Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5713 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5713 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASTALDO ALDO N. IL 16/08/1964
CASTALDO ANNALISA N. IL 07/12/1986
avverso l’ordinanza n. 73/2013 TRIB. LIBERTA’ di LATINA, del
20/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lekfe/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/12/2013

39709/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20 giugno 2013 il Tribunale di Latina ha respinto la richiesta di riesame
di decreto del gip dello stesso Tribunale emesso il 3 aprile 2013 di sequestro preventivo di
opere abusive, richiesta proposta da Castaldo Aldo e Castaldo Annalisa, indagati per il reato di
lottizzazione abusiva.
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo quattro motivi. Il primo motivo denuncia

effettuati nel 2009, l’ultimo nel 2012) riguardanti due procedimenti pendenti presso lo stesso
Tribunale dinanzi alla sezione distaccata di Terracina, riuniti per l’udienza del 4 ottobre 2013. Il
secondo motivo denuncia violazione di legge quanto a competenza e assenza di motivazione:
sarebbe stato competente a disporre il sequestro il Tribunale di Terracina, davanti al quale già
pendeva il giudizio. Il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo 321 c.p.p. per
insussistenza del periculum in mora: alla sua contestazione, avanzata già in sede di riesame, il
Tribunale non avrebbe risposto, valutandolo probabilisticamente. Il quarto motivo denuncia
violazione di legge per insussistenza del fumus commissi delicti e assenza di motivazione: il
Tribunale non avrebbe risposto ai rilievi sulla non univocità degli elementi attinenti alla
lottizzazione abusiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato,
3.1 II primo motivo censura l’ordinanza impugnata per violazione del principio del ne bis in
idem, non avendo l’ordinanza indicato gli elementi nuovi che sarebbero stati necessari per
rispettarlo in rapporto a due sequestri preventivi del 2009 e a un sequestro preventivo del
2012, attinenti a due procedimenti in pendenza dinanzi alla sezione distaccata di Terracina.
Tutto questo non corrisponde al contenuto dell’ordinanza impugnata, che – dopo avere dato
specificamente atto che oggetto del sequestro sono un manufatto in cemento, due annessi
porticati, una casetta in legno con una tettoia in aderenza, una piscina, un manufatto in
muratura destinato a deposito in cantina, un’altra tettoia, un altro deposito in muratura, un
manufatto per alloggiamento di impianti tecnologici – confuta la doglianza del preteso bis in
idem rilevando che “il P.M. ha proceduto non solo ad una diversa qualificazione giuridica del
fatto originariamente contestato, ma alla contestazione di una fattispecie di reato connotata da
elementi storico fattuali differenti rispetto a quanto riportato nel provvedimento di sequestro
dell’11/7/2012; in esso infatti veniva in considerazione la sola realizzazione della piscina con
individuazione della data del commesso reato ferma al 4/7/2012, invece nel provvedimento
impugnato viene valutato in maniera complessiva l’intervento edificatorio posto in essere dai
Castaldo nel corso del tempo”; e al riguardo il Tribunale analizza come tale intervento, dal
2008 al 25 ottobre 2012, abbia realizzato una lottizzazione materiale ponendo in essere il

violazione del principio del ne bis in idem rispetto a tre precedenti sequestri preventivi (due

manufatto principale in cemento armato, plurimi manufatti in legno, la piscina, le tettoie e
soprattutto la strada di accesso asfaltata e la fossa settica. Non è dunque fondata la doglianza
che il Tribunale non avrebbe evidenziato gli elementi connotanti anche sul piano fattuale la
nuova qualificazione giuridica del fatto originariamente contestato, incorrendo in illegittima
ripetizione della cautela reale: al contrario chiaramente il giudice di merito ha esternato pure
sotto il suddetto profilo le ragioni per cui non si è verificato, secondo la sua valutazione, con il
sequestro preventivo in esame un bis in idem.

Peraltro, non si può non ricordare che

l’accertamento dell’esistenza di una violazione del principio ne bis in idem riveste un contenuto

al giudice di merito (da ultimo Cass. sez. IV, 27 giugno 2013 n. 35831, per cui

“non è

deducibile dinanzi alla Corte di Cassazione la violazione del divieto del “ne bis in idem”, atteso
che è escluso in sede di legittimità l’accertamento del fatto necessario per verificare la
preclusione derivante dalla coesistenza di procedimento iniziati per lo stesso fatto e nei
confronti della stessa persona, e non potendo la parte produrre documenti concernenti
elementi fattuali, la cui valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito”;

conformi

Cass. sez.V, 10 gennaio 2013 n. 9825; Cass. sez.V, 11 dicembre 2012-31 gennaio 2013 n.
5099; Cass. sez.V„ 6 maggio 2011 n. 24954), nel caso, poi, che si sia raggiunto il giudicato si rileva meramente ad abundantiam non essendo l’ipotesi in esame – potendosi comunque
trovare tutela dinanzi al giudice dell’esecuzione (ex multis Cass. sez.IV, 3 dicembre 2009 n.
48575). Risulta pertanto evidente la non consistenza del primo motivo.
3.2 D secondo motivo ripropone, come il precedente, una doglianza che era già stata
rappresentata al Tribunale di riesame: il gip del Tribunale di Latina sarebbe stato incompetente
a emettere il sequestro preventivo perché, ai sensi del primo comma dell’articolo 321 c.p.p.,
dopo l’esercizio dell’azione penale la relativa competenza ricade sul giudice competente anche
a pronunciarsi nel merito, spettando al gip soltanto prima dell’esercizio. Poiché, dunque, il
processo dinanzi alla sezione distaccata di Terracina sarebbe “per il medesimo fatto seppur
diversamente qualificato”, solo il giudice di Terracina sarebbe stato competente a disporre il
sequestro preventivo. Nella riproposizione del motivo i ricorrenti non confutano quanto al
riguardo è già stato osservato dal giudice di merito per respingerlo in sede di riesame. Questo
è già di per sé sufficiente a rendere il motivo inammissibile, poiché l’impugnazione non può
prescindere, se la doglianza è la stessa, dai relativi tratti della motivazione del provvedimento
impugnato (Cass. sez. II, 27 giugno 2012 n. 36406; Cass. sez. IV, 4 febbraio 2010 n. 9188). È
peraltro evidente che il fondamento del motivo in questione è lo stesso del motivo precedente,
cioè l’asserto che il processo pendente dinanzi alla sezione distaccata di Terracina avesse lo
stesso contenuto del procedimento in cui si inserisce il sequestro, solo in tal modo potendosi
sostenere che fosse già stata esercitata l’azione penale. E infatti il Tribunale del riesame
riconosce la competenza del gip “poiché i due processi pendenti a Terracina sono diversi ed
hanno ad oggetto due singoli interventi edificatori abusivi mentre il decreto di sequestro del

fattuale, per cui non può essere richiesto al giudice di legittimità ma compete esclusivamente

3/4/2013 riguarda il complesso residenziale realizzato dai Castaldo ed integrante la diversa
fattispecie di lottizzazione abusiva materiale”. Il motivo, anche sotto questo aspetto, risulta
quindi privo di consistenza.
3.3 Il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo 321 c.p.p. per insussistenza del
periculum in mora,

sotto forma di carenza di motivazione, in sostanza, dell’ordinanza

impugnata al riguardo. In realtà, la motivazione è tutt’altro che carente, ravvisando -sulla
base di elementi concreti – e non, come li definiscono i ricorrenti, meramente probabilistici – le

posta in essere dai Castaldo…poiché essi a partire dal 2008 e sino al 25/10/2012 hanno
realizzato una pluralità di opere edificatorie tali da dar luogo, almeno sotto il profilo indiziario,
alla lottizzazione materiale” onde è necessario “scongiurare il pericolo di reiterazione del reato
o di sottrazione ed aggravamento delle conseguenze dello stesso, connesse anche al solo uso
del bene”.
3.4 II quarto motivo, infine, censura l’ordinanza quanto alla motivazione in ordine al fumus
commissi delicti, perché non vi sarebbe stata risposta “ai rilievi sulla non univocità degli

elementi della lottizzazione abusiva” e non si sarebbero tenute in conto le “concrete risultanze
processuali”, né considerati i “puntuali rilievi della difesa”. Ora, anche a prescindere, da un
lato, dai limiti – totale carenza o apparenza – della valutazione del vizio motivazionale che
caratterizza, ex articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione avverso una cautela reale (da
ultimo, proprio riguardo al sequestro preventivo, Cass. sez. VI 10 gennaio 2013 n. 6589; cfr.
altresì, tra i più recenti arresti, Cass. sez.V, 1 ottobre 2010 n. 35532 e Cass. sez.VI, 20
febbraio 2009 n. 7472), e dall’altro dal noto canone della motivazione implicita in caso di
assorbimento di elementi non decisivi (Cass. sez. II, 8 febbraio 2013 n.9242; Cass. sez. VI, 19
ottobre 2012 n.49970; Cass. sez. IV, 13 maggio 2011 n. 26660; Cass. sez. VI, 4 maggio 2011
n. 20092), non si può non rilevare, a priori, che il contenuto del motivo è generico, non avendo
i ricorrenti indicato in che cosa consisterebbe la non univocità degli elementi relativi alla
lottizzazione abusiva, né a quali “concrete risultanze processuali” e a quali “puntuali rilievi”
difensivi il Tribunale non avrebbe dato adeguata considerazione: e ciò rende inammissibile il
motivo stesso.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale
emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che ogni ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa,
di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

esigenze cautelari: il periculum è infatti identificato “nella reiterazione della condotta violativa

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di €1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 13 dicembre 2013

‘dente

Il Consi liere Estensore

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