Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5778 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5778 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

Data Udienza: 17/01/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARROZZA FRANCESCO N. IL 13/09/1993
avverso l’ordinanza n. 863/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 11/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ej0j2.R:to %:3; .,z_ter.

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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 1.8.2013 il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha
rigettato il riesame proposto da Carrozza Francesco avverso l’ordinanza con cui il
Giudice per le Indagini Preliminari di Lamezia Terme ha disposto in data
2.7.2013 la misura della custodia in carcere per violazione della legge sugli stupefacenti.
Il gip di Lamezia Terme ha disposto la custodia cautelare in relazione ai
reati contestati ex artt.110 cod. pen. e 73 DPR 309/90, capo A) della rubrica

2. Carrozza Francesco, assistito dal proprio difensore, ricorre per la cassazione del provvedimento deducendo violazione e falsa applicazione degli
artt.274, lett. c), 275, commi 2 e 2 bis, cod. proc. pen., in relazione all’art.606,
comma 1, lett. e) cod.proc.pen. per mancanza o menifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente rileva che l’ordinanza impugnata sarebbe priva di motivazione condivisibile in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e totalmente
carente di motivazione in relazione alla possibilità di sospensione condizionale
della pena.
La motivazione adottata nel provvedimento impugnato rappresenterebbe
una discutibile formula di stile che non tiene conto né del fatto né della personalità dell’indagato, persona giovane e incensurata.
Il Tribunale non solo non effettuerebbe una doverosa valutazione sulla
sussistenza delle esigenze cautelari, ma ometterebbe completamente di dar conto della possibilità di sospensione condizionale della pena, ovvero di indicare i
motivi contrari a detta ipotesi, limitandosi alle formule di stile “commisurata
all’entità dei fatti ed alla sanzione irrogabile” che apparirebbe “l’unica idonea a
salvaguardare il delineato quadro cautelare”, “tenuto conto delle modalità della
condotta” che dimostrerebbero “una pervicace capacità a delinquere”.

provvisoria.

Invoca una sentenza di questa Corte del 16.7.2013, che ha poi prodotto
in udienza, in cui è stata cassata con rinvio una precedente ordinanza, del
21.2.2013, emessa nei confronti dell’odierno imputato, impugnata sotto un duplice profilo, sia in merito ad un’omessa giustificazione concernete il giudizio
prognostico di pericolosità da cui è stato dedotto il pericolo di reiterazione della
condotta criminosa, sia in relazione ad un’omessa motivazione relativa alla possibilità di concessione della sospensione condizionale della pena dovuta ad una
diversa qualificazione giuridica del fatto (art.73, comma 5, DPR 309/90).
Il ricorrente chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con
rinvio al Tribunale di Catanzaro.

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e pertanto va rigettato.

2.

Legittimamente il tribunale del riesame di Catanzaro inizia a motivare

richiamando per relationem l’ordinanza impugnata e la prodronnica istanza del
pubblico ministero con riferimento ai fatti contestati e a tutte le emergenze investigative in atto.
Per

giurisprudenza

costante

di

questa

Corte,

infatti,

legittima quando l’atto di riferimento, non allegato o non trascritto nel provvedimento da motivare, sia specificato attraverso dati identificativi e, se non conosciuto, sia agevolmente conoscibile dall’interessato, indipendentemente dalla esistenza e dalla validità della sua notificazione, posto che questa non rappresenta
l’unico modo attraverso cui gli atti sono conoscibili nel processo (Sez. 5, n.
11191 del 12.2.2002, Soriano, rv. 221127).
Le Sezioni Unite hanno a loro volta ribadito la legittimità di un siffatto
modo di procedere sempre che -come avvenuto nel caso che ci occupa- la motivazione “per relationem” svolgere una funzione integrativa e non sostitutiva, inserendosi in un contesto che disattende i motivi di gravame con un richiamo ad
accertamenti e ad argomenti contenuti nel provvedimento impugnato, senza costituire una sostanziale vanificazione del mezzo di impugnazione attraverso un
generale e generico rinvio a quel provvedimento( Sez. unite, n. 919 del
26.11.2003, dep. 19.1.2004, Gatto, rv. 226488).

