Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5726 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 5726 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUSOLINO ISABELLA N. IL 12/01/1960
avverso l’ordinanza n. 12973/2012 GIUD. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 11/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
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Data Udienza: 19/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 24.118/2013 R. G.

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Udienza del 19 dicembre 2013

Rileva
1. — Con ordinanza deliberata e depositata 1’11 aprile 2013 il
Magistrato di sorveglianza di Torino ha rigettato la istanza di
remissione del debito (di C 41.642,84) avanzata dalla condannata Isabella Musolino, motivando: difetta il requisito delle
condizioni economiche disagiate; la Musolino, percettrice
nell’anno 2012, di reddito da lavoro dipendente di C 7.500, è
proprietaria, in comunione pro indiviso per la quota di 1/3, di
un appartamento e di quattro appezzamenti di terreno, in agro
di Benestare, coltivati a uliveto; ella vive in altro appartamento (diverso da quello in comproprietà); la espropriazione degli
immobili consentirebbe la riduzione sensibile della quota gravante sulla istante dell’ingente debito erariale, senza peraltro
pregiudicare «in modo diretto» il suo tenore di vita.
2.— La condannata ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Vincenzo L. Coluccio,
mediante atto recante la data del 28 maggio 2013, col quale
sviluppa due motivi.
2.1— Col primo motivo il difensore denunzia inosservanza ed
erronea applicazione degli articoli 205 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A), emanato con decreto legislativo 30 maggio
2002, numero 115, 535 cod. proc. pen. e 2 cod. pen., obiettando
che, essendo la condanna anteriore alla novella della succitata
disposizione del testo unico, cit., la ricorrente è tenuta in solido, con gli altri condannati, al pagamento delle spese di giustizia.

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Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
dott. Antonio Mura, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le ammende.

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Ricorso n. 24.118/2013 R. G.

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Udienza del 19 dicembre 2013

te inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 6 del Testo Unico, cit., nonché mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, contestando la valutazione del giudice a quo, circa le condizioni economiche, e sostenendo che l’adempimento
del debito erariale avrebbe comportato «un serio e considerevole
squilibrio del bilancio domestico» e compromesso «il soddisfacimento di elementari esigenze vitali».

2.3 — Con memoria del 6 novembre 2013 il difensore ha insistito
per l’accoglimento del ricorso.
3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, mediante atto del 4 settembre 2013, ha obiettato: i motivi a sostegno del ricorso sono manifestamente infondati e costituiscono censura in punto di fatto della decisione impugnata.

4. — Il ricorso è manifestamente infondato.
4.1 — Affatto ininfluente, alla stregua della ratio decidendi della
ordinanza impugnata, è il rilievo della ricorrente circa la solidarietà del debito erariale, la quale, peraltro, non esclude il riparto nei rapporti interni tra i coobbligati.

4.2 — Per il resto non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di legge:
—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
— né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale di sorveglianza di esattamente interpretato le norme
applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.
—né sotto il profilo formale della inosservanza della legge processuale in relazione alla asserita carenza di motivazione — rile-

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2.2 — Col secondo motivo il difensore denunzia promiscuamen-

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R.G.

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Udienza del 19 dicembre 2013

vante nella specie ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera
c), cod. proc. pen. con riferimento all’articolo 125, comma 3,
cod. proc. pen. — in quanto il giudice a quo ha dato conto adeguatamente (come illustrato nel paragrafo che precede sub 1.)
delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione
congrua e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del
presente scrutinio di legittimità, circoscritto nell’ambito esclusivo della violazione di legge a’ termini dell’articolo 71-ter dell’
Ordinamento penitenziario.
4.3 — Inammissibile è, pertanto, la ulteriore censura per la supposta manifesta illogicità della motivazione.
Giova, in proposito, ricordare che l’articolo 236, comma 2,
disp. coord. cod. proc. pen. (la norma dispone: “Nelle materie
di competenza del tribunale di sorveglianza continuano ad applicarsi le disposizioni contenute dalla legge 26 luglio 1975, n. 354
diverse da quelle contenute nel capo Il-bis del titolo 11 della stessa
legge”) non reca alcun riferimento alle materie di competenza
del magistrato di sorveglianza.
Consegue che l’articolo 71-ter dell’Ordinamento penitenziario
(contenuto nel capo 1I-bis del titolo II) non è derogato in parte
de qua dalla anzidetta norma di coordinamento (cfr.. Cass., Sez.
Un., 27 giugno 2006, n. 31461, Passamani, massima n. 234147,
circa la intervenuta abrogazione delle disposizioni del suddetto
capo II-bis in relazione alle materie di competenza del tribunale di sorveglianza).
Sicché il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti
del magistrato di sorveglianza continua ad essere esperibile
esclusivamente per violazione di legge (Cass., Sez.
Un., 26 febbraio 2003, n. 25079, Gianni; Sez. I, 12 novembre
2008, n. 44321, Araniti; Sez. I, 12 febbraio 2009, n. 9508, Testa, non massimate sul punto, e Sez. I, 20 ottobre 2010, n.
39314, Farinella, massima n. 248844), colla conseguenza che la
censura della manifesta illogicità della motivazione si risolve
nella proposizione di motivo non consentito col ricorso per cas-

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Ricorso n. 24.118/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE PRIMA PENALE

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Udienza del 19 dicembre 2013

sazione e, pertanto, sanzionato a pena di inammissibilità a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.
corso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500
(cinquecento) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 dicembre 2013.

4.4 – Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ri-

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