Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 572 del 30/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 572 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCANO ANTONIO MICHELE COSTANTINO N. IL 07/07/1946
PETTINAR° GIUSEPPE N. IL 26/08/1948
avverso la sentenza n. 654/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 14/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
1.-~ T>

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 30/09/2013

Fatto e diritto
Propongono ricorso per cassazione Scano Antonio Michele Costantino e Pettinaro Giuseppe avverso la
sentenza della Corte d’appello di Cagliari-sezione distaccata di Sassari-in data 14 giugno 2012, con la quale,
a seguito di appello della parte civile contro la assoluzione pronunciata, in primo grado, in ordine al reato di
diffamazione, è stata riconosciuta la responsabilità civile degli imputati e gli stessi sono stati condannati al
risarcimento del danno e al ristoro delle spese.
Il reato di diffamazione era stato contestato con riferimento alla pubblicazione, avvenuta ad opera di
Pettinaro, nella bacheca dell’azienda sanitaria di Sassari, della delibera adottata da Scano il 22 aprile 2004,
quale direttore generale dell’azienda, ed avente ad oggetto una serie di addebiti disciplinari mossi al
querelante Madeddu- dirigente amministrativo della stessa azienda- addebiti che, come ancora contestato,
erano tali da comportare la lesione dell’onore e della reputazione del Madeddu.
Si ricostruiva poi, nella sentenza di primo grado, che, con la detta delibera, Scano aveva proposto al
Comitato dei Garanti il recesso della Usi dal rapporto di lavoro con lo stesso Madeddu e che mentre la
affissione in bacheca aveva riguardato il solo oggetto e il numero della delibera, ossia il frontespizio di essa,
la delibera, con il suo integrale contenuto, era stata trasmessa ai responsabili dei vari servizi dell’azienda.
Il giudice di prime cure aveva tuttavia sostenuto l’assenza di responsabilità penale con riferimento alla
condotta in questione posto che le accuse contenute nella delibera avevano avuto ad oggetto non la
persona ma la condotta professionale del querelante ed erano state elevate con gli strumenti tipici del
procedimento disciplinare. Quel giudice aveva pertanto assolto gli imputati con la formula perché il fatto
non costituisce reato.
La Corte territoriale aveva invece ritenuto che la contestazione disciplinare -atto privo di rilevanza esternanon potesse divenire oggetto di delibere tantomeno di affissione in bacheca e quindi di divulgazione in
ambiti diversi da quelli dei soggetti strettamente interessati. Rilevava 3 in conclusione I la mancanza del
requisito della continenza ossia della rilevanza sociale del comportamento divulgato e concludeva per la
responsabilità civile degli imputati.
Deducono entrambi
1)

la erronea applicazione della legge penale nonché degli articoli 5 e 55 del decreto legislativo
numero 165 del 2001.
Tali norme prevedono l’applicazione, al settore pubblico, dei precetti validi per il privato datore di
lavoro ed in particolare quello secondo cui le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro
sono adottate con deliberazione del datore di lavoro e p re quanto concerne specificamente le
infrazioni disciplinari, con determinazione conclusiva del dirigente generale.
Per tali ragioni la difesa sostiene essere errata l’affermazione della Corte secondo cui la proposta
disciplinare non avrebbe dovuto assumere la forma di una deliberazione e, conseguentemente,
sarebbe assente la rilevanza sociale della comunicazione della stessa all’esterno.
Aggiunge,la difesa)alcuni esempi di pubblicazione di delibere in materia di licenziamento;

2)

la violazione degli articoli 516 e 522 cpp.
L’imputato Scafo è stato condannato sulla base di una contestazione che riguardava
esclusivamente il concorso nella affissione in bacheca del frontespizio della delibera, ossia ad un
atto che, da solo, era del tutto privo di capacità diffamatoria.
Diversamente non è gli stato mai contestato di avere concorso nella divulgazione della delibera agli
altri uffici direzionali dell’azienda sanitaria.
Il giudice dell’appello, pronunciandosi anche sul concorso nella divulgazione, aveva violato l’articolo
112 del codice di procedura civile ossia si era espresso ultra petita;

4

Deduce Pettinaro inoltre
1) la violazione degli artt.100 e 122 cpp posto che l’appello della parte civile è stato presentato dal
difensore non munito di procura speciale ad hoc, dopo che la costituzione di parte civile era
avvenuta ad opera della parte personalmente.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
I ricorsi sono fondati.

