Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5743 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5743 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bognin Giorgio, nato a Genova il 16/03/1954

avverso la ordinanza del 02/11/2012 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Giovanni Conti;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia
dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. In data 26 marzo 2012, il Ministero della giustizia, Dipartimento per gli
Affari di Giustizia, Direzione Generale della Giustizia penale, trasmetteva alla
Corte di cassazione, a norma dell’art. 723 cod. proc. pen., la richiesta di
assistenza giudiziaria formulata dall’autorità giudiziaria della Repubblica di

Data Udienza: 09/01/2014

Turchia nel procedimento penale a carico di Giorgio Bognin e altri imputati di
redazione di falsa perizia in cambio di favori illeciti e concorso in corruzione.
Trattandosi di atti da eseguire nell’ambito territoriale di più distretti di Corte
di appello, con detta nota ministeriale la Corte di cassazione veniva invitata a
determinare la Corte di appello competente, a norma dell’art. 724, comma 1-bis,
cod. proc. pen.
Si evidenziava che nella specie era applicabile la Convenzione Europea di
Assistenza Giudiziaria adottata a Strasburgo il 20 aprile 1959 (resa esecutiva con

2. Con sentenza n. 19044 del 03/05/2012, depositata il successivo 17
maggio, la Corte di cassazione, Prima Sezione penale, rilevato che l’attività
principale richiesta doveva svolgersi nel distretto di Milano, determinava per
l’esecuzione della rogatoria la competenza della Corte di appello di Milano, cui
trasmetteva gli atti.

3. Su richiesta del Procuratore Generale in sede, espressa in data 21 maggio
2012, la Corte di appello di Milano, con ordinanza del 30 maggio 2012, ordinava
l’esecuzione della rogatoria (exequatur), delegando per l’esecuzione il Consigliere
Pietro Carfagna.
Con successiva nota in data 14 giugno 2012, il Consigliere delegato della
Corte di appello mandava alla locale Sezione di P.G., con facoltà di sub-delega,
l’esecuzione degli atti richiesti, consistenti nella convocazione e nell’esame degli
indagati, tra i quali Giuseppe Bognin, sui fatti e le circostanze specificati nella
rogatoria, con la garanzia dell’assistenza dei difensori.

4. Con la ordinanza in epigrafe, emessa il 2 novembre 2012 e depositata il
successivo 5 novembre, la Corte di appello di Milano dichiarava non doversi
provvedere in ordine alla istanza (da qualificare come incidente di esecuzione)
presentata da Giorgio Bognin con la quale si chiedeva non darsi corso alla
richiesta di cooperazione giudiziaria presentata dall’autorità giudiziaria della
Repubblica di Turchia, stanti le dedotte violazioni della normativa in tema di
rogatorie internazionali e dell’art. 6 CEDU e la incompetenza territoriale della
Corte di appello di Milano, essendo l’istante residente in Genova.
Osservava la Corte di appello che sussisteva la propria competenza a
provvedere in virtù della investitura ricevuta dalla Corte di cassazione; che bene
la p.g. poteva essere delegata a procedere all’interrogatorio dell’imputato ex art.
370 cod. proc. pen.; che le altre doglianze dovevano essere rivolte all’a.g.

legge 23 febbraio 1961, n. 215 ed entrata in vigore per l’Italia il 12 giugno 1964.

rogante, dalla quale l’imputato poteva ottenere, tramite il difensore
domiciliatario in Turchia, ogni atto utile per la sua difesa; e che in ogni caso gli
atti rogati erano stati già eseguiti.

4. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il Bognin , con atto
sottoscritto personalmente, con il quale deduce i seguenti motivi:
4.1. Incomprensibilità del contenuto dell’atto impugnato, redatto a mano
con grafia illeggibile, peraltro notificato al solo difensore domiciliatario.

