Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5718 del 19/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 5718 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONDI’ ANTONIO N. IL 07/01/1967
avverso la sentenza n. 7/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
GENOVA, del 14/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
ehe-14.w.caaeìffsgiyer.

Data Udienza: 19/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013 R. G. *

Udienza del 19 dicembre 2013

– il Pubblico Ministero, in persona del dott. Oscar Cedrangolo,
sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte suprema di cassazione, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della
cassa delle ammende.
– i difensori del ricorrente, avvocati Graziella Delfino e Raffaele Caruso, i quali hanno concluso per l’ accoglimento del ricorso.
Rileva
1. — Con sentenza, deliberata il 14 gennaio 2013 e depositata il

24 gennaio 2013, la Corte di assise di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza della Corte di assise di quella stessa
sede, 10 marzo 2012, ha riconosciuto la attenuante della seminfermità; ha dichiarato detta attenuante (unitamente alle circostanze attenuanti generiche già elargite in prime cure) prevalente sulle aggravanti ritenute; ha ridotto la pena principale
(da sedici ani e otto mesi di reclusione) a dodici anni e sei mesi
di reclusione; ha applicato la misura di sicurezza della casa di
cura e di custodia per la durata di tre anni; ha confermato nel
resto la sentenza appellata di condanna a carico di Antonio
Mondi imputato del delitto di omicidio in danno di Artichiana
Mazzucchelli, aggravato dal profittamento di circostanze tali
da ostacolare la privata difesa della vittima, ultraottantenne e
gravemente inferma, e dal nesso teleologico, e del delitto di
rapina aggravata in danno della medesima vittima, reati perpetrati i Genova il 17 settembre 2010 colla recidiva reiterata e
specifica.
I giudici di merito hanno accertato che l’imputato, confesso in
ordine alla azione omicida, allo scopo di impossessarsi della
somma di cento euro, detenute dalla vittima nel portafogli, aveva cagionato la morte della Mazzucchelli, sua zia, atterrandola, sbattendone reiteratamente il capo contro il pavimento,

2

Uditi, altresì, nella pubblica udienza:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013 RG. *

Udienza del 19 dicembre 2013

colpendola con calci e, infine, defenestrandola, con precipitazione di venti metri; e aveva, quindi, grassato il numerano.

1.1 — In rito, premesso che l’ipotesi che uno schizzo di sangue
(della vittima) abbia «raggiunto la prima banconota, é compatibile con lo stato dei luoghi», deve essere disattesa la mozione difensiva di rinnovazione della istruzione dibattimentale per
l’esecuzione di perizia in ordine sulla succitata macchia ematica di colore circolare, rilevata dalla polizia giudiziaria su una
delle banconote da venti euro sottratte alla vittima.
L’indagine appare, infatti, superflua alla stregua delle prove
raccolte.

1.2 — L’accertamento della Corte di assise in ordine alla penale
responsabilità per il delitto di rapina e alla aggravante teleologica in relazione alla condotta omicida è corretto.
La tesi del giudicabile di aver ricevuto in dono dalla zia la
somma di quaranta euro è infondata.
La madre dell’imputato ha dichiarato che non le risultava che
la sorella avesse l’abitudine di regalare denaro all’appellante,
senza, tuttavia, escludere «che ciò fosse avvenuto una sola volta
in passato».
Mondì, per giustificare la presenza della macchia di sangue sulla banconota e stornare il sospetto della rapina e del movente
di lucro del delitto di sangue, ha sostenuto mendacemente che
mentre usciva dalla abitazione della zia (dopo aver commesso
l’omicidio), si era fermato sul pianerottolo per sistemare meglio
le banconote che aveva nel portafoglio. Ma l’unica spiegazione
di siffatta condotta «è la foga con la quale si era impossessato
delle banconote dopo aver commesso l’omicidio»; e tanto esclude
la percezione del numerano «in un momento di calma».
Per vero l’appellante assassinò la zia per sottrarle il denaro.

