Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 575 del 30/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 575 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PEROZZI FRANCA N. IL 09/11/1951
avverso la sentenza n. 27/2009 TRIB.SEZ.DIST. di SAN BENEDETTO
DEL TRONTO, del 16/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
Ud ;
enerale in persona de
che ha concluso per

Data Udienza: 30/09/2013

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udito il PG in persona del sost.proc.gen. d.ssa E. Cesqui che ha concluso chiedendo dichiararsi
inammissibile il ricorso,
udito il difensore, avv. R. Romagnoli che ha illustrato i motivi di ricorso ed ne ha chiesto
l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione il difensore articolando, anche richiesta di sospensiva
dell’esecuzione la condanna civile ai sensi dell’articolo 612 cpp.
Deduce:
a) carenza dell’apparato motivazionale in quanto il giudice di appello ha dato atto in sentenza
della necessità, avvertita nel corso del dibattimento di secondo grado, di ascoltare nuovamente
il teste Fontana Elio, in ragione della scarsa comprensibilità della verbalizzazione delle sue
dichiarazioni innanzi al giudice di pace. Nel corpo della motivazione, tuttavia, non si fa alcun
cenno alle dichiarazioni del Fontana, ma si afferma che la responsabilità dell’imputato può
essere ritenuta sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, del vicino di casa e in
considerazione del contenuto della certificazione medica. Non viene tuttavia chiarito chi sia tale
vicino di casa. È evidente che se il tribunale aveva ritenuto necessario ascoltare nuovamente
Fontana, ciò sta a significare che, per il giudice di appello, si trattava di un contributo di
conoscenza assolutamente indispensabile, un contributo in grado, potenzialmente, di
sovvertire la pronuncia di primo grado. Da ciò l’assoluta incongruenza motivazionale della
sentenza che non dà atto delle dichiarazioni del Fontana,
b) violazione di legge e travisamento della prova, atteso che dai verbali di udienza di secondo
grado in realtà non risulta affatto che il Fontana sia stato ascoltato. L’unico teste ascoltato in
grado d’appello è tale Amatucci Ferdinando. È allora evidente che il giudice di appello fa
riferimento a una testimonianza inesistente e motiva il suo convincimento con riferimento a
una prova in realtà mai acquisita,
c) violazione di legge e motivazione apparente in ordine al mancato accoglimento della
scriminante di cui all’articolo 599 cp, atteso che proprio per le carenze sopra illustrate (ascolto
in secondo grado di un teste che non è Fontana) non si comprende come il giudicante abbia
potuto escludere la reciprocità delle offese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. La ricorrente va condannata
alle spese del grado e al versamento di somma a favore della cassa ammende. Si stima equo
determinare detta somma in euro 1000.
2. Dalle lettura delle sentenze di merito si deduce agevolmente che il vicino di casa è
proprio l’Amatucci, il quale era affacciato al balcone ed ebbe modo di seguire lo sviluppo della
discussione tra Perozzi e Capannelli e di percepirne l’esito (verbale stenotipico del 3.5.2011).
È dunque evidente che la sentenza (che obiettivamente non brilla per chiarezza espositiva, ma
il cui filo logico è comunque intelligibile) fonda la sua decisione sulle dichiarazioni della PO, su
quelle di Amatucci e sulla documentazione sanitaria.
2.1. La menzione del Fontana, evidentemente, non può che ritenersi un mero lapsus
calami.
3. La reciprocità delle accuse, infine, è meramente ipotizzata nel ricorso senza alcun
riferimento a precisi dati fattuali
PQM

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Ascoli Piceno, in funzione di giudice
d’appello, ha confermato la pronuncia di primo grado del giudice di pace di San Benedetto del
Tronto che ebbe a dichiarare Perozzi Franca colpevole dei delitti negli articoli 582, 594, 612 cp
in danno di Capannelli Palmiro, condannandola alla pena della multa di euro 600 e al
risarcimento dei danni nella misura complessiva di euro 2000, oltre alla rifusione delle spese.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, ipflata 30 settembre 2013.

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