Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5802 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5802 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Giovanni Destito, quale difensore di Cordì
Domenico (n. il 27.06.1972), avverso la sentenza della Corte d’appello di
Reggio Calabria, Il Sezione Penale, in data 23.01.2013.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Aurelio
Galasso, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’Avvocato Leonardo Mazza — quale sostituto processuale
dell’Avvocato Giovanni Destito, difensore di Cordì Domenico – il quale ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 08/11/2013

OSSERVA:

.

Con sentenza del 24.11.2008, il Tribunale di Palmi — Sezione distaccata
di Cinquefrondi – dichiarò Cordì Domenico responsabile del reato di
ricettazione e lo condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 550,00 di
multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte

d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 23/01/2013, confermò la
decisione di primo grado.
Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo la
manifesta illogicità della motivazione e il travisamento dei fatti. In particolare
rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, il
terreno sul quale è stato ritrovato l’escavatore “Caterpillar” non è di proprietà
dell’imputato e che non è stata accertata neppure la disponibilità di tale
terreno da parte del Cordì (richiama, in proposito, le dichiarazioni del M.Ilo
dei Carabinieri Vitolo di cui al verbale di udienza dell’11.02.2008); inoltre che
il teste Bicaku nelle sommarie informazione rese alla P.G. e acquisite sempre
all’udienza dell’11.02.2008 ha affermato “non ho visto chi l’ha portato o come
è stato portato (l’escavatore)… Non sono in grado di riferire nulla in merito
all’escavatore di cui mi chiede … Non ho visto nulla”. Quindi il Bicaku non ha

affermato di aver visto scaricare l’escavatore da un camion alla presenza del
Cordì, suo datore di lavoro, come afferma, invece, la Corte di appello. Il
difensore dell’imputato contesta, infine, che si possa ritenere sussistente
l’elemento psicologico del reato dal fatto che l’imputato non abbia fornito
alcuna giustificazione sull’escavatore rinvenuto, tra l’altro, su un terreno
neppure di sua proprietà; sostiene, inoltre, che “anche una situazione di mero
dubbio al riguardo comporta l’insussistenza della forma tipica in cui si
sostanzia la colpevolezza”.

Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

2

Il ricorso è manifestamente infondato. Si deve, preliminarmente,
circoscrivere l’ambito dell’esame del presente ricorso. Infatti, con l’appello il
Cordì si doleva, genericamente, per la decisione del giudice di primo grado,
che ha ritenuto la sussistenza dell’elemento psicologico unicamente perché
l’imputato non ha fornito alcuna giustificazione sul possesso del caterpillar di
provenienza furtiva; solo nelle ultime nove righe dell’appello il difensore

Stazione dei Carabinieri Gennaro Vitolo — solleva genericamente la
questione relativa alla proprietà del terreno che secondo il predetto teste
sarebbe di tale Prestia Luigi e non dell’imputato. E’, quindi, evidente: 1) che
la Corte di appello doveva — e, come si dirà più avanti, lo ha fatto in modo
incensurabile – rispondere solo a tali doglianze; 2) che non è consentito
presentare nuove censure, con il ricorso per cassazione, in quanto
dipendenti da valutazione di merito effettuate dal primo Giudice e non
gravate da doglianze, e che dunque si intendono coperte da giudicato per
conseguenza dell’effetto devolutivo dell’appello. (Sez. 4, Sentenza n. 4853
del 03/12/2003 Ud. – dep. 06/02/2004 – Rv. 229374; si veda anche Sez. 3,
Sentenza n. 3445 del 17/12/2008 Cc. – dep. 26/01/2009 – Rv. 242169).
Quindi in questa sede non ci si deve occupare delle dichiarazioni del teste
Bicaku; infatti, come già rilevato, con l’appello non è stata mossa alcuna
doglianza su tale prova e pertanto ciò che il Giudice di primo grado ha tratto
da tali dichiarazioni, per quanto sopra detto, è coperto dal giudicato. Dunque
è provato che: il Caterpillar è stato rinvenuto dai Carabinieri “nascosto tra un
fabbricato rurale ed un capannone adibito a stalla”; che il Caterpillar sia

provento di furto ai danni di Sfascia Silvano; che il Bicaku — che lavorava alle
dipendenze del ricorrente — qualche giorno prima del ritrovamento abbia visto
scaricare l’escavatore Caterpillar “da un grosso camion alla presenza del suo
datore di lavoro”. Pertanto è pienamente provata la provenienza furtiva del

mezzo e il suo possesso da parte del ricorrente. Fermo restando quanto
sopra si deve rilevare, comunque, che il difensore del Cordì ha allegato al
ricorso solo il verbale di sommarie informazioni del Bicaku del 28.12.2003,
dimenticando che alla pagina 1 del fascicolo del dibattimento vi è
l’annotazione di P.G. datata 11.12.2003 ove, per quanto riguarda le
dichiarazioni del Bicaku, è scritto esattamente ciò che si è sopra riportato tra

