Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5802 del 07/12/2012


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Penale Ord. Sez. 5 Num. 5802 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: FUMO MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GELSOMINO GIOVANNI N. IL 31/03/1967
avverso la sentenza n. 32377/2011 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 09/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;

Data Udienza: 07/12/2012

4.

udito il PG in persona del sost.proc.gen. d.ssa E. Cesqui che ha concluso chiedendo dichiararsi
inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO

2. Gelsomino aveva all’epoca rilevato che la sentenza Scoppola contro Italia,
pronunciata dalla corte europea dei diritti dell’uomo in data 17 settembre 2009, aveva chiarito
che la normativa relativa al giudizio abbreviato, influendo sulla severità della pena, aveva
natura sostanziale e non processuale, con la conseguenza che doveva trovare applicazione la
legge più favorevole all’imputato o al condannato. Per tale ragione, aveva proposto, all’epoca,
ricorso dinanzi a questo giudice di legittimità.
3. La prima sezione della corte di cassazione, tuttavia, con la sentenza sopra ricordata,
ha rigettato il ricorso del Gelsomino, rilevando che il richiamo alla predetta sentenza della corte
europea dei diritti dell’uomo non era pertinente.
4. Con il ricorso straordinario, Gelsomino sostiene che la sentenza della prima sezione
di questa corte, depositata il 9 febbraio 2012, sia affetta da errore di fatto, in quanto la corte
ebbe a ritenere applicabile il principio tempus regit actum, così discostandosi dalla chiara
enunciazione del giudice europeo, il quale, come anticipato, aveva sancito la natura sostanziale
e non processuale delle norme regolatrici del cosiddetto rito abbreviato. Una volta accertata
incontrovertibilmente la natura sostanziale di detta normativa, la corte di cassazione avrebbe
dovuto trarne le logiche conseguenze in tema di sostituzione della pena temporanea a quella
perpetua.
5. In data 21 novembre 2012 è stata depositata dal difensore del Gelsomino memoria ai
sensi dell’articolo 611 del codice di rito, con la quale si ribadisce la tesi illustrata con il ricorso e
si allega la sentenza delle sezioni unite del 19 aprile 2012, ricorrente Giannone, e la sentenza
della prima sezione di questa corte, del 10 gennaio 2012, ricorrente procuratore generale di
Catanzaro nei confronti di Guidi Vincenzo.
5.1. Con riferimento alla prima sentenza, si sostiene che le sezioni unite l allineandosi al
dictum della corte europea, hanno ribadito la natura sostanziale delle norme che comunque
vengono a incidere sulla quantificazione della pena, stabilendo il principio di retroattività della
legge più benevola.
5.2. Con la seconda sentenza, secondo quanto afferma il ricorrente, la prima sezione
aveva respinto il ricorso del procuratore generale, che aveva impugnato l’ordinanza della corte
d’appello di Catanzaro, con la quale era stata disposta la sostituzione della pena temporanea a
quella dell’ergastolo, come richiesto dal Guidi, la cui condanna era intervenuta nel momento in
cui vigeva la legge più sfavorevole.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente va condannato alle spese del grado.
Gelsomino va anche condannato al versamento di somma a favore della Cassa ammende,
somma che si stima equo determinare in euro 1000.
2. Va innanzitutto precisato che la ricordata sentenza delle sezioni unite n. 34233 del
2012, ric. Giannone, RV 252932 ha chiarito che, in caso di condanna all’esito del giudizio
abbreviato, la pena da infliggere per i reati astrattamente punibili con l’ergastolo è quella
prevista dalla legge vigente nel momento della richiesta di accesso al rito: ne consegue che,

1. Gelsomino Giovanni ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 625 bis
cpp avverso la sentenza della prima sezione di questa corte, deliberata nell’udienza camerale
del giorno 11 gennaio 2012 e depositata il successivo 9 febbraio, con la quale era stato
rigettato il ricorso del predetto avverso l’ordinanza della corte d’appello di Caltanissetta del 17
maggio 2011, con la quale era stata respinta l’istanza intesa a ottenere l’applicazione della
legge 479 del 1999, con conseguente sostituzione della pena dell’ergastolo, cui Gelsomino era
stato condannato perché riconosciuto colpevole dei delitti di omicidio volontario ed altro, con la
pena della reclusione di anni 30.