3

Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto
assume rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, la
Corte territoriale ha osservato quanto appresso.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752120 13

R. G.

*

Udienza del 19 dicembre 2013

1.3 — In ordine alla capacità di intendere e di volere del giudicabile, deve essere disattesa la tesi difensiva della carenza di
imputabilità per vizio totale di mente.
Pienamente condivisibile è il responso del perito psichiatra, il
quale ha reputato mendace la rappresentazione dell’imputato
di aver patito allucinazioni uditive, che lo avrebbero indotto
con puntigliose prescrizioni a perpetrare il fatto di sangue; il
disturbo non trova riscontro nella anamnesi, prossima e remota, se non per un episodio, risalente al 2003, ma collegato alla
assunzione di cocaina (droga idonea a indurre allucinazioni uditive); lo specialista psichiatra del pronto soccorso del presidio
ospedaliero San Martino ove Mondì fu condotto alle ore 22.35,
lo stesso giorno del delitto, ha riferito che l’esame psicopatologico per allucinazioni uditive aveva dato esito negativo; non è
plausibile l’affermazione, «fantasiosa e insostenibile», dell’ appellante di aver taciuto ai medici le «voci opprimenti e spaventose» che lo avrebbero tormentato; Mondì, infatti, non aveva alcun «motivo di temere una punizione né da parte dei medici né di
altri»; né è credibile l’ulteriore assunto difensivo del «risentimento irrefrenabile» indotto dalla decisione della zia di rifiutare
le cure a fronte delle condizioni di salute dell’appellante, sieropositivo e affetto da epatite di tipo B e di tipo C; le aspettative
di vita di Mondì erano, infatti, più confortanti di quelle zia, irreversibilmente pregiudicate dalla neoplasia incurabile, in fase
avanzata, fonte di sofferenze; conclusivamente la esclusione
che «l’imputato avesse agito sotto l’impulso irrefrenabile di voci
imperative» comporta la consequenziale esclusione del vizio totale di mente.
1.4 — Il gravame merita invece accoglimento nel senso del riconoscimento del vizio parziale di mente.

4

Il portafoglio della vittima fu trovato completamente vuoto.
Ora è inverosimile che la Mazzucchelli, trattandosi di persona
anziana e ammalata la quale viveva sola, disponesse soltanto
di quaranta curo e potesse essersi disfatta di tutto il contante,
donandolo al nipote.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013 R. G. *

Udienza del 19 dicembre 2013

In proposito deve essere disatteso il responso peritale; infatti
«alcuni comportamenti incongruenti» dimostrano che la capacità di intendere e di volere del Mondì al momento del fatto era
grandemente scemata.

La defenestrazione della vittima, dopo la soppressione, con
conseguente sottrazione di tempo utile per la fuga, e il ritorno
(dopo l’allontanamento) sulla scena del delitto rivelano che la
mente dell’appellante non era «del tutto lucida».

1.5 — La attenuante del vizio parziale di mente e le circostanze
attenuanti generiche prevalgono sulle aggravanti del nesso teleologico, della minorata difesa e sulla recidiva.
La pena base di anni ventiquattro di reclusione deve, pertanto,
essere ridotta a venti anni per il vizio parziale di mente, e, ulteriormente, a diciotto anni per le circostanze attenuanti generiche; in esito all’applicazione dell’ aumento di nove mesi di reclusione, a titolo di continuazione, per la rapina, la sanzione
complessiva di diciotto anni e di nove mesi è, infine, abbattuta
di un terzo per il rito abbreviato.
La riduzione per la diminuente di cui all’articolo 89 cod. pen. è
contenuta in ragione di un sesto, in quanto il giudice di primo
grado, nel riconoscere le circostanze attenuanti generiche, ha
già tenuto conto delle «delle stesse condizioni personali
dell’imputato».

