro 250 di multa.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:
1)

mancanza e contradditorietà della motivazione,

nonché erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p.
Il

ricorrente

lamenta

la

indeterminatezza

dell’accusa, in ragione della impossibilità di
stabilire: l) i termini degli accordi contrattuali
intercorsi tra la persona offesa e l’imputato; 2) i
beni oggetto di contratto di locazione finanziaria
stipulato tra lo Spanò e il primo conduttore al
quale il Tetta era subentrato; 3) l’ammontare dei
versamenti effettuati; 4) e, dunque, i beni che si
dovevano

ritenere

ormai

conduttore.

2

di

proprietà

del

Tribunale di Cirié nei confronti di Francesco

?

Su tutti i suddetti punti evidenziati con l’atto di
appello il ricorrente denuncia l’illogicità delle
risposte fornite dalla sentenza impugnata, la
quale, inoltre, avrebbe adottato una motivazione
contraddittoria rispetto alle emergenze

dibattimentali sia sotto il profilo dell’esistenza
nel capannone di tutti i beni elencati in querela
dallo Spanò al momento del subentro del Tetta nel
contratto di affitto, sia sotto il profilo della
riconducibilità della proprietà di detti beni
ancora allo Spanò, posto che nessuna pattuizione
sarebbe stata presa tra il medesimo e il Tetta. La
testimonianza della persona offesa non sarebbe
sufficiente a fondare un’affermazione di
responsabilità.
2)

erronea applicazione della legge,

in quanto la

testimonianza delle persona offesa non sarebbe
precisa nell’indicare gli importi ricevuti dal
Tetta e, quindi, i beni di cui essa sarebbe
proprietaria. Pertanto, non sarebbe stato provato
che il Tetta avesse il mero possesso dei beni e non
invece la loro proprietà.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi del ricorso sono manifestamente infondati
ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e

3

i

devono essere dichiarati inammissibili.
La sentenza impugnata chiarisce, né il ricorrente
lo contesta, che il contratto relativo ai beni
mobili in discorso rappresentava una sorta di
locazione finanziaria ovvero al più una vendita con

restavano da pagare ancora parecchie rate”. Orbene,
il negozio di locazione finanziaria è privo di
immediato effetto di traslazione della proprietà,
così come nella vendita con riserva di proprietà
ogni effetto normale del contratto si verifica al
momento della stipulazione, all’infuori del
trasferimento della proprietà, che e subordinato
alla condizione sospensiva del pagamento del
prezzo. Pertanto, fino a quando non si verifica il
totale pagamento del prezzo il locatario o il
compratore hanno soltanto il possesso delle cose
compravendute e non potranno disporre di esse
dominus

uti

senza una illecita inversione del titolo

del possesso, che costituirà il fondamento della
loro responsabilità penale per appropriazione
indebita. Le censure del ricorrente, pertanto,
oltre ad essere non consentite in fatto, sono anche
totalmente infondate in diritto.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la

4

riserva di proprietà e “al momento della sparizione

condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene

ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2013.

equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle

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