Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5781 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5781 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARBIERI ANTONIO N. IL 10/08/1956
avverso la sentenza n. 6075/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
11/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 11/10/2013

*

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del
dr.Sante Spinaci, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11.4.2012, la Corte d’Appello di Torino confermava la
decisione del Gip di Vercelli che aveva condannato Barbieri Antonio alla
pena di anni due mesi otto di reclusione e € 1.200,00 di multa per i reati di
usura e di estorsione.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo: 1) la violazione
dell’art.606 lett.b) e) c.p.p., per errata interpretazione della legge penale e
mancanza e manifesta illogicità della motivazione, la violazione dell’art.606
lett.b) e) c.p.p. in relazione alle dichiarazioni della parte offesa, che ha riferito
di aver ricevuto minacce solo dal Pizzo, e in particolare alla compatibilità
delle stesse con quelle dell’imputato, dalla stessa indicato come amico
interessato ai suoi problemi economici; 2) per errata interpretazione della
legge penale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, la
violazione dell’art.606 lett.b) e) c.p.p., per errata interpretazione della legge
penale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in riferimento agli
artt.192 e 530 co.2 c.p.p., in quanto la versione dell’imputato è perfettamente
coincidente con quella della parte offesa, e pertanto anche in presenza di altri
elementi, sia in relazione al reato di usura che a quello di estorsione, si
imponeva una pronuncia assolutoria ex art.530 cpv c.p. per insufficienza e
contraddittorietà della prova; 3) la violazione dell’art.606 lett.b) e) c.p.p., per
errata interpretazione della legge penale e mancanza e manifesta illogicità
della motivazione in relazione all’insussistenza di entrambi i reati e
all’applicazione dell’art.110 c.p.: il reato di usura non sussiste in quanto le
minacce per ottenere il pagamento degli interessi pattuiti sarebbero state
usate “ab initio” e il Barbieri non ha posto in essere alcun atto estorsivo nei

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confronti della Balocco che possano avere in qualche modo causalmente reso
un contributo alla verificazione del fatto, essendosi limitato a mettere in
contatto la Balocco con il Pizzo unicamente per aiutare l’amica in difficoltà; le
condotte di entrambi i reati sono comunque attribuibili unicamente al
coimputato, e non al Barbieri a titolo di concorso; 4) la violazione dell’art.606
lett.b) c.p.p., per errata interpretazione della legge penale in relazione

offesa; 5) la violazione dell’art.606 lett.b) c.p.p., per errata interpretazione
della legge penale in relazione all’art.62 bis c.p.; 6) la violazione dell’art.606
lett.b) e) c.p.p., per errata interpretazione della legge penale e mancanza e
manifesta illogicità della motivazione in relazione all’eccessivo aumento
della pena in continuazione.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione in
ordine alla ritenuta responsabilità attesa la illogicità di alcune
argomentazioni al riguardo sviluppate, e al fatto che la versione difensiva
sostenuta dal Barbieri è stata sommariamente disattesa sia dal Tribunale che
dai Giudici d’Appello, i quali hanno omesso di svolgere alcun tipo di
considerazione sulla valenza probatoria delle dichiarazioni dell’imputato,
pur confermate da quelle della parte offesa, se adeguatamente valutate e
considerate. Con il terzo motivo, è prospettato il medesimo vizio, anche sotto
il profilo del travisamento della prova in riferimento agli atti allegati (verbale
di interrogatorio del Barbieri e incidente probatorio per l’esame della parte
offesa) e l’erronea applicazione della legge penale in riferimento al concorso
nei reati di usura e di estorsione da parte dell’imputato, essendosi l’imputato
limitato a mettere in contatto la Balocco con il Pizzo, nonché in ordine al
concorso di entrambi i reati dal momento che la parte offesa ha più volte
evidenziato il fatto che la prospettazione di conseguenze di una certa gravità,
a fronte del pagamento del debito contratto, sia stata immediata; pertanto