2. — L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocata Graziella Delfino, mediante atto del 29 marzo 2013, col quale sviluppa quattro motivi, dichiarando anche promiscuamente di denunziare, ai sensi
dell’articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), cod. proc. pen.
inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme di cui si deve tenere conto nella applicazione della
legge penale, in relazione agli articoli 88, 89 e 575 cod. pen.
(primo motivo) e in relazione agli articoli 89 e 62-bis cod. pen.
(quarto motivo); inosservanza di norme processuali in relazione all’articolo 603 cod. proc. pen. (secondo e terzo motivo) e in
relazione all’articolo 441, comma 5, cod. proc. pen. (terzo mo-

5

o

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013

R. G.

*

Udienza del 19 dicembre 2013

2.1 — Col primo motivo il difensore si duole del diniego del riconoscimento del vizio totale di mente e, diffusamente illustrando il responso, i rilievi e le considerazioni del consulente psichiatrico della difesa, argomenta: la Corte territoriale non ha
compreso né la criminogenesi, né la criminodinamica del fatto
di sangue; la totale esclusione della capacità di intendere e di
volere si correla indefettibilmente alla ideazione delirante e al
conseguente scompenso psicotico, che «già da soli» sono «idonei
a escludere totalmente» la imputabilità; in questo quadro si è inserita la sindrome della «allucinazione uditiva»; dei tre fenomeni in parola i giudici di merito hanno preso in considerazione
(soltanto) la allucinazione, erroneamente negandone la ricorrenza; hanno, in proposito, omesso di valutare la relazione del
dott. Di Marco il quale ha approfondito il tema delle allucinazioni apprezzando la coerenza al dato nosologico delle allucinazioni accusate dal ricorrente; hanno trascurato che il negativo
referto dello psichiatra del pronto soccorso concerneva
l’attualità delle allucinazioni, ma non escludeva quelle pregresse; ma, soprattutto, la Corte territoriale non ha compreso «la
valenza autonoma dello scompenso psicotico», opponendo considerazioni razionali all’erroneo e delirante convincimento del
giudicabile; infine, i giudici di merito, riconoscendo che la condotta successiva al reato di Mondì fu tutt’altro che lucida e razionale, hanno finito col travolgere il presupposto del responso
peritale in ordine alla capacità di intendere e di volere
dell’imputato, avendo il perito tratto decisivo argomento di esclusione del vizio totale di mente, proprio dalla lucidità e dalla
razionalità della condotta dell’agente subito dopo la perpetrazione del fatto di sangue.
2.2 — Col secondo motivo il difensore censura la reiezione, implicita e immotivata, della mozione di rinnovazione della istruzione dibattimentale per l’espletamento di nuova perizia psi-

6

tivo), nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (con tutti e quattro i mezzi di impugnazione).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013 R. G. *

Udienza del 19 dicembre 2013

2.3 — Col terzo motivo il difensore stigmatizza la ulteriore reiezione di rinnovazione della istruzione dibattimentale per
l’espletamento di perizia in ordine alla «natura, l’origine e la
provenienza della macchia di sangue», riscontrata su una delle
banconote sequestrate al ricorrente, opponendo: non sono stati
riscontrasti schizzi di sangue sulle «superfici orizzontali della
scena del crimine»; mancano tracce papillari sul portafoglio della vittima; la madre dell’imputato ha ammesso la possibilità
che più di una volta la sorella avesse elargito danaro al ricorrente; dal testimoniale emerge il grave stato di prostrazione
della Mazzucchelli, la quale condizione era coerente colla decisione della donna (riferita dal giudicabile) di interrompere le
cure.
Aggiunge il difensore: la prova del ritenuto delitto di rapina è
«totalmente carente»; e la mancanza di prova al riguardo si ripercuote sulla aggravante teleologica dell’omicidio e sull’ accertamento del movente di lucro del fatto di sangue, che in difetto resta unicamente spiegabile alla luce della patologia psichiatrica che affligge Mon&
2.4 — Col quarto motivo il difensore si duole della dosimetria
della pena, con riferimento alla entità della diminuzione per il
vizio parziale di mente; censura la motivazione addotta dalla
Corte territoriale e oppone che il giudice di primo grado aveva
riconosciuto le circostanze attenuanti generiche in considerazione di «plurimi elementi e non solo [della] malattia mentale».
3.-11 ricorso è infondato.
3.1 — Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di
legge:
— né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presuppo-

