Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 576 del 30/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 576 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORRENTINO MATTEO N. IL 11/12/1961
avverso la sentenza n. 874/2008 CORTE APPELLO di SALERNO, del
24/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‹t •
che ha concluso per te h. a eu,

ce,s7

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/09/2013

A

I

FATTO E DIRITTO
Propone ricorso per cassazione Sorrentino Matteo, avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno in
data 24 giugno 2013 con la quale — con motivazione contestuale al dispositivo- è stata confermata quella di
primo grado, emessa nel 2007: sentenza, quest’ultima, che era stata di condanna in ordine al reato di
bancarotta fraudolenta pre e post- fallimentare.
Il reato era stato contestato in relazione al fallimento della società in nome collettivo “Matteo Sorrentino e
figli di Sorrentino Mario Antonio e Luigi”.
Tale fallimento era stato dichiarato con sentenza del 6 giugno 1996 e le condotte post- fallimentari – si
(v. pag. 4 della sentenza di primo grado) quella del provvedimento del Tribunale, di omologa del
concordato fallimentare di cui si dirà.
In sostanza, come anche ribadito dalla Corte territoriale nell’intestazione e a pag. 2 della sentenza
impugnata, i giudici del merito hanno ritenuto provato quanto contestato nell’unico capo di imputazione
alfine addebitato al ricorrente quale terzo extraneus, concorrente con i soci della fallita— rispetto alla
pluralità originariamente elevata- e cioè il capo BB punto 10.
In questo viene descritta la condotta di distrazione, dissimulazione e dissipazione dell’avviamento
commerciale dell’impresa poi fallita. Condotta che si sarebbe realizzata a partire dal 1995 quando, posta in
liquidazione la società in nome collettivo di cui sopra- della quale erano soci ed amministratori Sorrentino
Mario Antonio e Sorrentino Luigi, padre e zio del ricorrente- e contestualmente creata la ditta individuale
“Cereal Sorrentino di Matteo Sorrentino”, appartenente, appunto, al ricorrente Matteo Sorrentino,
venivano successivamente ceduti, dalla prima alla seconda, in locazione, quattro silos destinati allo
stoccaggio dei prodotti commercializzati dalla società in decozione (contratto del 23 maggio 1995, firmato
dal liquidatore Sica, si dice nella imputazione, e del 23 settembre 1995, si attesta nella motivazione a pag.
5). Sarebbe tuttavia emerso, sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio, che alcun canone di locazione è
mai stato versato al liquidatore oppure ai soci.
Si riteneva provato, inoltre, da parte dei giudici di merito, che la costituzione della ditta Cereal Sorrentino,
peraltro avente il medesimo oggetto sociale della fallita e avente sede in una struttura attigua alla sede di
questa, non potesse essere il frutto dell’impiego di capitali del ricorrente che, fino a quel momento, aveva
lavorato come magazziniere, alle dipendenze del padre.
Dopo il fallimento del 1996, poi, con contratto del 1° febbraio 1997, veniva concessa in locazione anche
tutta la restante parte del compendio immobiliare ove aveva sede l’attività della società fallita e tale
contratto di locazione veniva stipulato, ancora una volta, con la ditta dell’imputato.
L’intera operazione si delineava con precisione, secondo la ipotesi accusatoria accreditata in sentenza, in
quanto si appurava che il concordato fallimentare- proposto dai soci della fallita, con indicazione della
Cereal Sorrentino quale assuntrice del concordato stesso, alfine omologato dal Tribunale dopo l’ultima
proposta del 21 ottobre 1998- prevedeva il pagamento del solo 25 % dei crediti chirografari a fronte, però,
del passaggio di proprietà di tutti i beni della fallita,compresi quelli già trasferiti in locazione, alla ditta
dell’imputato: un evento, cioè, quello del passaggio di proprietà, volto a rendere efficace- essendone
condizione sospensiva- l’iscrizione ipotecaria su quegli stessi immobili , da parte dell’istituto bancario che
aveva concesso alla Cereal Sorrentino una rilevante fideiussione ( 1 miliardo e seicento milioni) a garanzia
della esecuzione del concordato. Esso, di fatto, poneva i soci della società fallita nelle condizioni di rientrare
in possesso, attraverso i buoni uffici del concorrente esterno Sorrentino Matteo, di tutto il proprio
patrimonio immobiliare, mentre i creditori societari erano risultati gravemente penalizzati nella riscossione
delle loro spettanze.
1

