Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5779 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5779 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VITANTONIO LUCA N. IL 10/01/1975
avverso la sentenza n. 45/2011 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO,
del 15/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.ire
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 01/10/2013

VITANTONIO Luca, imputato del delitto di cui all’art. 628 cp; 582 e 585
cp, ricorre per Cassazione avverso la sentenza 15.11.2012 con la quale la
Corte d’Appello di Campobasso (confermando la decisione 29.6.2010 del
Tribunale sez. Dist. Di Termoli) lo ha condannato alla pena di anni tre, mesi
uno di reclusione e 1.200,00 di multa.
Il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo:
§1.) ex art. 606 IA comma lett. C) cpp, erronea applicazione dell’art. 420 ter
cpp, perché la Corte d’Appello ha rigettato la censura con la quale
l’imputato si doleva del fatto che il Tribunale, nel corso del giudizio non
aveva concesso un rinvio della udienza 8.6.2010 per essere l’imputato
legittimamente impedito, siccome in stato di detenzione presso la Casa
Circondariale di Teramo. La difesa sostiene l’infondatezza della
motivazione nel punto in cui la Corte d’Appello afferma che manca la prova
della tempestiva deduzione della nullità ex art. 183 cpp. La difesa sostiene
di avere formulato richiesta in tal senso in sede di precisazione delle
conclusioni, avendo documentato l’impedimento dell’imputato con adeguate
produzioni in atti.
§2.) ex art. 606 I^ comma lett. E) cpp, vizio di motivazione. La difesa
sostiene che manca la prova dei fatti ascritti. A carico dell’imputato vi è solo
la deposizione della persona offesa, che è inattendibile, presenta
contraddizioni; la difesa sostiene ancora la inidoneità della documentazione
medica a provare le lesioni lamentate dalla persona offesa, perché la visita
medica è stata fatta due giorni dopo la presunta aggressione.
§3.) ex art. 606 I^ comma lett. B) cpp, inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 628 cp, violazione ed erronea applicazione degli artt. 377 e 129 cpp
e violazione ed erronea applicazione degli artt. 133 e 54 cp.
La difesa sostiene che nella specie manca la prova del dolo di rapina, poichè
il fatto deve essere inquadrato nell’ambito di una lite fra persone che
avevano una relazione sentimentale, con la conseguenza che manca
qualsivoglia intenzione da parte dell’imputato di trarre soddisfazione
economica dalla vicenda. La difesa sostiene che, affermata una diversa
qualificazione del fatto, questo sarebbe riconducibile nell’ambito di reati
perseguibili a querela di parte con conseguente difetto di procedibilità,
mancando proprio una querela della persona offesa. La difesa sostiene infine
che il Tribunale e la Corte d’Appello non hanno preso in considerazione la
circostanza che l’imputato ha restituito la borsetta sottratta alla persona
offesa, con il ché i giudici di merito dimostrano di avere ipovalutato un
elemento di fatto dimostrativo dell’assenza del dolo di rapina. La difesa
sostiene infine che la condotta dell’imputato era giustificabile ex art. 54 cp,
con la conseguenza che nei suoi confronti doveva essere pronunciata
sentenza di proscioglimento.
Con fax del 30.9.2013 la difesa dell’imputato ha richiesto il differimento
dell’udienza essendo l’imputato impossibilitato a presenziare per motivi di
salute e ha allegato copia di certificato medico.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente presa in considerazione la richiesta di rinvio della
udienza fissata avanti a questa Corte. La istanza è inammissibile, perché nel
giudizio di legittimità non è prevista la partecipazione personale delle parti
ed il rapporto processuale si costituisce validamente con la regolare notifica
dell’avviso di udienza al difensore abilitato al patrocinio avanti le
giurisdizioni superiori; ne consegue che, in tal caso, non riveste alcun rilievo
il personale impedimento dell’imputato posto a fondamento dell’istanza di
rinvio dell’udienza [Cass. sez. V^ 23.1.2012 n. 11621 in Ced Cass. Rv.
252471]. Passando al merito della impugnazione, il collegio osserva quanto
segue.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Sulla questione
relativa alla legittimità del provvedimento con il quale il Tribunale ha
rigettato la richiesta di rinvio formulata dalla difesa alla udienza
dell`8.6.2010, per essere l’imputato impedito legittimamente a cagione del
fatto di essere stato ristretto presso la casa circondariale di Teramo in stato
di custodia cautelare, la Corte d’Appello ha affermato: “…P primo
argomento di impugnazione si appalesa infondato, poichè ricordato che lo
stesso prevenuto era precedentemente in posizione di “imputato libero
assente”, vi è che a fronte del mancato rinvio della udienza 8.6.2010 pur in
presenza di – generica – indicazione di intervenuta sua detenzione
(comunque in difetto anche di dichiarazione espressa di volere presenziare
alla udienza) non fu poi sollevata alcuna eccezione dopo le attività
processuali pure in quella udienza espletate e parimenti alcuna deduzione di
nullità relativamente alle stesse venne fatta alla udienza successiva ed in
sede di conclusioni difensive: sicchè è quantomeno prospettabile la
sanatoria ex art. 183, c. 1, lett. A) cpp.
Dall’esame del fascicolo processuale (consultabile dal Collegio essendo
stata denunciata la violazione di una norma processuale), si rileva quanto
segue:
– Dal verbale dell’udienza dell`8.6.2010 il difensore dell’imputato (già
presente nelle precedenti udienze) “produce copia del decreto fissazione in
camera di consiglio del Trib. Aquila da cui si evince che VITANTONIO
risulta detenuto. Il Pm richiede di procedersi oltre in quanto non risulta in
atti nè lo stato di detenzione nè il luogo di detenzione. Il Giudice constato
che non risulta in atti circa lo stato di detenzione del prevenuto dispone
procedersi oltre. Il difensore dichiara che l ‘imputato è detenuto per altro.
L ‘avvto LOCAMPO dichiara che il luogo di detenzione è Teramo. Il
Giudice dispone procedersi oltre essendo la dichiarazione tardiva”
– Al suddetto verbale dell’ 8.6.2011 risulta essere allegato in copia il decreto
di fissazione del procedimento in Camera di Consiglio del Tribunale
dell’Aquila (essendo stato proposto “riesame/appello” di ordinanza
cautelare). Dalla lettura del documento si evince ancora che l’avviso di