dell’attuale ricorrente – richiamando la deposizione del Comandante della

virgolette. Inoltre, anche se si volesse considerare solo il verbale di
sommarie informazioni del 28.12.2003 del Bicaku, allegate al ricorso, si
arriverebbe alla stessa conclusione dei Giudici di merito. Invero il Bicaku
conferma di aver visto il 5 o 6 dicembre 2003 un escavatore parcheggiato sul
piazzale della fattoria del Cordì. Quindi anche in questo caso si ha la
conferma che l’escavatore è stato visto nella proprietà del ricorrente e nella

medesima reiterata generica doglianza contenuta nel ricorso relativa alla
proprietà del terreno nel quale l’escavatore è stato ritrovato dai Carabinieri
alcuni giorni dopo ciò che aveva constatato il Bicaku si deve rilevare, innanzi
tutto, che in punto di diritto la sentenza di primo grado e quella di appello,
quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano
vicendevolmente, formando un tutt’uno organico ed inscindibile, una sola
entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di
pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem
a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di
specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 – ud.
18/3/1994 – Rv. 198613; Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 – ud.
29/9/1995 – Rv. 203073). Si deve, poi, osservare che: 1) il difensore del
ricorrente per contestare la proprietà dei terreni o comunque la disponibilità
del terreno dove è stato rinvenuto l’escavatore Caterpillar richiama solo la
deposizione del M.Ilo dei Carabinieri Vitolo. Orbene questi nel verbale di
udienza dell’11.02.2008 rispondendo alle domande su chi fosse il proprietario
del terreno sul quale i Carabinieri hanno ritrovato l’escavatore ha sempre
risposto in modo dubitativo ed ha più volte precisato che egli si è limitato alla
trasmissione degli atti, mentre l’attività investigativa e tutti gli accertamenti
erano stati svolti dal Kilo Paolo Zarra; 2) in ogni caso il difensore
dell’imputato non tiene conto che il rinvenimento dell’escavatore da parte dei
Carabinieri è di qualche giorno successivo (in data 11.12.2003 come
precisato a pagina 3 della sentenza di primo grado) a quando il Bicaku ha
visto l’escavatore parcheggiato sul piazzale della fattoria del Cordì (5 o 6
dicembre 2003) e che anche il luogo di rinvenimento dell’escavatore è
diverso (l’escavatore “era nascosto tra un fabbricato rurale e un capannone

g

sua disponibilità. Infine per quanto riguarda il generico motivo di appello e la

adibito a stalla”, come si legge sempre a pagina 3 della sentenza di primo

grado), mentre nel verbale del 28.12.2003 il Bicaku precisa che l’escavatore
l’ha visto parcheggiato sul piazzale della fattoria del Cordì.
Si deve, infine, rilevare l’assoluta genericità della doglianza relativa alla
sussistenza dell’elemento psicologico del reato a fronte, tra l’altro, di una
doppia conforme sul punto che si fonda su consolidati e condivisi principi di

proposito, si deve rilevare che la decisione dei Giudici di merito è
perfettamente conforme al principio, più volte affermato dalla consolidata
giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale ai fini della configurabilità
del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere
raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della
provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della
volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mela fede
(Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. – dep. 13/03/1997 – Rv.
207313; Sez. 2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003 Ud. – dep. 10/04/2003 Rv. 224634; Sez. 2, Sentenza n. 25756 del 11/06/2008 Ud. – dep.
25/06/2008 – Rv. 241458; Sez. 2, Sentenza n. 29198 del 25/05/2010 Ud. dep. 26/07/2010 – Rv. 248265).
Chiarito ciò, appare evidente che i motivi di ricorso sui quali questa
Corte deve rispondere sono inammissibili per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (già
affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario contenuto di
critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a
precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro
immuni da vizi logici o giuridici. Infatti, la Corte di appello — come detto – ha
ben evidenziato con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria e in
linea con i principi di questa Suprema Corte le ragioni per le quali ritiene
provata la penale responsabilità del Cordì.
Dunque a fronte di quanto sopra esposto, la difesa dell’imputato
contrappone solo astratti principi generali e generiche contestazioni, che non
tengono conto delle argomentazioni della Corte di appello. In particolare non
evidenzia alcuna illogicità o contraddizione nella motivazione della Corte di
appello allorchè conferma la decisione del Tribunale. In proposito questa

questa Suprema Corte. Ebbene, al solo fine di eliminare ogni dubbio in

Corte Suprema ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che
sono inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi
l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non
può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel
vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod.

39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634). Infine, si deve
osservare che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato
a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime
incongruenze (che tra l’altro nel caso di specie non si ravvisano).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, 1’08.11.2013.

proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n.

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