attesta nel provvedimento oggetto di ricorso- si sono ripetute fino al 7 luglio 1999, data che risulta essere

r

Chiarisce la Corte d’appello, in sentenza, che il termine di prescrizione ha subito sospensioni, in secondo
grado, per un totale di mesi 19 e giorni 12.
Deduce il difensore
1)

la nullità della sentenza poiché mancante di motivazione.
Essa era stata redatta con lo schema del rinvio per relationem alla decisione di primo grado ma,
così facendo, il giudice aveva eluso il proprio obbligo non rispondendo alle specifiche censure
mosse nei motivi d’appello;

2)

la erronea applicazione della legge penale e delle norme destinate ad integrarla.
Il difetto totale di motivazione, cui sopra si è fatto riferimento, si aggiunge a considerazioni ed
per la prima volta, consistente nell’avere creato la ditta individuale senza disponibilità economiche.
In realtà, la ditta individuale fu creata dall’imputato, grazie alla fideiussione prestata dalla moglie
Malangone Grazia, la quale garantiva con le sue proprietà immobiliari, il conto corrente acceso
dall’imputato medesimo.
Ancora la Malangone fu colei che prestò fideiussione per l’acquisto dei beni dei falliti.
In conclusione, l’affermazione della Corte d’appello a proposito delle modalità di concessione del
finanziamento bancario sopra descritto, sarebbe del tutto destituita di fondamento.
Come pure destituito di fondamento sarebbe l’addebito di avere acquisito i silos con contratto
simulato, posto che il canone relativo è stato regolarmente versato e l’eventuale mancata
annotazione nei libri della società fallita costituisce condotta da contestare a soggetti diversi
dall’imputato;

3)

la nullità della sentenza per mancanza del capo di imputazione e il travisamento delle prove.
Nella parte motiva della sentenza si attribuiscono all’imputato condotte di bancarotta anche prefallimentari, nonostante che le stesse non gli siano state contestate, essendo la posizione
dell’imputato quella di un estraneo rispetto all’amministrazione della società fallita.
Inoltre nel capo d’imputazione sono confusamente descritte condotte riferibili unicamente agli altri
imputati;

4)

la prescrizione del reato maturata già prima della sentenza d’appello.

In data 13 settembre 2013, per la odierna udienza del 30 settembre, l’avv. Aricò, ha depositato memoria
nell’interesse del ricorrente, ampliando il tema posto con il secondo motivo di ricorso.
In particolare il difensore lamenta la mancata valutazione, da parte della Corte territoriale, degli argomenti
ad essa sottoposti con memoria presentata dal legale dell’imputato: una memoria nella quale si contestava
la tesi dell’essere il ricorrente, all’epoca delle operazioni sopra descritte, del tutto impossidente, avendo
egli invece fruito di un grosso prestito bancario garantito dalla fidejussione prestata dalla moglie e del quale
era stata allegata documentazione.
Nella memoria si riprende poi il tema della stipula di regolari contratti di locazione, che costituiscono
iniziative tali da non comportare, in ragione della loro stessa natura, alcuna definitiva spoliazione del
patrimonio da cui provengono i beni interessati.
Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.
Occorre prendere le mosse dal quarto motivo d’appello, il quale invoca la prescrizione che sarebbe
maturata già prima della sentenza di secondo grado e, in tali termini, pur facendo esso riferimento al reato
di bancarotta semplice, risulta tuttavia fondato anche in relazione all’addebito di bancarotta fraudolenta
per il quale si è proceduto fino al presente grado di giudizio.
2

addebiti per fatti non contestati, quale la condotta, attribuita al ricorrente dalla Corte d’appello,