è formulato come mera ripetizione di un motivo di appello al quale la Corte territoriale ha già fornito
esaustiva risposta.
Si legge infatti ) nella sentenza impugnatai che nella fase della costituzione di parte civile è stata rilasciata,a1
difensore/ procura speciale dell’interessato, comprensiva di delega per la proposizione di impugnazione di
qualsiasi ordine e grado.
Risulta d’altra parte, dall’esame del fascicolo, che il mandato rilasciato all’atto della costituzione di parte
civile-non avvenuta personalmente e quindi da intendersi, già per quella fase, come procura speciale al
difensore- esprime la volontà della persona offesa di essere difesa anche nei gradi di impugnazione,
volontà da intendersi dunque comprensiva del mandato alla proposizione dell’atto di gravame, introduttivo
del grado.
Al riguardo, la interpretazione della effettiva volontà della parte, come manifestata, è stata correttamente
effettuata dal giudice del merito, secondo i criteri dettati dalle Sezioni unite di questa Corte con sentenza
n. 44712 del 27 ottobre 2004 rv 229179, andando a valutare la formula assai ampia utilizzata nella procura
a margine dell’atto di costituzione di parte civile.
La eccezione di nullità della sentenza per mancanza di correlazione fra la contestazione e l’addebito è, poi,
fondata solo in parte.
E’ noto che secondo la giurisprudenza di questa Corte, più volte, la violazione del principio di necessaria
correlazione fra accusa e sentenza integra una nullità a regime intermedio, che non può essere dedotta per
la prima volta in sede di legittimità ( Sez. 5, Sentenza n. 9281 del 08/01/2009 Ud. (dep. 02/03/2009 ) Rv.
243161; conformi: N. 7957 del 1997 Rv. 209753, N. 8639 del 1999 Rv. 214316, N. 14101 del 1999 Rv.
215797, N. 44008 del 2005 Rv. 232805).
Nella specie, tuttavia, essa non avrebbe potuto essere posta nei motivi di appello da parte dell’imputato
per la semplice ragione che non avrebbe potuto essere sollevata la questione in relazione ad una sentenza
di primo grado che era stata di assoluzione e quindi non poteva avere integrato la nullità di cui
all’art.522cpp.
La questione è dunque ammissibile e fondata in relazione al giudizio di appello nel quale l’addebito di
responsabilità si è basato anche sul fatto della divulgazione della delibera ai risposabili dei servizi USL,
circostanza di fatto non compresa nel capo di imputazione e integrante fatto nuovo rispetto a quello
originariamente contestato e rappresentato dalla sola affissione della delibera nella bacheca della USL.
Sotto tale aspetto e limitatamente ad esso, la affermazione di responsabilità , sia pure ai soli effetti civili,
risulta affetta dalla nullità citata.
Quanto all’ulteriore motivo di doglianza, vi è da rilevare che la Corte territoriale ha evocato, convalidando
il capo di imputazione, l’art.4 l° comma dello statuto AUSL che circoscrive la pubblicazione delle delibere

Prendendo le mosse dall’ultimo dei motivi di ricorso citati- da esaminare per primo/ per la natura
pregiudiziale della questione in esso posta- vi è da rilevare che si presenta inammissibile dal momento che

,

0

del direttore generale, alle sole dotate di rilevanza esterna, escludendo nel contempo che tale connotato
fosse attribuibile alla mera proposta di licenziamento in ambito disciplinare.
Il presupposto di tale constatazione, cui è stata agganciata quella — dipendente dalla prima- della assenza
del requisito dell’interesse sociale alla conoscenza del fatto lesivo della altrui reputazione, reso noto ad un
numero indeterminato di persone, sta però nella affermazione, appunto, che la divulgazione avesse avuto
ad oggetto un atto a contenuto offensivo.
Rileva dunque questa Corte , in accoglimento del motivo di gravame in esame, che il giudice dell’appello
non ha esaminato la rilevanza, nella prospettiva appena evidenziata, del fatto che ad essere divulgata,
mediante affissione in bacheca, non è stata la delibera integrale, comprensiva cioè dei sette addebiti
disciplinari che, alla stregua del capo di imputazione, avrebbero rappresentato esattamente il contenuto
dell’atto lesivo della altrui reputazione.
Al contrario, emerge dagli accertamenti di cui si dà conto nelle sentenze di merito ( in particolare v. pag. 1
della motivazione della sentenza di primo grado), che è stato affisso nella bacheca il solo frontespizio della
delibera.
Pertanto, il giudizio sulla idoneità della condotta accertata , ad integrare il reato di diffamazione ( esclusa la
condotta della ulteriore divulgazione agli altri dirigenti, per quanto si è detto) risulta del tutto carente e non
calibrato sui fatti oggetto della contestazione, rimanendo del tutto oscuro se l’evento lesivo possa ritenersi
prodotto mediante la sola pubblicazione dei dati della delibera e del suo oggetto e se le disquisizioni sulla
rilevanza esterna dell’atto possano attagliarsi anche ai soli dati appena citati.
Il giudice del rinvio, in sede civile, dovrà emendare il vizio della motivazione attenendosi ai principi
enunciati.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Ro a 30 settembre 2013

e

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA