Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5795 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5795 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARASCA GENNARO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) GROSSO GABRIELLA N. IL 11/01/1963
avverso l’ordinanza n. 23/2012 TRIB. LIBERTA’ di CUNEO, del
11/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENNARO MARASCA;
ecnlugipnj dl PG

Data Udienza: 05/12/2012

Udito il Pubblico Ministero in persona del dottor Gioacchino Izzo, che ha
concluso per l’annullamento con rinvio perché la mancata precisa indicazione del
fatto contestato si riflette sulla pertinenzialità dei beni immobili sequestrati;

l’annullamento della ordinanza impugnata;

La Corte di Cassazione osserva :
Il 21 marzo 2012 il GIP presso il tribunale di Saluzzo disponeva il sequestro
preventivo di due immobili intestati a Gabriella Grosso indagata, in concorso con
Pietro Calandri, del delitto di cui agli artt. 216, 219 e 223 della legge
fallimentare.
Secondo l’accusa poco prima del fallimento della società

Neograf srl,

riconducibile, almeno in parte, al Calandri, la società Calpi Immobiliare sas,
della quale erano soci il Calandri e la Grosso, vendette un immobile alla Grosso
per un prezzo inferiore alla metà del prezzo reale; l’immobile venne acquistato
anche con proventi della Neograf che il Calandri aveva dato alla convivente
Grosso; con tale sistema, utilizzato anche per un altro immobile, si sarebbero
sottratte risorse della Neo graf alla massa dei creditori e si sarebbero posti
schermi tra i benle le attività societarie.

Il tribunale del riesame di Cuneo, con ordinanza in data 11 aprile 2012, dopo
avere respinto alcune eccezioni preliminari, rigettava l’istanza di Piero Calandri e
Gabriella Grosso.

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Udito il difensore dell’indagata avvocato Michela Cristiano, che ha concluso per

Con il ricorso per cassazione la sola Gabriella Grosso —il Calandri non è
ricorrente- deduceva:
1) la violazione dell’art. 34, comma 3, cod. proc. pen. per la incompatibilità

giudice delegato al fallimento, aveva trasmesso alla procura della
Repubblica, la relazione del curatore ex art. 33 della legge fallimentare.
2) La violazione dell’art. 324, comma 3, cod. proc. pen. per mancata
trasmissione al tribunale degli atti posti a fondamento del provvedimento
di sequestro, ed in particolare di quelli della difesa, ovvero della
consulenza tecnica di parte del dottor Nava. Veniva trasmessa soltanto una
informativa della Guardia di Finanza di Saluzzo, che per essere stata
compiuta nell’ambito di altro procedimento dopo la scadenza dei termini
per le indagini preliminari, era da ritenersi inutilizzabile.
3) La nullità del provvedimento impugnato per la mancata contestazione in
forma precisa dei fatti che sarebbero stati commessi dagli indagati.
4) La violazione di legge per mancanza assoluta di motivazione in relazione
alle doglianze difensive avanzate in udienza ed alla produzione di
documenti concernenti i contributi, non derivanti da distrazioni, erogati
dal Calandri in favore della convivente e del figlio e l’ammontare dei
redditi della Grosso

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto dalla Grosso non sono fondati.

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del giudice che ha emesso il sequestro preventivo perché, nella qualità di

E’ infondato nel merito il primo motivo di impugnazione perché, come
riconosciuto dalla stessa ricorrente, non sussiste nessun motivo di incompatibilità
tra la funzione di giudice delegato al fallimento e quella di GIP, che si occupi del
processo per bancarotta fraudolenta (vedi, Corte Cost. 13 novembre 1997, n. 351

Né la trasmissione della relazione del curatore fallimentare alla Procura della
Repubblica disposta dal giudice delegato sposta i termini della questione perché
anche in tal caso il giudice delegato non compie alcuna valutazione di fondatezza
dei rilievi di natura penale che dalla relazione dovessero emergere, limitandosi a
disporre la trasmissione della stessa alla Procura proprio per consentire alle
autorità giudiziarie competenti di adottare le opportune decisioni.
In ogni caso il motivo sarebbe inammissibile perché la questione di
incompatibilità del giudice, comunque insussistente, come si è detto, nel caso di
specie, avrebbe dovuto essere fatta valere con lo speciale rimedio della
ricusazione del giudice, non potendo essere fatta valere nel procedimento di
cognizione o nei procedimenti incidentali.

