Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5798 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5798 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PARRINO IVANO N. IL 02/07/1979
avverso l’ordinanza n. 698/2012 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
04/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;
4ette/sentite le conclusioni del PG Dott. G.t Z2 C#‘
434

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/12/2012

FATTO E DIRITTO

Parrino Ivano, a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso l’ordinanza 4.6.12 del Tribunale del
riesame di Palermo che, giudicando in sede di rinvio da sentenza di questa Corte, I” Sezione, in data
2.4.12, con la quale era stata annullata con rinvio l’ordinanza 22.7.11 del Tribunale del riesame di

15.7.11, per il reato di tentata estorsione, aggravata anche ex art.7 1.n.203/91, ha rigettato la
richiesta di riesame avverso l’ordinanza custodiale.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnato provvedimento, violazione
dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. dal momento che i giudici del riesame non avevano
adempiuto l’obbligo motivazionale derivante dall’essere stati chiamati a pronunciarsi sull’
applicabilità dell’aggravante ex art.7 1.n.203/9 I che l’ordinanza annullata aveva ritenuto sussistente
non sulla base di specifici elementi di fatto, ma — come aveva argomentato la Cassazione nella sua
sentenza di annullamento – < su una massima di esperienza ambientale legata al presunto clima di intimidazione finalizzata anche a scopi patrimoniali, eventualmente gravante sui consociati operanti in alcune parti del territorio nazionale >.
A fronte di tali indicazioni — lamenta il ricorrente — erano state però ribadite, in sede di rinvio, le
medesime ed originarie argomentazioni motivazionali e ad una mera elencazione cronologica dei
fatti, già esaustivamente compendiati nel primo provvedimento, erano stati aggiunti in maniera
sterile noti principi di diritto che, privi di specificità e concretezza, avevano finito per attribuire
all’aggravante in argomento i contorni di una circostanza di carattere ambientale, non essendo dato
di comprendere sulla base di quale concreto comportamento esteriore si sarebbe esplicato il metodo
mafioso idoneo a coartare la volontà della vittima, ovvero fosse desumibile che l’agire del Panino,
soggetto estraneo ad ogni consorteria criminale, potesse ritenersi finalizzato proprio ad agevolare
l’attività dell’associazione mafiosa.
Osserva la Corte che il ricorso non è fondato.

Palermo, confermativa di quella di custodia cautelare in carcere emessa dal locale g.i.p. in data

Ricordato come per la configurabilità, nella condotta criminosa, della circostanza aggravante
prevista dall’art. 7 della 1.n.203/91 (aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste
dall’art.416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso
articolo), non sia sufficiente il mero collegamento con contesti di criminalità organizzata o la
`caratura mafiosa’ degli autori del fatto, occorrendo invece l’effettivo utilizzo del metodo mafioso

motivazionali presenti nel provvedimento oggetto di annullamento, ha evidenziato, in maniera
compiuta e con un ragionamento immune da vizi di illogicità, gli specifici elementi fattuali che
hanno circostanziato il comportamento illecito del Panini nei termini previsti dalla predetta
aggravante.
Hanno infatti rimarcato i giudici del riesame, anzitutto, come l’odierno ricorrente abbia utilizzato,
nella sua richiesta estorsiva rivolta a Morgante Francesco, socio della ditta edile ‘Antico Borgo
s.a.s.’, significativamente il plurale ( < Lei è il signor Morgante ? Lei a dicembre ha preso un impegno con noi ›), accreditandosi quindi verso la parte lesa come un esponente di un sodalizio nei cui riguardi il Morgante aveva preso un 'impegno' di carattere economico, volto chiaramente alla corresponsione di imprecisate somme di denaro. Al diniego opposto dall'imprenditore --proseguono i giudici del riesame — era poi seguita, a distanza di circa un mese (maggio 2011), una intimazione di pagamento da parte di altro soggetto che aveva anch'egli ricordato al Morgante il precedente impegno assunto con il 'gruppo', fino a che, in stretta sequenza cronologica, al secondo rifiuto opposto dalla parte lesa, era seguito il grave danneggiamento, verificatosi nella notte tra il 6 ed il 7.6.11, dell'immobile in costruzione sito in via Badia, ad opera di diverse persone che con il verosimile utilizzo di una mazza ferrata, avevano distrutto tutti gli angoli delle pareti al piano terra, distruggendo altresì i sanitari dei tre appartamenti ubicati al primo piano, per un danno che lo stesso Morgante ha stimato in circa 20.000,00 euro. Orbene, a fronte di tali significativi e concreti elementi di fatto, non certo illogicamente i giudici del rinvio hanno ricondotto tutti i predetti comportamenti nell'alveo di una medesima matrice connotata (v. Cass., sez.VI, 4 luglio 2011, n.27666), la ordinanza impugnata, colmando le lacune dal metodo mafioso, l'utilizzo del quale — ed a prescindere dalla esistenza effettiva o meno della consorteria di riferimento — è stato in grado, come correttamente sottolineato ancora dai giudici del riesame, di evocare nel Morgante l'esistenza di un gruppo mafioso 'quale amplificatore della valenza criminale del reato commesso', sì da doversi ritenere configurabile l'aggravante di cui all'art.7 della 1.n.203/91. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art.94 comma 1-ter disp.att.c.p.p. Roma, 5 dicembre 2012 IL CONSIGLIERE estensore VAVI. IL PRESIDENTE Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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