– l’esecuzione della rogatoria da parte della Corte di appello era basata su
una decisione della Corte di cassazione di cui non veniva fornito alcun estremo e
che comunque non era mai stata comunicata al ricorrente o al suo difensore;
– la delega alla p.g. era illegittima non potendosi applicare l’art. 370 cod.
proc. pen., data la qualità di imputato, e non di indagato, del Bognin, e
trattandosi di atto da svolgersi in circoscrizione diversa da quella ove era
collocata la sua residenza;
– era lesivo dei diritti di difesa imporre all’imputato di ottenere dall’a.g. turca
copia degli atti su cui si fondava l’accusa, redatti in lingua turca;
– non era stata data alcuna risposta alle varie questioni dedotte con le quali
si mettevano in evidenza lesioni dei diritti inviolabili della difesa conseguenti alla
procedura seguita.

5. Il ricorrente ha poi presentato memoria in replica alla requisitoria del
Procuratore Generale in sede (con la quale si concludeva per la inammissibilità
del ricorso) in particolare evidenziando che gli unici atti trasmessi dall’a.g. turca
a sostegno della rogatoria erano costituiti dalla richiesta di rinvio a giudizio e
dalla fotocopia di alcuni articoli del codice penale turco, tradotti
approssimativamente, così impedendosi ogni informata difesa sulle accuse
mosse.

6. A seguito di ordinanza di questa Corte, assunta alla udienza del 3 ottobre
2013, la Procura Generale presso la Corte di appello di Milano trasmetteva copia
del verbale di interrogatorio del Bognin reso in data

10 ottobre 2012 con

l’assistenza del difensore avv. Carlo Golda, nominato domiciliatario, davanti al
Nucleo Operativo della Guardia di Finanza di Genova; del verbale di
identificazione, di nomina di difensore e di elezione di domicilio; dell’avviso al
difensore del giorno fissato per l’interrogatorio.

4.2. Violazione della legge penale e processuale sotto molteplici aspetti:

7. Con memoria depositata in data 16 dicembre 2013, il difensore del
ricorrente ha precisato che solo il giorno 26 novembre 2012, in data successiva
alla scadenza dei termini per il ricorso per cassazione (24 novembre 2012), la
Cancelleria della Corte di appello di Milano, su richiesta del medesimo difensore,
aveva provveduto a predisporre una versione dattiloscritta dell’ordinanza
impugnata.

1. Il ricorso è infondato.

2.

Il contenuto dell’atto impugnato, pur se redatto a mano con non

commendevole scarsa attenzione da parte dell’estensore alla qualità grafica e al
decoro che deve contraddistinguere ogni provvedimento dell’a.g., specie se
rivolto alle parti, è comunque in ogni suo passaggio decifrabile, come traspare
dalle stesse argomentazioni svolte nel ricorso, con cui si rivolgono specifiche
critiche che implicano la perfetta comprensione di esso.

3. E’ irrilevante che non sia stato comunicato preventivamente alla parte il
provvedimento della Cassazione (emesso nella specie con la richiamata sentenza
Sez. 1, n. 19044 del 03/05/2012), comunque allegato agli atti, dato che la
Corte, a norma dell’art. 724, comma 1-bis, cod. proc. pen., provvede in camera
di consiglio senza presenza della parte privata con decisione che non è soggetta
ad alcuna forma di reclamo (v. Sez. 1, n. 1365 del 14/04/1999, Acampora).
Per la medesima ragione non è contestabile la competenza per l’esecuzione
della rogatoria fissata in capo alla Corte di appello di Milano dalla Corte di
cassazione con il suddetto provvedimento.

4. E’ infondata la lesione del diritto di difesa per non avere l’imputato potuto
avere adeguata cognizione delle accuse mossegli nel procedimento davanti
all’a.g. turca e delle relative fonti di prova.
La censura è formulata in termini generici, e in ogni caso dall’esame degli
atti si ricava che l’a.g. turca ha trasmesso, con traduzione in italiano di qualità
non eccelsa ma sufficientemente comprensibile, sia le norme del codice penale
su cui si fondano le ipotesi di reato sia la requisitoria del Procuratore della
Repubblica di Adana (Turchia), in cui vengono dettagliatamente esposti, prima in
forma sintetica, e poi in forma discorsiva, i dati probatori raccolti a carico del
Bognin e degli altri soggetti coinvolti nel procedimento penale, e in particolare il

