Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5798 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5798 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sui ricorsi proposti dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di
Catanzaro – limitatamente alla statuizione di revoca del provvedimento di
confisca dei beni di Barba Francesco (n. il 23.04.1962) — e da Lo Bianco
Paolo (n. il 27.06.1963), avverso la sentenza della Corte d’appello di
Catanzaro, Il Sezione Penale, in data 21.06.2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Aurelio
Galasso, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso del Procuratore

Q

Data Udienza: 08/11/2013

Generale e l’inammissibilità del ricorso di Lo Bianco Paolo per rinuncia
all’impugnazione.
Udito l’Avvocato Giuseppe Belcastro — in sostituzione dell’Avvocato Antonio
Fuscà per la P.C. Amministrazione provinciale di Vibo Valentia — il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso dell’imputato e per l’accoglimento del
ricorso del Procuratore Generale.

OSSERVA:

Con sentenza del 18.07.2008, il G.I.P. del Tribunale di Catanzaro
dichiarò: Barba Francesco responsabile dei reati di associazione a
delinquere di stampo mafioso (partecipe; capo 1), di detenzione e porto
illegale di una pistola cal. 357 aggravato dall’art. 7 L. 203/1991 (capo 8) e di
detenzione illecita di altre armi, sempre aggravata dall’art. 7 L. 203/1991, poi
cedute a terzi (capo 9); Lo Bianco Paolo responsabile dei reati di
associazione a delinquere di stampo mafioso (stretto collaboratore nelle
funzioni direttive; capo 1) e di estorsione aggravata (capo 18) e li condannò il
primo alla pena di anni 6 di reclusione e il secondo alla pena di anni 10 e
mesi dieci di reclusione; dispose, altresì, la confisca di tutti i beni in sequestro
e di un terreno di proprietà di Barba Francesco.
Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame ma la Corte
d’appello di Catanzaro, con sentenza del 03/05/2010, confermò la decisione
di primo grado.
I predetti imputati ricorsero per Cassazione che, con sentenza del
15.12.2011, annullò senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di
Barba Francesco limitatamente al capo 9 perché il fatto non sussiste e, per
l’effetto, eliminò la corrispondente pena di mesi 4 di reclusione; annullò con
rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Barba Francesco limitatamente
alla confisca e nei confronti di Lo Bianco Paolo limitatamente al capo 18.
La Corte di appello di Catanzaro, Il Sezione penale, con sentenza del
21.06.2012 giudicando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione in riforma
della sentenza del 18.07.2008 del G.I.P. del Tribunale di Catanzaro assolse
lo Bianco Paolo, dal reato di cui al capo 18, perché il fatto non sussiste e,

2

pertanto, eliminò la corrispondente pena di mesi otto di reclusione; revocò il
provvedimento di confisca emesso per Barba Francesco.
Ricorre per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di
Appello di Catanzaro limitatamente alla statuizione di revoca del
provvedimento di confisca emesso per Barba Francesco, Il P.G. deduce che
la Corte di merito ha erroneamente respinto la richiesta di assunzione delle

è limitata ad accogliere le allegazioni della difesa senza procedere a controlli
o verifiche attraverso i quali si sarebbe potuto accertare se effettivamente
sussista l’invocata evasione fiscale collegata all’attività economica svolta dal
Barba; attività economica che — conseguentemente — giustificherebbe
l’acquisto dei beni confiscati che sarebbero proporzionati all’attività svolta (il
P.G., sul punto, indica ad esempio: un’analisi delle scritture contabili o se
queste non esistano o siano inattendibili attraverso l’acquisizione di prove
dirette o di prove a carattere indiziario che consentano di ricostruire la base
imponibile nel suo complesso). Aggiunge, poi, che l’adesione al condono
fiscale — prodotta dalla difesa dell’imputato – non costituisce documentazione
di reddito e che dalle 20 dichiarazioni dei clienti della ditta del Barba — con le
quali la difesa intende provare il reddito dell’imputato — emerge che tali
prestazioni sono state tutte regolarmente fatturate e quindi rientrano tra i
redditi dichiarati e non già nell’invocata evasione fiscale. Infine sottolinea che
la Corte territoriale non ha preso in considerazione quanto emerso dalle
indagini della Guardia di Finanza e che la Suprema Corte nel confermare il
provvedimento del Tribunale del riesame rilevava “che la documentazione
allegata dalla parte non appariva idonea a dimostrare in che modo il
ricorrente, che non aveva dichiarato alcun reddito dal 1988 al 1992, avesse
legittimamente rinvenuto le risorse necessarie ad affrontare i costi di
avviamento e gestione di un’impresa edile a partire dal 1993; circostanza
questa senz’altro idonea a confutare il rilievo di parte ricorrente circa la
mancata valutazione della capacità economica derivante dall’attività
imprenditoriale svolta dal 1993, mancando – a monte – la dimostrazione,
necessaria al fine di superare la presunzione di illecita accumulazione
patrimoniale prevista dalla L. n. 356 del 1992, predetto art. 12 sexies a fronte
della assenza di redditi dichiarati sino all’anno precedente, della provenienza

6)

nuove prove sollecitate dal Procuratore Generale. Infatti, la corte di appello si

delle disponibilità economiche indispensabili per intraprendere la suddetta
attività d’impresa (Sez. 2, Sentenza n. 4478 del 2009; emessa il 03.12.2008

e depositata il 02.02.2009).
Il P.G. ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento dell’impugnata
sentenza.
Ricorre per Cassazione Paolo Lo Bianco che deduce l’erronea