Invero, deve notarsi che all’imputato è stato addebitato ( si veda il dettaglio contenuto nella parte generale
del capo BB, che compare nel terzo foglio della sentenza impugnata), a titolo di bancarotta fraudolenta
patrimoniale pre-fallimentare, il concorso- quale titolare di società diversa dalla fallita e dunque quale
extraneus, concorrente con i soci della prima, nonchè con il liquidatore della medesima- nella condotta
distrattiva consistita nell’acquisizione di quattro silos, appartenenti al patrimonio della società in stato di
decozione, mediante contratti di locazione simulati e comunque tali da avere comportato il distacco, dal
patrimonio della società in nome collettivo “Matteo Sorrentino e figli di Sorrentino Mario Antonio e Luigi”,
peraltro già gravemente insolvente, di beni aziendali, in assenza di qualsivoglia vantaggio per la società
cedente e per i creditori di questa.
con la dichiarazione di fallimento cioè il 6 giugno 1996.
Essa è anche pacificamente idonea ad integrare il reato contestato, in presenza della dimostrata sussistenza
dell’elemento soggettivo, posto che , come si legge anche nella sentenza impugnata, la giurisprudenza di
questa Corte, già con riferimento alla stipula di un normale contratto di locazione, ha espresso il
condivisibile principio secondo cui un contratto di tal genere, stipulato per finalità estranee all’azienda, può
integrare gli estremi della bancarotta per distrazione, quando venga perfezionato in previsione del
fallimento ed allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto
giuridico. Un tale contratto, infatti, lascia l’impresa dissestata nell’impossibilità di esercitare qualsiasi
attività economica e poiché produce effetti anche dopo il fallimento del locatore (art. 80 legge
fallimentare), ostacola gli organi del fallimento nella liquidazione dell’attivo (rendendo difficile la
collocazione sul mercato di beni non immediatamente disponibili) e danneggia i creditori concorsuali
(determinando una drastica diminuzione del valore di mercato dei beni locati) (Sez. 5, Sentenza n. 11207
del 29/10/1993 Ud. (dep. 06/12/1993) Rv. 196456.
A ciò va aggiunta la menzione, in relazione alla concreta fattispecie attestata dal giudice del merito,
dell’orientamento in tema di locazione senza corrispettivo, secondo cui integra il concorso dell”extraneus’
nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, il soggetto che, consapevole dei propositi distrattivi
dell’imprenditore e degli amministratori della società, concorra all’attività distrattiva posta in essere da
questi ultimi progettando e portando ad esecuzione la conclusione di contratti (nella specie affitto di
azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito dei creditori (Sez. 5,
Sentenza n. 10742 del 15/02/2008 Ud. (dep. 10/03/2008) Rv. 239480; sulla stessa linea v. Sez. 5, Sentenza
n. 49642 del 02/10/2009 Ud. (dep. 28/12/2009) Rv. 245821).
Quanto alle obiezioni difensive, presentate nella forma della denuncia di altrettanti vizi di motivazione, va
osservato che , a fronte di fattispecie caduta in prescrizione , esse restano precluse per la necessità della
immediata declaratoria della causa di estinzione, non essendo quelle finalizzate ad evidenziare, col
requisito della evidenza, cause di proscioglimento nel merito ricavabili ictu oculi dalla stessa motivazione
del giudice a quo, senza fare ricorso al rinvio.
Orbene, in tema di prescrizione deve considerarsi che l’imputato ha diritto di avvalersi della più favorevole
normativa sulla prescrizione, entrata in vigore 1’8 dicembre 2005, quando ancora, nei suoi confronti, non
era stata emessa la sentenza di primo grado: la causa estintiva deve dunque ritenersi per esso maturata
dopo 12 anni e sei mesi, ossia il 6 dicembre 2008. A tale termine debbono aggiungersi 19 mesi e 12 giorni
dovuti a cause di sospensione intervenute in appello ( v. anche pag. 3 della sentenza impugnata) oltre alle
cause di sospensione intervenute in primo grado ( mesi 2 e gg 8) con la conseguenza che la sua
maturazione deve ritenersi avvenuta alfine, il 26 settembre 2010, prima cioè della sentenza di appello
intervenuta nel 2013.
Infatti, tenuto conto che, in base alla novella sulla prescrizione sopra citata, i singoli reati addebitati (quello,
cioè, di bancarotta patrimoniale pre-fallimentare e quello di bancarotta post-fallimentare) si prescrivono
3

