Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5769 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5769 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) CAPUZZIMATI GIUSEPPE ANTONIO N. IL 29/08/1956
avverso l’ordinanza n. 178/2012 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del
22/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere DrAtO S VANI;
«lotte/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 27/11/2012

IN FATTO E DIRITTO
CAPUZZIMATI Giuseppe Antonio, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere per
i delitti di truffa pluriaggravata e falso materiale in atto pubblico, ha proposto, avverso il provvedimento applicativo della misura, ricorso per riesame davanti al Tribunale distrettuale di Taranto;
il giudice del riesame ha rigettato il ricorso, con particolare riferimento al ricorrere delle esigenze
cautelari, dando per non contestata dal ricorrente la gravità indiziaria riferita alle ipotesi di reato
per cui si procede.
Ricorre per cassazione il prevenuto ed articola tre motivi.
Con il primo deduce violazione di legge, ed in particolare dell’art. 309, 9° co. c.p.p., avendo il
Tribunale del riesame tralasciato la valutazione di alcuni atti non trasmessi dal Pubblico Ministero, ma utilizzati in sede di convalida e prodotti in allegato ad una memoria depositata per
l’udienza, documenti con cui si ammetteva la responsabilità.
Con il secondo motivo deduce mancanza di motivazione sulla denunciata nullità dell’ordinanza
del Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Taranto applicativa della misura, che avrebbe omesso gli elementi a favore dell’indagato, il quale aveva preventivamente offerto la propria collaborazione agli inquirenti.
Con il terzo articolato motivo deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo al ricorrere delle esigenze cautelari.
Il Tribunale distrettuale sosterrebbe illogicamente, da un lato, che la documentazione relativa alle falsificazioni sarebbe stata in parte distrutta e, dall’altro, che alcuna documentazione sarebbe
stata rinvenuta. Nessun pericolo di inquinamento probatorio sussisterebbe, essendo egli stato al
corrente delle indagini da almeno cinque mesi, così che ben avrebbe potuto distruggere la documentazione considerata pericolosa.
Nessun pericolo di reiterazione poi esisterebbe, avendo il Tribunale omesso di motivare
sull’esistenza di atti o comportamenti del prevenuto che potessero confermare il giudizio di pericolosità, avendo egli al contrario, dimostrato ravvedimento con la sua collaborazione.
L’inesistenza di un pericolo di inquinamento probatorio si porrebbe in contrasto poi con la ritenuta necessità di una custodia inframuraria.
Osserva il Collegio che possono essere condivise le conclusioni del Procuratore generale sulla
scarsa tenuta argomentativa della motivazione in tema di esigenze cautelati.
Il Tribunale ha dato atto che il prevenuto ha ammesso gli addebiti e che si sono cristallizzati gli
elementi indiziari dei reati lui ascritti, e non pare che il percorso argomentativo del giudice di
merito sia lineare dove afferma di dover riportare l’attualità di esigenze cautelati alla ritenuta’
presenza di altra documentazione da reperire, che sostiene esistere sulla base della mera constatazione del numero di pratiche fittizie completate, intestate alla moglie, che avrebbero quindi dovuto esser corredate da documentazione, ma senza che su tali accertamenti ed indagini vengano
specificati più concreti ed attuali elementi che confermino quel ragionamento, con possibilità
quindi di delimitazione del campo di indagine e quindi della possibile cautela.
Altrettanto flebilmente motivata è l’esigenza di garantire l’accertamento sulla presenza di eventuali complicità, la cui possibile esistenza è dedotta genericamente dalla riscontrata imponenza
del fenomeno e dalla complessità dell’operazione, senza che vengano indicati i possibili concreti
elementi che rendano attuale una tale necessità di cautela.
Né risulta chiarito in concreto in che termini il prevenuto avrebbe potuto e potrebbe in futuro reiterare un’attività illecita del genere di quella per cui si procede, dopo il suo licenziamento dalla
Provincia di Taranto, situazione che, se in assoluto non esclude la possibilità di continuare a delinquere, necessita, per giustificare una misura cautelare coercitiva, di un più solido ancoraggio a
dati di fatto che convincano della ritenuta particolare proclività a delinquere e della agevole riproducibilità dei comportamenti illeciti per i quali si procede.
L’ordinanza impugnata deve, in definitiva, essere annullata con rinvio al Tribunale distrettuale
competente affinché rivaluti le esigenze di cautela con riferimento agli eventuali concreti elementi di fatto che ne giustifichino l’adozione, individuando se del caso le misure più efficaci in
rapporto all’esigenza da garantire.

P.Q.M.
La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Taranto per nuovo esame.
Dispone che a cura della Cancelleria la presente decisione sia trasmessa al Direttore della Casa
circondariale competente, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 94, comma l° ter, disp att. C.P.P.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2010.

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