Anche il secondo motivo di impugnazione è infondato.
Nella prima parte del motivo di impugnazione la ricorrente sembra dolersi del
fatto che il tribunale non abbia avuto a disposizione tutti gli atti che avrebbero
potuto garantire una cognizione approfondita dei risultati delle indagini; in
particolare sarebbero stati esclusi dalla sua cognizione documenti quali la
relazione del curatore fallimentare e la consulenza tecnica del pubblico
ministero.

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e, tra le tante, Cass. 5 gennaio 1999, Calcagni).

Ora, a prescindere dal fatto che non compete al giudice del procedimento
incidentale valutare i risultati dell’indagine, dal momento che il GIP decide sulla
fondatezza o meno della richiesta del pubblico ministero in base ai documenti
posti a fondamento della richiesta stessa ed il tribunale valuta la fondatezza

prodotti dall’istante, va detto che l’affermazione della ricorrente che il tribunale
non avrebbe avuto a disposizione alcuni atti nella disponibilità del GIP
costituisce mera affermazione non confortata da alcun elemento; sotto tale
profilo il motivo presenta indubbi elementi di genericità.
Ed, infatti, la circostanza che il tribunale non abbia richiamato siffatti documenti
nella motivazione, mentre abbia fatto riferimento ad una informativa della
Guardia di finanza, non significa che non abbia avuto cognizione dei documenti
stessi, essendo evidente che in motivazione non è necessario indicare tutti i
documenti esaminati e vagliati.

Nella seconda parte del motivo, invece, la ricorrente si è doluta che non fosse
stata trasmessa al tribunale, e forse anche al GIP, la consulenza di parte,
strumento difensivo importante perché con la stessa, come affermato dalla
ricorrente, si contestavano le distrazioni attribuite all’indagata.
La deduzione non è fondata perché per documenti favorevoli all’indagato, che
vanno trasmessi al GIP ed al tribunale per la decisione, debbono intendersi quegli
elementi fattuali di natura oggettiva che siano idonei a contrastare
concretamente, cioè a vanificare o attenuare, gli elementi posti a fondamento
della misura cautelare (vedi per la analoga questione in materia di misure
cautelari personali Sez. III, 22 marzo-22 maggio 2001, n. 20692, Piga, CED

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dell’istanza di riesame in base ai predetti documenti ed a quelli eventualmente

219863); tra queste, quindi, non rientrano atti difensivi come la memoria
difensiva (Sez. V, 25 gennaio-27 febbraio 1996, n. 260, Massaro) e la consulenza
tecnica di parte.
In ogni caso è noto che in materia di misure cautelari reali, per effetto del

codice, è riconosciuta alla parte la possibilità di produrre nuovi documenti o altri
elementi rappresentativi del fatto oggetto della decisione (Sez. III, 6 febbraio-16
marzo 2007, n. 11468, CED 236572); la ricorrente avrebbe, quindi, potuto
produrre la consulenza tecnica di parte dinanzi al tribunale, cosa che, invece, non
risulta abbia fatto.