3. Quando, come nel caso di specie, tale presupposto non ricorra, non vi è ragione né
possibilità di attivare “il meccanismo” ex art. 625 bis cpp allo scopo di correggere un presunto
errore di fatto. Invero, ancora le SS. UU. di questa corte hanno chiarito (sent. n. 37505 del
2011, ric. Corsini, RV 2505279 che, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa
dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e
la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì
di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cpp.
3.1. Tale fuorviata rappresentazione percettiva da parte della corte di cassazione
dunque costituisce l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità ed è oggetto del
rimedio previsto dall’art. 625-bis cpp. Esso deve essere stato causato da una svista o da un
equivoco in cui la corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio
stesso e deve essere connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà,
viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali; tanto da aver condotto a una
decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (SS.UU., sent. n. 16103
del 2002, ric. Basile, RV 2212809).
3.2. Dunque è necessario che sia denunciata una disattenzione di ordine meramente
percettivo, causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia immediatamente ed
oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso, e che abbia
determinato una decisione diversa da quella adottata, dovendosi escludere che il rimedio in
oggetto possa essere utilizzato al fine di denunciare un errore di valutazione o di
interpretazione di norme giuridiche (ASN 200902945-RV 242689).
4. Orbene, nel caso che occupa, la prima sezione della corte di cassazione, dopo avere
sintetizzato il quadro normativo come scaturente dalla stratificazione legislativa negli anni dal
1991 al 2001, anche con riferimento alle sentenze della corte costituzionale, ha ritenuto
l’infondatezza del ricorso essendo esso, come si legge in sentenza, “basato su un improprio
richiamo alla sentenza numero 10249/03, con la quale la Grande Chambre ha accolto il ricorso
proposto da Scoppola Franco contro l’Italia”. Si tratta dunque di una valutazione squisitamente
giuridica che non involge alcun errore percettivo di fatto. La prima sezione invero rileva che il
criterio orientativo per individuare il trattamento sanzionatorio da applicare all’imputato che
chiede di avvalersi di rito abbreviato consiste nell’individuazione del momento in cui egli abbia,
non solo chiesto, ma ha anche effettivamente ottenuto di essere giudicato con il rito suddetto.
Poiché il Gelsomino, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, non aveva acquisito
nel proprio patrimonio giuridico il diritto di ottenere l’applicazione del rito abbreviato secondo
le modalità più favorevoli esistenti anteriormente all’entrata in vigore del decreto legge numero
341 del 2000, la prima sezione di questa corte si è determinata al rigetto.
4.1. Come si vede, la corte non ha affatto letto erroneamente gli atti, non ha trascurato
alcun elemento fattuale sottoposto la sua attenzione, ma ha interpretato norme giuridiche
traendone le relative conseguenze e su di esso fonda la sua decisione.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di C 1000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, camera di consiglio, il giorno 7 dicembre 2012.

ove quest’ultima sia intervenuta nel vigore dell’art. 7 DL 341/2000, va applicata (ed
eseguita) la sanzione prevista da tale norma. Ciò in quanto, tra le diverse leggi succedutesi nel
tempo, che prevedono la specie e l’entità della pena da infliggere all’imputato in caso di
condanna all’esito del giudizio abbreviato per i reati astrattamente punibili con l’ergastolo, la
legge intermedia più favorevole non trova applicazione quando la richiesta di accesso al rito
speciale non sia avvenuta durante la vigenza di quest’ultima, ma soltanto successivamente,
nel vigore della legge posteriore che modifica quella precedente.

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