Tale condotta, in base al comune orientamento interpretativo della normativa di settore, risulta consumata

autonomamente l’uno dall’altro e senza che, in tale prospettiva, possa incidere l’istituto della
continuazione, peraltro surrogato, nella materia fallimentare, dall’istituto di cui all’art. 219 comma 2 n. 1, i
fatti di bancarotta pre-fallimentare avrebbero dovuto essere dichiarati estinti già ad opera della Corte
d’appello e, in mancanza di tale statuizione, procede direttamente questa Corte di cassazione ai sensi
dell’articolo 129 c.p.p.
E’ utile aggiungere, con osservazione utile anche a fondamento della individuazione della data di
prescrizione delle fattispecie contestate a titolo di bancarotta post-fallimentare, che , ai fini della
operatività della vigente disciplina sulla prescrizione, è centrale il rilievo, operato dalle Sezioni unite di
questa Corte in tema di pluralità di condotte di bancarotta, secondo cui, nel caso di consumazione di una
propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel
cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., disposizione che pertanto non
prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una
peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 cod. pen.( Sez. U,
Sentenza n. 21039 del 27/01/2011 Cc. (dep. 26/05/2011) Rv. 249665).
Ne discende non solo, come anticipato, la necessità di tenere distinti, a tali fini, i fatti di bancarotta prefallimentare ( tutti con consumazione alla data del fallimento: vedi, tra le molte, 205164) da quelli di
bancarotta post-fallimentare (la cui consumazione è invece fissata dalla data di effettiva commissione delle
condotte: rv 191599), ma anche la necessità di tenere distinte le singole condotte di distrazione postfallimentare.
Per quanto, dunque, concerne l’ulteriore contestazione, quella cioè di bancarotta post- fallimentare, con
data di finale cessazione al 7 luglio 1999, deve darsi atto che le circostanze di fatto ad essa pertinenti, come
contestate nell’ imputazione ed addebitate nella sentenza, sembrano costituite- data la complicata e a
tratti poco puntuale costruzione del capo di imputazione- in primo luogo dalla fattispecie di distrazione
realizzata mediante la stipula di altro contratto di locazione- quello del 1° febbraio 1997- che consentì,
all’imputato e ai suoi correi, di realizzare il distacco dei restanti beni immobili della società dal patrimonio di
questa , con volontà di frodare gli interessi dei creditori.
Con riferimento alla data del 1 febbraio 1997, dunque, pur osservandosi che non è fatta chiarezza dai
giudici sul se si sarebbe trattato, anche in questo caso, di contratto simulato ovvero di normale contratto di
locazione seguito dal pagamento dei relativi canoni ( vedi pag. 5 ove il mancato pagamento è attestato solo
in relazione al contrato del 1995) la prescrizione, sulla base delle considerazioni di fatto sopra evidenziate,
deve ritenersi maturata nel maggio 2011, ancora una volta prima della sentenza di appello.
E in relazione ad essa valgono le considerazioni già effettuate sulla preclusione dei motivi di ricorso,
infondati ma non manifestamente infondati, tendenti a denunciare un vizio di motivazione emendabile,
tuttavia, soltanto con rinvio al giudice del merito.
E’ appena il caso di rilevare, al riguardo, che il tema, introdotto dalla difesa, sulla non decisività della
mancata contabilizzazione del pagamento dei canoni ad opera dei soci, si contrappone- con il risultato della
infondatezza del primo- alla diversa lettura delle risultanze, interpretate invece in modo condivisibile e
logico da parte del giudice del merito, come mancanti, in modo assoluto, di tracce documentali o di altro
tipo, a proposito dell’asserito pagamento dei canoni di locazione da parte dell’imputato. E quindi ritenute
tali da non far presumere provata la concreta erogazione dei pagamenti.
Ma anche con riferimento alla omessa valutazione della tesi difensiva sulle garanzie asseritamente prestate
al ricorrente dalla moglie per la costituzione della società e per l’assunzione del concordato, va notato che
la risposta del giudice è nella trascrizione del contratto di ipoteca stipulato dal ricorrente con la banca, ed
attestante la richiesta di un genus di garanzie incompatibile con quello che la difesa ha rappresentato ,
4

pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la

senza peraltro indicare con precisione il modo attraverso il quale il tema sarebbe stato sottoposto,
specificamente, al giudice dell’appello.
Resta infine da analizzare, quale ulteriore data di consumazione di altro fatto di bancarotta postfallimentare, quella del 7 luglio 1999, indicata in calce al capo di imputazione preso in considerazione.
Si tratta della data della sentenza di omologazione del concordato fallimentare, ad opera del Tribunale ,
nella quale il trasferimento dei beni all’assuntore del concordato fallimentare trova titolo diretto ed
immediato: un provvedimento, cioè, del giudice, e , in quanto tale, inidoneo a rappresentare, per
l’imputato,una data di consumazione della condotta distrattiva, non fosse altro che per la assoluta
indipendenza della data stessa dalla condotta materiale ascritta all’agente e rilevante ( a differenza della