3. Infondata appare la doglianza prospettata dal ricorrente in ordine ad
una supposta mancanza di motivazione in relazione alle esigenze cautelari.
Va ricordato che nel sistema processualpenalistico vigente, così come
non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi,

la motivazione “per relationem” di un provvedimento giudiziale è da considerare

non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del
fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle
stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate.
Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché, in sede di gravame della stessa, del tribunale del riesame.
E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di misure cautelari, il pericolo di reiterazione criminosa vada valutato in ragione delle modalità
e circostanze del fatto e della personalità dell’imputato (cfr. per tutte questa sez.

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3, n. 14846 del 5.3.2009, PM in Proc. Pincheira, rv. 243464). Più precisamente,
la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione dei reati, di cui all’art. 274
comma primo lett. c) cod. proc. pen., deve essere desunta sia dalle specifiche
modalità e circostanze del fatto, che dalla personalità dell’imputato, valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti concreti, attraverso una valutazione che, in modo globale, tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati
(Sez. 4, Sentenza n. 37566 del 01/04/2004 Cc. dep. 23/09/2004 Rv. 229141).
E’ stato, tuttavia, in più occasioni, anche condivisibilmente sottolineato

una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto,
sia sotto il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere.
In altri termini, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono
essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato, ove la condotta serbata in occasione di un reato rappresenti un elemento
specifico assai significativo per valutare la personalità dell’agente (cfr., ex plurimis, sez. 2 n. 35476/07).
Nello specifico, è stato di recente più volte affermato come ai fini dell’individuazione dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lettera c), cod. proc. pen.,
il giudice possa porre a base della valutazione della personalità dell’indagato le
stesse modalità del fatto commesso da cui ha dedotto anche la gravità del medesimo (sez. 1 n. 8534 del 9.1.2013, Liuzzi, rv. 254928; sez. 5 n. 35265 del
12.3.2013, Castelliti, rv. 255763)..
Nel caso di specie, dopo avere anche in tal caso richiamato per relationem
l’ordinanza genetica, i giudici del riesame catanzarese operano una valutazione
che fa riferimento alle specifiche circostanze dei fatti per i quali si procede e alla
pericolosità della condotta (in questo caso plurima, a differenza che nel caso
dell’ordinanza poi annullata da questa Corte il 16.7.2013 in cui si faceva questione di un unico episodio) desunta, in particolare “dal carattere reiterato

dell’azione criminosa, nonché, dalla manifestata abilità nel procurarsi quotidia-

come nulla impedisca di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto

namente stupefacenti, sintomo in equivoco di vicinanza ad ambienti criminali”.
Ancora, a seguire nella motivazione del provvedimento impugnato, viene posto
l’accento, sull’abitualità del reato e sugli innumerevoli episodi criminosi emersi a
carico del Carrozza nel corso del procedimento, che hanno portato a ritenere il
suo comportamento non isolato, ma indice di una inclinazione a delinquere che,
in uno con la sua personalità, hanno indotto i giudici della cautela a ritenere un

habitus delinquendi idoneo a comportare una prognosi cautelare sfavorevole di
reiterazione di condotte delittuose della stessa specie ex art. 274 lett. c) cod.
proc. pen.

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4. Infondato è anche il profilo di doglianza che attiene alla mancanza di
motivazione in ordine alla concedibilità della sospensione condizionale della pena.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la ritenuta
sussistenza del pericolo di reiterazione del reato (art. 274, comma primo, lett.
c), cod. proc. pen.) esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa
alla concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. Unite, n. 1235

5. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2014
Il i sigliere es. sore

Il Pr dente

del 28.10.2010, Giordano e altri, rv. 248866).

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