7

chiatrica, argomentando che la incongruenza della decisione
impugnata dimostra la necessità del postulato accertamento.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013 R. G. *

Udienza del 19 dicembre 2013

sto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

3.2 — In ordine all’accertamento della condotta delittuosa, concernente il connesso delitto di rapina, della aggravante del nesso eziologico dell’azione omicida, e della capacità di intendere e
di volere (a fronte della totale negativa del ricorrente) e in ordine alla dosimetria della pena, non è apprezzabile vizio alcuno
della motivazione che infici la sentenza impugnata, sì da comportarne l’annullamento.
3.3 — La traccia ematica riscontrata su una delle banconote sequestrate al giudicabile vale certamente a escludere che 1′ apprensione del numerano abbia preceduto il fatto di sangue e,
pertanto, possa essere stata conseguenza — come sostenuto dal
ricorrente — della pretesa elargizione della vittima.
L’assunto difensivo risulta, oltretutto, confutato dal calzante
rilievo della Corte territoriale in merito alla inverosimiglianza
che la Mazzucchelli «si fosse disfatta di tutto il denaro contante
per beneficiare il nipote».

3.4 — E, per vero, quanto, poi, alla richiesta di rinnovazione
della istruzione dibattimentale, il dubbio prospettato dal ricorrente, circa «la natura, l’origine e la provenienza» della traccia
ematica, appare meramente congetturale e affatto pretestuoso
proprio alla luce della stessa condotta processuale del giudicabile, il quale nessuna indagine postulò in tal senso nel condizionare la richiesta di ammissione al rito abbreviato.
E altrettanto congetturale è la illazione che la vittima «tenesse
del contante in altra parte della casa».

3.5 — In ordine all’accertamento della capacità di intendere e di
volere del giudicabile al momento del fatto appare fondato il
rilievo difensivo circa la discr a sia riscontrata tra

8

— né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte di
appello esattamente interpretato le norme applicate, alla luce
dei principi di diritto fissati da questa Corte.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013

R. G.

*

Udienza del 19 dicembre 2013

( b ) la esclusione del vizio totale di mente ribadita dalla medesima Corte di assise di appello con richiamo del responso peritale, il quale, tuttavia, ha concluso per la capacità di intendere
e di volere sulla base della «valutazione del tutto opposta» del
comportamento post delictum «giudicato lucido e razionale».
Effettivamente l’apprezzamento del giudice a quo circa la
condotta del Mondì susseguente al reato contraddice il presupposto dell’ accertamento peritale della capacità di intendere e
di volere del giudicabile.
Siffatta constatazione non è, tuttavia, risolutiva ai fini della
decisione del presente scrutinio di legittimità.
Alla stregua dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc.
pen. assume rilievo «il vizio» della «contraddittorietà [..] della
motivazione».
Per integrare la patologia in parola non è sufficiente il mero
contrasto tra due proposizioni del tessuto motivazionale o, come nella specie, tra una determinata proposizione e il presupposto che sorregge altra proposizione; occorre, bensì, che nel
contesto del complessivo impianto del costrutto argomentativo
posto a fondamento della decisione, la inconciliabilità dei contrastanti enunciati risulti di valenza tale da compromettere
radicalmente l’assetto e la tenuta della sequela logico — giuridica, disarticolandola.
Occorre, cioè, che la contraddizione (anche implicita) tra due
proposizioni del provvedimento comporti la contraddittorietà della motivazione.
La questione, pertanto, da risolvere nel presente scrutinio è se
l’ accertamento della capacità di intendere e di volere, confermata dalla Corte territoriale con sostanziale richiamo delle ragioni esposte dal primo giudice e, segnatamente, del responso

9

(a) l’ apprezzamento della Corte territoriale, in ordine alla (ritenuta) deficiente lucidità mentale del reo e alla (ritenuta) incongruenza della sua condotta nella fase successiva alla perpetrazione dell’ omicidio;

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013

R. G. *

Udienza del 19 dicembre 2013

peritale, sia, in concreto, incrinato e travolto dal rilievo della
stessa Corte circa la condotta post crimen del ricorrente.