all’imputazione, mentre la condotta descritta nel capo di imputazione, nel modo confuso del quale si è
detto, consisterebbe , oltre che nella stipula dei detti contratti di locazione, anche nel deposito , il 31
ottobre 1998, della proposta di concordato fallimentare che aveva visto il ricorrente quale assuntore e che
aveva determinato, quale effetto della omologa del Tribunale, il trasferimento, alla sua ditta o società, dei
beni della fallita.
La partecipazione del ricorrente, consapevole e volontaria, a tali ultimi eventi, intesi come sostanzialmente
architettati e realizzati con frode anche nei confronti del Tribunale, tanto da determinare in modo
sostanzialmente illegittimo la approvazione di una proposta di concordato che, pur comprendeva in termini
inequivoci il trasferimento di proprietà dei beni della fallita all’assuntore del concordato stesso, a fronte del
pagamento di una parte dei creditori, sembra rimasta nella penna dei giudici di merito.
La sentenza di primo grado, alla quale quella di appello rinvia con riferimento a numerose questioni,
motiva, con specifico riferimento alla posizione del ricorrente e al capo BB10, citando la condotta consistita
nella stipula dei contratti di locazione, più volte menzionati ed esauritasi nel 1997 ( v. pag. 19).
Invece la motivazione è del tutto sfumata se non assente, proprio con riferimento ai termini di
partecipazione del ricorrente alle fasi successive, risultando stigmatizzati, si, i termini del contratto bancario
da quello stipulato e basato sulla iscrizione di ipoteca futura sui beni immobili della fallita, ma costituente
comunque una garanzia oggettiva per l’assunzione del concordato stesso, nel quale era incluso il
pagamento di parte dei crediti a fronte del trasferimento dei beni mobili, senza che, di tale omologa, risulti
anche solo ipotizzata la annullabilità per atti in frode e senza che sia chiarito il rapporto di valore tra i beni
immobili trasferiti e la entità dei crediti rimasti insoddisfatti.
Dunque, non risulta affatto comprensibile neppure se e in quali termini già il giudice di primo grado abbia
eventualmente inteso addebitare al ricorrente — comunque terzo extraneus- una condotta partecipativa —
con tutti i connotati soggettivi e oggettivi di rilievo penale — anche alla procedura di concordato
fallimentare che sarebbe stata, secondo la ipotesi accusatoria, a questo punto accreditata solo
genericamente dai giudici dell’appello, lo strumento attraverso il quale è stato realizzato giuridicamente il
depauperamento illegittimo del patrimonio immobiliare della fallita.
Con la conseguenza che, in base al criterio “in dubio pro reo”, la data del 7 luglio 1999 non appare
utilizzabile nei confronti dell’imputato quale data di consumazione di fattispecie regolarmente contestata
ed addebitata nei gradi di merito .
Ciò posto, va poi rilevato che il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
Si deduce, infatti, la mancanza di motivazione sui motivi d’appello senza indicare il contenuto dei motivi
stessi, così incorrendo nella violazione dell’articolo 581cpp che richiede perentoriamente la specifica
illustrazione delle ragioni in fatto ed in diritto a sostegno della doglianza prospettata.
5

condotta distrattiva pre-fallimentare) ai fini della consumazione del reato.
Al riguardo, deve anche notarsi che la data del 1999 è solo enunciata nei modi detti, in calce

Del secondo motivo si è detto.
Il terzo motivo è fondato, per una parte, sulla prospettazione di una nullità inesistente, laddove segnala
l’addebito di responsabilità all’imputato per fatti societari che egli non avrebbe potuto commettere in
assenza di poteri di gestione.
In realtà, tale confusa doglianza, oltre a essere versata in fatto, non tiene conto del fondamentale rilievo
che l’addebito di bancarotta fraudolenta per distrazione è stato formulato, nei confronti del ricorrente, non
già in virtù di poteri gestori adesso attribuibili bensì nella qualità di concorrente “extraneus” nella condotta
dei soci della società fallita.
a sortire effetti favorevoli all’imputato per le ragioni esposte a sostegno dell’accoglimento del primo motivo
di ricorso.

PQM
annulla la sentenza impugnata senza rinvio, per essere reati estinti per intervenuta prescrizione.
Cos) eciso il 3 settembre 2013

Per altra parte, invece, la censura della difesa relativa alla formulazione del capo d’imputazione è destinata

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