RITENUTO IN DIRITTO

fissazione dell’udienza datato 10.5.2010 era stato trasmesso al difensore
dell’imputato con fax in data 11.5.2010 ore 9:52 e che l’ udienza era stata
fissata alli 17.5.2010.
– Dal verbale dell’udienza dell`8.6.2010 si evince che all’esito della
decisione del giudice, il difensore nulla eccepiva, ex art. 178 P\ comma
lett. c) cpp.
– Dalla lettura del verbale dell’udienza del
29.6.2010 risulta che il
VITANTONIO Luca, “detenuto per altro” rinunciava a comparire [v. ff.
155 e 156 del verbale di udienza] e che il difensore formulando le
conclusione senza nulla eccepiva ex art. 178 lett. c) cpp.
A monte pertanto della questione relativa alla censurabilità della decisione
con il quale il Tribunale ha rigettato la richiesta di rinvio dell’udienza
formulata ai sensi dell’art. 420 ter cpp, va necessariamente affrontata quella
attinente alla ritualità e alla tempestività della deduzione della nullità
denunciata dalla difesa con i motivi di appello e rigettata dalla Corte
territoriale ex art. 183 cpp.
La violazione dell’art. 420 ter cpp, pacificamente è causa di nullità
riconducibile ad una ipotesi di cui alla lettera c) dell’art. 178 cpp; trattasi
pertanto di nullità a c.d. regime intermedio verificatasi nel corso del
dibattimento, da dedursi ex art. 182 cpp, immediatamente dopo il
compimento dell’atto.
Dall’esame dei verbali dell’udienza dell`8.6.2010 emerge che la difesa
dell’imputato non ha formulato alcuna richiesta di dichiarazione di nullità ex
art. 180 – 182 cpp, ne’ subito dopo la lettura dell’ordinanza con la quale il
Tribunale ha respinto la richiesta di rinvio della udienza, nè tantomeno nella
udienza successiva. Si evince inoltre dalla lettura del relativo verbale che
neppure in sede di formulazione delle conclusioni finali la difesa ha dedotto
la nullità del provvedimento ex arti 420 ter e 178, 180, 182 cpp.
Deve pertanto affermarsi che la decisione della Corte territoriale è corretta
in diritto e nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata. Il
motivo è inammissibile per la sua manifesta infondatezza.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso che possono essere trattati
congiuntamente sono inammissibili. Le doglianze attengono ad aspetti di
merito e alla ricostruzione del fatto in modo alternativo rispetto a quanto
ritenuto in sentenza. Si tratta di deduzioni che non possono essere prese in
considerazione nel giudizio di legittimità.
In particolare va osservato che la Corte d’Appello ha effettuato un’espressa
valutazione del contenuto della deposizione dei testi escussi e della persona
offesa, dando conto delle discrasie riscontrate e della loro rilevanza. La
motivazione è adeguata ed è incensurabile nel merito.
Con il terzo motivo di ricorso, la difesa formula possibili ricostruzioni
alternative della vicenda con il precipuo fine di pervenire ad una diversa
qualificazione giuridica del fatto ascritto e di qui alla dimostrazione
dell’erronea applicazione delle norme di legge indicate.
Trattasi di argomentazioni e considerazioni che attengono, in radice ad
aspetti di merito che esulano dai limiti segnati dall’ara. 606 I^ comma lett.
E) cpp e descrivono ipotesi di violazione di legge del tutto avulse dal
contesto processuale.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va
condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di E
1.000,00 così equitativamente determinata la sanzione amministrativa
prevista dall’art. 616 cpp, essendo ravvisabili estremi di responsabilità nella
condotta processuale del ricorrente, incidente sulle ragioni che hanno
determinato la dichiarazione di inammissibilità.

Respinta l’istanza di rinvio per impedimento dell’imputato, dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di E 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 1.10.2013

P.Q.M.

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