Infine nella terza parte del motivo la ricorrente ha denunciato che il
provvedimento era fondato su una informativa della Guardia di Finanza acquisita
dagli atti di altro procedimento penale; tale informativa, nel procedimento
originario, sarebbe stata acquisita dopo la scadenza dei termini per le indagini
preliminari, cosicché sarebbe inutilizzabile; la inutilizzabilità verificatasi nel
primo procedimento si riverbererebbe nel presente procedimento.
La deduzione, così come proposta, è generica.
E’ noto, infatti, che quando una eccezione processuale di inutilizzabilità o di
invalidità di un atto implichi la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali
sia onere della parte interessata di adeguatamente rappresentarli (S.U. 16 luglio-8
ottobre 2009, n. 39061, De Iorio, CED 244328); in c so di mancata specifica
indicazione dei dati necessari alla adozione di una c rretta decisione il motivo
dovrà ritenersi generico (S.U. 23 aprile-10 giugno 2009, n. 23868, Fruci, CED
243416).

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richiamo all’art. 309, comma 9 cod. proc. pen. operato dall’art. 324 dello stesso

Orbene la ricorrente si è limitata a dedurre la inutilizzabilità di un atto, ma non
ha assolto all’onere di allegazione dei dati necessari per la decisione, operazione
tanto più necessaria, essendosi nella specie, nella tesi della ricorrente, la
inutilizzabilità verificatasi in altro e diverso procedimento penale; questa parte

E’ infondato anche il terzo motivo di impugnazione perché nella fase delle
indagini preliminari la contestazione del fatto è ancora fluida e, quindi,
modificabile; nel caso di specie in effetti non è ravvisabile la imprecisione
denunciata.
Infatti oltre ad essere state indicate con precisione le norme di legge violate, dal
che si desume che la Grosso è sottoposta a procedimento penale per ipotesi di
distrazione patrimoniale fraudolenta in relazione al fallimento della Neograf,
nella motivazione del provvedimento di sequestro, inoltre, è stato indicato il
modo in cui si sarebbero realizzate le distrazioni ed i beni oggetto delle
distrazioni, cosicché la ricorrente è stata posta in condizione di adeguatamente
difendersi.

Quanto alla eccezione concernente la violazione del ne bis in idem in virtù dei
rapporti tra i due procedimenti penali, di cui si è già detto, è la stessa ricorrente a
chiarire che la eccezione non riguarda la sua posizione, ma quella del Calandri,
che non è parte nel presente procedimento; la eccezione è, quindi, inammissibile.

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del motivo in discussione è, quindi, inammissibile.

L’ultimo motivo di impugnazione è manifestamente infondato e si risolve in
censure di merito inammissibili in sede di legittimità.
Quanto al difetto motivazionale, peraltro non deducibile perché il ricorso in
materia di misure cautelari è ammissibile soltanto per violazione di legge, per

certamente tenere conto di tutti gli elementi processuali, ma nella motivazione
dei provvedimenti adottati è tenuto ad indicare soltanto le ragioni poste a
sostegno degli stessi, non essendo necessario confutare tutte le deduzioni delle
parti, dovendosi ritenere le stesse implicitamente disattese perché incompatibili
con la decisione adottata.
Ebbene nel caso di specie il tribunale ha motivato con chiarezza in ordine alle
ragioni che imponevano il provvedimento di sequestro, precisando che
ricorrevano sia il fumus commissi delict.4( che il periculum in mora, requisiti,
peraltro, nemmeno messi in discussione dalla ricorrente.
Cosicché non può assolutamente parlarsi di mancanza assoluta di motivazione,
che costituirebbe una violazione di legge ed in quanto tale deducibile con il
ricorso per cassazione.

Nell’ultima parte del motivo, infine, la ricorrente ha contestato le valutazioni di
merito compiute dai giudici insistendo sul fatto che le provviste necessarie per
acquistare gli immobili non provenivano dal Calandri e dalle sue presunte
distrazioni, ma da altre fonti; si tratta di una deduzioni di merito, inammissibili
in sede di legittimità.

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mancata considerazione delle istanze difensive, va detto che il giudice deve

Per tutte le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente
condannata a pagare le spese del procedimento.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del
procedimento.
Così deliberato in Roma in data 5 dicembre 2012

P.Q.M.

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