CONSIDERATO IN DIRITTO

contenuto delle dichiarazioni rese dal denunciante Nusret Giirbiiz e da numerosi
testi o coindagati.
Da detta requisitoria si evince del resto che il Bognin era pienamente a
conoscenza del procedimento a suo carico, tanto da avere già reso all’a.g.
italiana, su precedente commissione rogatoria richiesta dall’a.g. turca,
dichiarazioni a sua discolpa e di avere incaricato della sua difesa un difensore
turco (avv. Hakan inar), che aveva avuto occasione di presentare dettagliata
memoria, ottenendo una sentenza di proscioglimento istruttorio, che tuttavia la

e di altri imputati.
L’interrogatorio del Bognin richiesto in rogatoria si colloca dunque nella fase
del rinvio a giudizio disposto dall’a.g. turca su impugnazione della Procura di
Adana. Esso costituisce pertanto un adempimento meramente formale, imposto
a seguito del nuovo rinvio a giudizio per gli stessi fatti sui quali il Bognin aveva
avuto già modo di rappresentare le sue difese.
Non rileva, evidentemente, che in sede di interrogatorio reso davanti all’a.g.
delegata in data 1° ottobre 2012 il Bognin, dopo avere ricevuto cognizione degli
addebiti mossigli dall’a.g. turca, abbia dichiarato di non volere rispondere,
peraltro presentando una memoria in cui esponeva i fatti di cui era a
conoscenza.

5. Non inficia irrimediabilmente la procedura seguita il fatto che la delega
per l’interrogatorio non avrebbe potuto essere data ad una autorità di polizia
giudiziaria, sulla base della considerazione che l’art. 725, comma 1, cod. proc.
pen. prevede la delega da parte della corte di appello a uno dei suoi componenti
o al g.i.p. del luogo in cui l’atto deve compiersi; e che non poteva comunque
essere impiegata la formalità della delega alla p.g., che l’art. 370 cod. proc. pen.
prevede solo per gli atti delegati dal p.m. nel corso dell’attività di indagine.
Nella specie, infatti, non si discute di formalità che valgono per la regolarità
di un procedimento penale in corso davanti all’a.g. italiana, ma di un
adempimento da assumere a seguito di rogatoria internazionale, che non può
essere invalidato sulla base del mero rilievo della inosservanza della disciplina
dell’ordinamento processuale interno, salvo che le formalità impiegate
contrastino con principi fondamentali o con norme inderogabili di ordine pubblico
– evenienza che nella specie certamente non può dirsi ricorrere – ovvero con la
citata Convenzione di assistenza giudiziaria di Strasburgo del 20 aprile 1959, che
nulla prevede inderogabilmente al riguardo.

Procura di Adana aveva impugnato, con conseguente rinvio a giudizio del Bognin

In ogni caso, pur dovendosi riconoscere che è stato erroneamente investito
per l’assunzione dell’atto di interrogatorio rogato un organo di p.g., dato che
l’art. 725, comma 1, cod. proc. pen. prevede che la corte di appello possa
delegare uno dei suoi componenti ovvero il g.i.p. del luogo di assunzione
dell’atto, e che si è comunque fatta erronea applicazione, per le ragioni sopra
indicate, dell’art. 370 cod. proc. pen., e quindi dell’art. 725, comma 2, dello
stesso codice, che rimanda in genere alla osservanza delle forme previste dal
codice di rito, vale osservare, in primo luogo, che nulla venne eccepito

soprattutto, che una simile questione, non implicando alcuna lesione di un diritto
fondamentale dell’ordinamento italiano, può essere posta solo davanti all’a.g.
rogante, che bene può valutare la rispondenza delle forme impiegate
nell’espletamento della rogatoria ai principi fondamentali del proprio
ordinamento interno.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 09/01/2014.

dall’interessato o dal suo difensore al momento .dell’espletamento dell’atto, e,

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