Non è certamente in discussione la concessione della diminuente della seminfermità: il divieto della reformatio in peius «pur
essendo specificamente previsto in materia di appello, costituisce
un principio generale, come tale applicabile a tutte le impugnazioni» (Sez. 2, n. 2434 del 21/12/1993 – dep. 25/02/1994, Carpentieri, Rv. 196953) e certamente non consente, in carenza della
impugnazione del Pubblico Ministero, il riesame del punto relativo al riconoscimento della attenuante, ma certamente non
osta al sindacato, nella sede del presente scrutinio di legittimità, delle ragioni addotte al riguardo dalla Corte territoriale,
nella misura in cui il ricorrente le ha richiamate e le ha fatte
valere per contrastare l’ accertamento della imputabilità.
Per vero la preclusione endoprocessuale sul punto della concessione della diminuente dell’articolo 89 cod. pen. non comporta
la formazione della cosa giudicata in ordine all’accertamento
dei supposti elementi fattuali, ritenuti e adotti dalla Corte di
merito per dar conto della elargizione della attenuante.
Epperò, nella rigorosa osservanza dei confini della cognizione,
devoluta a questa Corte, ai sensi dell’articolo 609, comma 1,
cod. proc. pen., «limitatamente ai motivi proposti» sul punto
della capacità di intendere e di volere, devono, allora, saggiarsi
la fondatezza e la congruenza dei rilievi del giudice a quo, circa
la condotta post crimen del ricorrente; e deve valutarsi la attitudine dei medesimi a confutare l’ accertamento della imputabilità.
Giova considerare che l’accertamento della capacità di intendere e di volere del giudicabile ha costituito oggetto di approfondita disamina, nella pienezza del contraddittorio dibattimentale nel primo grado del giudizio di merito, sulla scorta della accurata e meticolosa indagine peritale, la quale ha motivatamente disatteso le deduzioni e le conclusioni del consulente
tecnico della difesa, riproposte dal ricorrente.

10

La soluzione è negativa.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

*

Udienza del 19 dicembre 2013

La «amplissima e documentata ricostruzione analitica della storia
clinica e psichiatrica» di Mondì a far tempo dal 2000 e la ricostruzione del «quadro organico complessivo che affonda le sue radici nei dieci anni di vita [del giudicabile] antecedenti al fatto»
suffragano la negativa che la patologia psichiatria e
il disturbo di personalità borderline dell’imputato abbiano escluso la capacità di intendere e di volere di costui al
momento del fatto, essendosi Mondì dimostrato «lucido e razionale» sia prima, sia durante, sia dopo la perpetrazione delle
azioni delittuose.
Con particolare riguardo alla condotta successiva all’omicidio
il primo giudice ha dettagliatamente analizzato il contegno del
giudicabile con puntuale riferimento alla defenestrazione del
cadavere, all’allontanamento dalla scena del delitto, al tragitto
seguito fino alla stazione, alla ricezione della telefonata della
madre, alla successiva conversazione con costei, al ritorno, indotto dalla richiesta della genitrice ignara del delitto, alla abitazione della vittima, alla adeguatezza del percorso seguito.
La sentenza di primo grado, sulla scorta del responso peritale,
ha dato conto della plausibilità della defenestrazione nella prospettiva della simulazione del suicidio della vittima; ha spiegato che, dopo la perpetrazione del fatto di sangue, Mondì si allontanò dalla casa della zia e si dirigesse verso la stazione ferroviaria, seguendo «un preciso percorso»; raggiunto in itinere
dalla telefonata della madre, la quale chiedeva notizie della sorella, conversò in modo congruo, tacque dell’omicidio, organizzò una linea difensiva; e, in seguito alla insistenza della genitrice la quale gli aveva chiesto di tornare della zia per verificarne
le condizioni, fece «l’unica cosa razionale» che potesse fare «per
non alimentare sospetti»: tranquillizzò la madre e la assicurò che
sarebbe tornato — come fece — a casa della zia.
Il primo giudice, stigmatizzando l’errore — in cui è incorsa la
difesa tecnica del giudicabile — della sovrapposizione e confusione del «piano di valutazione giudiziario-investigativo sulla efficienza della condotta del Modi» col «piano — affatto diverso —
di valutazione psichiatrico», ha, conclusivamente, motivata-

