Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5780 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5780 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
THIAM DEMBA N. IL 23/05/1971
avverso la sentenza n. 1076/2011 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 24/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/10/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.Sante

Spinaci, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24.1.2012, la Corte d’Appello di Catanzaro
confermava la decisione del Tribunale di Crotone del 1.12.2009 che aveva
condannato Thiam Demba alla pena di mesi quattro e quindici giorni di
reclusione e € 450,00 di multa per i reati di ricettazione e detenzione per il
commercio di capi contraffatti.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo: 1) la violazione
dell’art.606 lett.c) e) c.p.p., in riferimento agli artt.178, 179 e 185 c.p. e 111
Cost, nullità del procedimento di primo grado per mancata traduzione, nella
lingua italiana, del decreto che dispone il giudizio; 2) la violazione
dell’art.606 lett.b) ed e) c.p.p., con riferimento all’art,354 c.p.p., 111 Cost. e
474 c.p. per mancanza della prova della contraffazione della merce. La merce
non riportava i marchi che si assumono contraffatti e non era tale da
ingenerare confusione; 3) la violazione dell’art.606 lett.b) e) c.p.p. per errata
interpretazione della legge penale, mancanza, illogicità e contraddittorietà
delle motivazioni in relazione all’idoneità della merce a configurare il reato
di cui all’art.474 c.p. essendo il falso grossolano; 4) la violazione dell’art.606
lett. b) ed e) c.p.p. per inosservanza ed errata applicazione di norme della
legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione in relazione all’art.474 c.p. e alla registrazione del marchio; 5) la
violazione dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p. per inosservanza ed errata
applicazione di norme della legge penale e mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento psicologico

1

del reato di contraffazione; 6) la violazione dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p. per
inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione
all’elemento psicologico del reato di ricettazione; 7) la violazione dell’art.606
lett. b) ed e) c.p.p. per inosservanza ed errata applicazione di norme della
legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della

motivazione in relazione all’art.648 c.p. e alla non punibilità della condotta
per errore su un elemento costitutivo del reato.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo è infondato.
La Corte territoriale ha adeguatamente motivato il rigetto dell’eccezione
preliminare di nullità, rilevando che correttamente il giudice di primo grado
aveva respinto l’eccezione, dal momento che la deduzione difensiva che il
Thian non parlasse la lingua italiana era smentita dalle stesse emergenze
processuali dalle quali risultava che il Thian non aveva mai dichiarato di non
parlare la lingua italiana, anzi in sede di sequestro il 9.5.2007 aveva
spontaneamente dichiarato – dando prova di comprendere e di farsi
comprendere dai verbalizzanti – di non sapere che la merce era contraffatta.
A ciò aggiungasi che lo stesso risiede e lavora in Italia dal 2000.
2. I restanti motivi di ricorso ripropongono le stesse ragioni già discusse
e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare
non specifici, non solo per la loro assoluta genericità, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel
vizio di aspecificità, conducente, ai sensi dell’art.591, co.1 lett.c) c.p.p.,
nell’inammissibilità (Cass.Sez.!V n.5191/2000 Rv.216473).
3. Le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano viziate da
illogicità manifeste e sono infine esaustive, avendo risposto a tutte le
2

doglianze contenute nell’appello, e ribadito – in conformità
dell’insegnamento di questa Corte (v. da ultimo, Cass.Sez.II, n.12452/2008
Rv.239745) – che integra il delitto di cui all’art.474 c.p. la detenzione per la
vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, non rilevando – a tal fine la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, in quanto la
norma citata, in via principale e diretta tutela, non già la libera

determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come
affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le
opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione.
Ai fini della configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni falsi,
infatti, è sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare
confusione, con riferimento non solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro
successiva utilizzazione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti o
non registrato, data l’illiceità dell’uso senza giusto motivo di un marchio
identico o simile ad altro notorio anteriore utilizzato per prodotti o servizi sia
omogenei o identici, sia diversi, allorché al primo derivi un indebito
vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del secondo. Trattasi,
invero, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la
realizzazione dell’inganno; nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile
qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano
tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (da
ultimo, Cass.Sez.II, n.12452/2008 Rv .239745; Sez.V, n.33543/2006 Riv.235225;
Sez.V, n.31451/2006 Rv.235214; Sez.II, n.34652/2005 Riv.232501). Né può
evocarsi in dubbio l’elemento soggettivo della ricettazione, posto che
l’imputato effettivo possessore della merce in sequestro esposta al pubblico
per la vendita non ha mai fornito la benché minima giustificazione circa la
sua provenienza, e che – in tal caso – la ricorrenza dell’elemento indicativo
del dolo non viene affermata sulla base della stigmatizzazione negativa della
legittima scelta dell’imputato di tacere, ma sulla base del fatto oggettivo che
lo stesso non ha ritenuto di dare alcuna spiegazione in ordine alle circostanze
e alle modalità nelle quali e con le quali ebbe ricevere la cosa provento di
delitto (Cass.Sez.II, n.35176/07; Sez.II, n.15757/03; Sez.II, n. 1176/03).
3

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

processuali.
Cos’ e iberato, 1’11.10.2013.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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