all’art.62 co.4 c.p. in assenza di concreto pregiudizio da parte della parte

non è configurabile il reato di usura essendo le presunte minacce provenienti
dall’imputato del tutto contestuali alla promessa degli interessi usurari.
Le censure sono entrambe del tutto inammissibili posto che solo
formalmente vengono evocate violazioni della legge penale, e che – con
riguardo alla ritenuta responsabilità per i reati di usura ed estorsione – si
muovono non già precise contestazioni di illogicità argomentativa, ma solo

ed anzi proponendosi versioni più persuasive di quelle dispiegate nella
sentenza impugnata.
Con il secondo

motivo si è prospettata l’inosservanza ed erronea

applicazione della legge penale con riferimento agli artt.192 e 530 co.2 c.p.p.
In sostanza, il ricorrente si duole del fatto che a fronte del generale quadro
probatorio, e in particolare dell’assoluta conciliabilità della versione
dell’imputato con quella della parte offesa, nonostante la presenza degli altri
elementi richiamati in sentenza a sostegno della tesi accusatoria, la Corte
avrebbe dovuto comunque pervenire ad una pronuncia assolutoria per
entrambi i reati quantomeno ai sensi dell’art.530 co.2 c.p.p. che impone tale
pronuncia in caso di insufficienza o contraddittorietà della prova. Anche tale
doglianza è priva di consistenza e formulata in termini di una inammissibile
richiesta di rivalutazione di fatti. La Corte di merito ha ritenuto con congrua
motivazione priva di evidenti vizi logici che la responsabilità del Barbieri per
entrambi i reati emerge con chiarezza dalle dichiarazioni della Balocco,
riscontrate da quelle di Della Volpe Giulio, dipendente del Pizzo, il quale ha
riferito che ogni volta che la Balocco passava dal distributore di benzina per
parlare con il Pizzo, dopo poco giungeva anche il Barbieri, “il quale si
chiudeva nel gabbiotto per parlare con il Pizzo”, dall’esame dei tabulati
telefonici (dai quali era emerso che il Pizzo subito dopo aver contattato o
visto la Balocco, contattava o veniva contattato dal Barbieri), e dal servizio di
osservazione effettuato dagli operanti in data 16.12.2009 (nel corso del quale
il Barbieri era stato visto “giungere presso il distributore del Pizzo, proprio
nel momento che la Balocco si era allontanata dopo aver consegnato le ultime
due cambiali”). Le minacce vennero poi profferite non solo dal Pizzo, ma

doglianze di merito, non condividendosi dal ricorrente le conclusioni attinte

anche dal Barbieri, successivamente alla stipula del patto usurario, e avendo
il Barbieri agito in concorso con il Pizzo, “ogni minaccia posta in essere
materialmente da quest’ultimo è ascrivibile anche al Barbieri” (v.pagg.6-9
della sentenza impugnata). E contro tali valutazioni sono dal motivo in
esame formulate mere contestazioni di veridicità, in un impensabile tentativo
di ottenere da questa Corte di legittimità un revisione di merito delle

I motivi quarto, quinto, e sesto relativi al trattamento sanzionatorio
oltre che manifestamente infondati sono del tutto generici, non tenendo
conto delle argomentazioni esposte dalla sentenza impugnata; l’attenuante di
cui all’art.62 n.4 c.p. è stata correttamente esclusa, in quanto i delitti di usura
e di estorsione non sono stati commessi per ottenere un lucro di speciale
tenuità, e le attenuanti generiche alla luce della notevole gravità dei fatti, dei
precedenti dell’imputato e del suo comportamento processuale. La pena è
stata poi determinata partendo dal minimo edittale del reato di estorsione,
ridotto nella massima estensione per il riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art.62 n.4 c.p., e l’aumento per la continuazione per il reato di usura è
stato contenuto in soli otto mesi.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata
in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Cos’ deF serato, 1’11.10.2 I

tPOSITA1 O IN CANCELLERIA

valutazioni stesse.

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