Giudice di merito assolto per il reato di cui al capo 18 andava eliminata
l’intera pena posta in continuazione per tale reato pari ad un anno e non solo
gli 8 mesi così come determinati dopo la riduzione per la scelta del rito
abbreviato. Invero,poiché per il reato di cui al capo 1 è stata individuata la
pena di anni 15 la pena finale — dopo la riduzione per il rito — deve essere
pari ad anni 10, mentre con l’eliminazione solo di mesi 8 la condanna è pari
ad anni 10 e mesi due di reclusione.
L’imputato conclude, pertanto, chiedendo che questa Corte elimini
l’intera pena irrogata per il capo 18.
In data 27.06.2013 perviene nella Cancelleria di questa Corte la
rinuncia al ricorso di Lo Bianco Paolo.
In data 23.10.2013 viene depositata nella Cancelleria di questa Corte
memoria difensiva nell’interesse di Barca Francesco con la quale si
evidenzia la correttezza della decisione dell’impugnata sentenza e che il
ricorso del P.G. è solo in fatto. Inoltre rileva che non si rileva la decisività
delle nuove prove richieste dal P.G. e non ammesse dalla Corte territoriale. I
difensori del Barba concludono, quindi, per l’inammissibilità o il rigetto del
ricorso del Procuratore Generale.

motivi della decisione

Il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di appello di
Catanzaro è fondato e va, pertanto, accolto. Invero, nella sentenza
impugnata non si rinviene alcuna motivazione in ordine alla richiesta di
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che sarebbe stata, invece,
necessaria alla luce di quanto disposto da questa Corte nella sentenza di
annullamento del 15.12.2011. Inoltre, la Corte di appello non fornisce alcuna

a

riduzione della pena effettuata dalla Corte di appello; infatti, avendolo il

motivazione sul “guadagno” derivante dall’attività economica. Infatti la Corte
di merito, a sostegno della sussistenza di tale “guadagno”, richiama
esclusivamente un giro di affari che la stessa Corte afferma essere stato
regolarmente fatturato; quindi si ritorna al fatto che quanto risulta dalla
dichiarazione dei redditi non giustifica l’acquisto dei beni. Invero la Corte di
Cassazione nella sua sentenza di annullamento ha correttamente affermato
che il giro di affari comunque connesso all’attività economica svolta, anche

se non evidenziato, in toto o in parte, nella dichiarazione dei redditi può
essere valutato per ritenere la proporzione; ma tale giro di affari, nel caso di
specie, non risulta essere stato né provato né accertato. Inoltre la Corte di
appello non ha svolto alcun accertamento in ordine a quanto evidenziato
nella sentenza di questa Sezione del 03.12.2008 allegata al ricorso del P.G.
(vedi pagine 7 e 8). In tale sentenza si evidenzia

“che la documentazione

allegata dalla parte non appariva idonea a dimostrare in che modo il
ricorrente, che non aveva dichiarato alcun reddito dal 1988 al 1992, avesse
legittimamente rinvenuto le risorse necessarie ad affrontare i costi di
avviamento e gestione di un’impresa edile a partire dal 1993; circostanza
questa senz’altro idonea a confutare il rilievo di parte ricorrente circa la
mancata valutazione della capacità economica derivante dall’attività
imprenditoriale svolta dal 1993, mancando – a monte – la dimostrazione,
necessaria al fine di superare la presunzione di illecita accumulazione
patrimoniale prevista dalla L. n. 356 del 1992, predetto ad. 12 sexies a fronte
della assenza di redditi dichiarati sino all’anno precedente, della provenienza
delle disponibilità economiche indispensabili per intraprendere la suddetta
attività d’impresa (Sez. 2, Sentenza n. 4478 del 2009; emessa il 03.12.2008

e depositata il 02.02.2009). Non incide su quanto sopra rilevato il contenuto
della memoria difensiva del Barba, nella quale si richiamano solamente
condivisi principi di questa Corte e quanto deciso nella sentenza di
annullamento con rinvio disposto da questa Corte, ma non si affronta il
problema — la cui soluzione era stata demandata alla Corte di appello con
l’annullamento con rinvio — e cioè se il giro di affari comunque connesso
all’attività economica svolta, anche se non evidenziato, in toto o in parte,
nella dichiarazione dei redditi — il c.d. “guadagno” — sussista effettivamente.

5

Pertanto la sentenza impugnata nei confronti di Barba Francesco deve
essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di
Catanzaro per nuovo giudizio sulla confisca.
In data 27.06.2013 è pervenuta nella Cancelleria di questa Sezione la
valida rinuncia al ricorso di Lo Bianco Paolo. Va dichiarata, pertanto, ex art.
591 lettera D) del c.p.p. l’inammissibilità del ricorso. Ai sensi dell’articolo 616

l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle
spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di cinquecento euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti e della successiva
rinuncia. Lo Bianco Paolo — unico ricorrente — deve essere altresì
condannato alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado dalla
Parte Civile Amministrazione provinciale di Vibo Valentia che liquida in Euro
2.000,00 oltre accessori di legge

PQM
In accoglimento del ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di
appello di Catanzaro annulla la sentenza impugnata nei confronti di Barba
Francesco con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro per
nuovo giudizio sulla confisca.
Dichiara inammissibile il ricorso di Lo Bianco Paolo che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore
della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel
presente grado dalla Parte Civile Amministrazione provinciale di Vibo
Valentia che liquida in Euro 2.000,00 oltre accessori di legge.

Così deliberato in camera di consiglio, 1’08.11.2013.

cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso,

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