47′

11

Ricorso n. 23.752/2013 R. G.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/201 3 R.G.

*

Udienza del 19 dicembre 2013

mente escluso che nella condotta post delictum sia ravvisabile
alcuna caratteristica di «comportamento caotico e disorganizzato
della azione omicida» nella accezione clinica propria, rilevante
sotto il profilo medico-legale in relazione all’accertamento della
influenza della sindrome psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere.

Orbene, le scabre, frettolose e del tutto atecniche considerazioni della Corte territoriale — circa la (ritenuta) deficiente lucidità mentale del reo e la (ritenuta) incongruenza della sua condotta nella fase successiva alla perpetrazione dell’ omicidio, con riferimento alla defenestrazione e al
ritorno sulla scena del delitto — risultano palesemente inconsistenti, prive di pregio alcuno (siccome inficiate dalla medesima
fallacia, stigmatizzata dal primo giudice, della sovrapposizione
dei piani di valutazione) e affatto inidonee ad incrinare il saldo
costrutto argomentativo che sorregge la esclusione del vizio totale di mente: vitiantur sed non vitian t; sicché il denunziato contrasto non si traduce nella contraddittorietà della motivazione sul punto della acclarata imputabilità del
ricorrente.

3.6 — Residuano, beninteso, alla stregua del più ampio contesto
del provvedimento impugnato nella sua interezza indubitabili
profili di contraddittorietà e di illogicità manifesta in relazione
al riconoscimento (della Corte territoriale) della attenuante del
vizio parziale di mente; ma il vizio della motivazione della sentenza, sul punto relativo, è irrilevante nella sede del presente
scrutinio di legittimità, restando sottratto alla cognizione e al
sindacato di questa Corte a cagione della preclusione endoprocessuale conseguita alla acquiescenza del Pubblico Ministero
presso il giudice a quo.
3.7 — Avuto riguardo alle considerazioni che precedono, affatto evidente appare, infine, pur in carenza di espressa motivazione della Corte territoriale, la esclusione della necessità
della rinnovazione della istruzione dibattimentale per la esecuzione di nuova perizia psichiatrica.
/-)

12

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013

3.8

R. G.

*

Udienza del 19 dicembre 2013

Per il resto il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza — vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nella narrativa che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione
(v. per tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella,
massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre
2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta
a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
Questa Corte non rileva nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato:

— né il vizio della contraddittorietà della motivazione
che consiste nel concorso (dialetticamente irrisolto) di proposizioni (testuali ovvero extra testuali, contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente), concernenti
punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro,
tali che l’affermazione dell’una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell’altra e viceversa;
— né il vizio della illogicit à manifesta che consegue alla
violazione di alcuno degli altri principi della logica formale e/o
dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi
dell’articolo 192 cod. proc. pen., ovvero alla invalidità (o
scorrettezza) dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di
inferenza tra le stesse e la conclusione (v., per tutte, da ultima:
Sez. Un. n. 20804 del 29/11/2012 — dep. 14/05/13, Aquilina e altri, non massimata sul punto).
Per vero i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della
motivazione e del travisamento dei fatti, si sviluppano tutti
nell’orbita delle censure di merito; sicché, consistendo in motivi

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 23.752/2013 R.G. *

Udienza del 19 dicembre 2013

diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.

3.9 Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso, il 19 dicembre 2013.

P.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA