Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5794 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5794 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MASTROMINICO CARLO N. IL 24/03/1981
2) MASTROMINICO CIPRIANO N. IL 02/08/1983
3) MASTROMINICO ANNA N. IL 28/05/1985
4) MASTROMINICO CARLO N. IL 13/08/1987
avverso l’ordinanza n. 2528/2011 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
23/01/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;
—lotta/sentite le conclusioni del PG Dott. G. t 7 2.Di te Ownw .1142-rn-44-‘1

Udii difensoravv.; G. Ik !IC

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Data Udienza: 05/12/2012

FATTO E DIRITTO

Mastrominico Carlo (classe ’81), Mastrominico Cipriano , Mastrominico Anna e Mastrominico
Carlo (classe ’87) ricorrono avverso l’ordinanza 25.1.12 del Tribunale del riesame di Napoli che ha
rigettato il ricorso avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal locale in data

Deducono i ricorrenti, nel chiedere l’annullamento dell’impugnato provvedimento, violazione
dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. trattandosi di ordinanza contraddittoria e illogica basata
sul richiamo per relationem alla precedente ordinanza emessa dal medesimo tribunale nei confronti
dei fratelli Mastrominico Giuseppe e Pasquale, genitori degli odierni ricorrenti, ed al titolo cautelare
reale emesso dal g.i.p.
La difesa — sostengono i ricorrenti — aveva prodotto in udienza documentazione tesa a dimostrare la
provenienza lecita delle quote societarie e delle rispettive risorse finanziarie facenti capo ai quattro
Mastrominico, ma i giudici del riesame avevano al riguardo motivato in maniera contraddittoria
richiamando, in ordine al fumus commissi delicti, le figure dei genitori dei ricorrenti per giungere in
via meramente presuntiva alla conclusione che i beni riconducibili ai quattro odierni ricorrenti
fossero di provenienza illecita, nonostante la documentazione comprovasse l’assoluta liceità degli
stessi.
Era perciò errato, nonché contraddittorio ritenere — conclude la difesa — che le società facenti capo
agli indagati Mastrominico Giuseppe e Mastrominico Pasquale, anche attraverso i figli dei
medesimi, operassero sul mercato anche lecitamente per poi sostenere che il reddito prodotto dalle
stesse fosse almeno in parte frutto di un patto illecito tra gli imprenditori, gli amministratori locali e
il clan dei casalesi, l’esame degli atti non consentendo di poter ritenere che i ricorrenti fossero una
longa manus dei rispettivi genitori, ritenuti i veri domini dei gruppi societari.
Con memoria depositata all’odierna udienza, gli Avv. G.Aricò e V. Giaquinto hanno insistito per
l’annullamento del provvedimento impugnato, sottolineando come questa stessa sezione, in data

1.12.11.

28.9.12 (con sentenza non ancora seguita dal deposito della relativa motivazione) abbia disposto
l’annullamento con rinvio per nuovo esame, al Tribunale di Napoli, delle ordinanze emesse a carico
di Mastrominico Giuseppe e Mastrominico Pasquale con riferimento alla gravità del quadro
indiziario per i delitti di concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta aggravata dal
metodo mafioso, annullamento già disposto, sempre dalla Cassazione, in data 26.4.12. anche con

rilevando come sull’esistenza di vizi specifici nella predisposizione della gara di appalto ovvero
nello svolgimento della procedura di aggiudicazione dell’appalto l’ordinanza impugnata non fosse
andata al di là di mere ipotesi.
Ne conseguiva — secondo i difensori — la caducazione dei presupposti logico-giuridici sui quali il
tribunale del riesame aveva inteso fondare la propria decisione sulla sussistenza del fumus dei reati
ipotizzati, anche alla luce dell’intervenuto annullamento, da parte del Tribunale del riesame di
Napoli, in data 19.6.12, del decreto di sequestro preventivo emesso dal locale g.i.p. nei confronti di
Fontana Luigia e di Martinelli Giuseppina, rispettivamente mogli di Mastrominico Pasquale e di
Mastrominico Giuseppe, con riferimento ai conti correnti, ai depositi dei titoli ed al rapporto
creditizio derivante dal contratto di locazione tra la società FIBE Campania e le predette, relativo al
sito di Santa Maria la Fossa per il deposito delle eco-balle.
Osserva la Corte che i ricorsi non sono fondati.
Rilevato come non venga in contestazione, se non in sede di memoria odierna — che non è però in
grado di influenzare, nel senso auspicato dai difensori, la presente decisione, in considerazione della
non ostensibilità delle ragioni che hanno determinato l’adozione del provvedimento di
annullamento in data 28.9.12 dell’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli con riferimento
alle posizioni dei due Mastrominico e, vieppiù, con riguardo al disposto annullamento, da parte di
questa Corte, dell’ordinanza dei giudici del riesame relativa al coindagato Fabozzi, così come di
quelle aventi ad oggetto i suindicati diversi decreti di sequestro preventivo – l’esistenza del fiimus
del reato di cui agli artt.81 cpv., 110, 416-bis c.p. a carico di Mastrominico Pasquale e

riguardo alla posizione del coindagato Fabozzi Enrico, sindaco del Comune di Villa Literno,

Mastrominico Giuseppe — in stato di custodia cautelare in carcere – , padri degli odierni ricorrenti,
imprenditori edili che, accordandosi in particolar modo con i reggenti del clan lovine, appartenente
alla più ampia organizzazione criminale del ‘clan dei Casalesi’, con meccanismi di alterazione delle
gare pubbliche ottenevano un appoggio determinante per la loro affermazione imprenditoriale,
prestando a loro volta la loro opera a favore del suddetto clan per agevolare l’attribuzione di risorse

pubbliche attraverso l’aggiudicazione di appalti, i giudici del riesame, con motivazione congrua ed
immune da profili illogicità, hanno evidenziato come le società dei due indagati —le quali, anche
attraverso i figli, avevano operato sul mercato anche lecitamente — avevano ottenuto, grazie pure
alla collusione delle amministrazioni locali, l’aggiudicazione di appalti, sì che i genitori degli
odierni ricorrenti erano divenuti gli imprenditori di riferimento del clan dei Casalesi.
Il coacervo indiziario era rappresentato dalle dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia che
avevano evidenziato l’esistenza di un patto stabile che consentiva ai due fratelli Mastrominico di
ottenere appalti in cambio della garanzia di proventi per il gruppo camorristico, nonchè dal
contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, dimostrative della ‘agevolazione’ che i due
Mastrominico erano in grado di ottenere nella aggiudicazione delle gare di appalto, attraverso la
preventiva apertura delle buste contenenti le offerte, tanto che nel bunker del latitante Martinelli
Enrico, persona di fiducia di Iovine Antonio, era stato rinvenuto un `pizzino’ del seguente tenore:
‘Ora ti elenco tutti i lavori e chi li deve fare. Cimitero: Matrominico’.
In tale situazione, facendo capo le società, oggetto del provvedimento cautelare reale, alle persone
di Mastrominico Giuseppe e Mastrominico Pasquale, legittimamente ne è stato disposto il
sequestro, a nulla rilevando che i due domini abbiano ceduto parte delle loro quote ai rispettivi figli
(odierni ricorrenti), essendo l’imposizione del vincolo reale finalizzata ad impedire che attraverso
l’attività illecita sopra descritta le società in argomento continuino a costituire fonti di illecito
guadagno per l’organizzazione camorristica di riferimento, sì da protrarre le conseguenze del reato
di cui all’art.416-bis c.p., secondo la previsione di cui al comma 1 dell’art.321 c.p.p., il sequestro
preventivo potendo avere ad oggetto anche beni che siano nella disponibilità di terzi non indagati,

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quali appunto le quote di una società, poiché ciò che rileva non è la titolarità del patrimonio sociale,
ma la sua gestione, supposta illecita, essendo il sequestro preventivo misura idonea ad impedire la
commissione di ulteriori reati (Cass., sez. V, 13 aprile 2004, n.21810; Sez.VI, 7 ottobre 2008,
n.442271) e potendo peraltro il sequestro preventivo operato anche ai fini della successiva confisca
— come nel caso in esame, secondo la previsione di cui al comma 7 dell’art.416-bis c.p. — riguardare

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 5 dicembre 2012
IL CONSIGLIERE estensore
42.41 4-

IL PRESIDENTE

il bene per intero (Cass., sez.IV, 24 giugno 2009, n.28189).

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