Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5711 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5711 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIANESE GIOVANNI N. IL 10/08/1945
avverso l’ordinanza n. 787/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
15/05/2013
/

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
1c/te/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/12/2013

, 35707/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 maggio 2013 il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di riesame
di decreto di sequestro preventivo emesso il 17 aprile 2013 dal gip dello stesso Tribunale
proposta da Pianese Giovanni, indagato per i reati di cui agli articoli 81 e 110 c.p., 44 d.p.r.
380/2001 (per avere realizzato, quale proprietario e committente, opere edilizie abusive

suddette opere).
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo la violazione dell’articolo 321 c.p.p. per
insussistenza del fumus commissi delicti. Vi sarebbe stata acritica adesione alle valutazione del
perito del PM e del dirigente del settore assetto del territorio del Comune di Giugliano.
L’intervento sarebbe stato di ristrutturazione, concetto unitario, non essendo configurabile una
ristrutturazione interna distinta da una ristrutturazione esterna come avrebbero ritenuto i
giudici di merito. Legittime sarebbero state le DIA del 2005 e del 2009 rilasciate al Pianese e
non sarebbe stata infedele la correlata rappresentazione dei luoghi (nel capo d’imputazione si
afferma invece che nella DIA nel 2005 sarebbero stati falsamente dichiarati preesistenti un
salone e un sottotetto). Il Tribunale non avrebbe considerato la documentazione prodotta in
udienza dalla difesa sulla preesistenza di un sottotetto crollato per il sisma del 1980 in misura
parziale, per cui sarebbe stata applicabile la normativa regionale sul recupero del sottotetto di
preesistente al 17 ottobre 2000. Nella motivazione sarebbe poi richiamato un procedimento
avviato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Napoli, irrilevante
perché privo di esito. Non sarebbero state considerate altresì le difese sull’assenza di indizi di
un accordo, ai fini della imputazione ex articolo 323 c.p., tra il ricorrente e il funzionario
Porcaro, né si sarebbe tenuto conto del fatto che il ricorrente non era sindaco quando fu
rilasciata la DIA del 2005. In conferente sarebbe poi per l’imputazione ex articolo 323 c.p. il
vantaggio economico che avrebbe riportato il ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato, ‘,44..e-bZkesei f

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Come già si evince dalla sintesi appena tracciata, sotto forma di violazione di legge il
ricorrente censura le valutazioni fattuali dell’ordinanza impugnata, adducendo una vera e
propria ricostruzione alternativa e comunque sostenendo che gli elementi probatori o non
sarebbero stati considerati o avrebbero dovuto portare ad una decisione diversa in ordine
all’esistenza del fumus commissi delicti. Il motivo, pur rubricato in modo corretto, patisce

qualificandole ristrutturazione) e 81, 110 e 323 c.p. (sempre riguardo alla realizzazione delle

A dunque una sostanza inammissibile. È precluso al giudice di legittimità verificare i risultati di
un compendio probatorio, anche a livello ancora sommario come quello in esame; e d’altronde,
anche sul piano motivazionale, inteso come violazione di legge, laddove trattasi – come nel
caso di specie – di cautela reale il sindacato del giudice di legittimità è confinato alla verifica
dell’esistenza di una motivazione non apparente, che cioè consenta di rendere comprensibili
l’oggetto dell’esame del giudice e l’iter logico da questi seguito (ex multis da ultimo, proprio
per un caso di sequestro preventivo, Cass. sez. VI 10 gennaio 2013 n. 6589).
Peraltro, l’ordinanza ha rappresentato chiaramente e adeguatamente il profilo del fumus,

settembre 2011 dal dirigente del settore assetto del territorio del Comune di Giugliano, la cui
relazione viene raffrontata specificamente con le rappresentazioni dello stato dei luoghi – in
forza del confronto, non veritiere – da cui è sortita la DIA del 10 agosto 2005 n. 30173, con
particolare riguardo alla non preesistenza di alcuni elementi che ha comportato un abusivo
incremento di volumetrie e varie difformità rispetto alla realtà antecedente; la nota del 4
giugno 2008 del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Napoli e provincia,
che comunicava che i lavori in corso di ristrutturazione potevano compromettere i “caratteri
architettonici peculiari dell’edificio”, chiedendo di provvedere alla loro immediata sospensione,
poi non effettuata dall’allora responsabile del settore assetto territorio del Comune di
Giugliano, Francesco Porcaro, e venendo invece rilasciata l’autorizzazione di ulteriori opere con
la DIA del 12 agosto 2009 n. 6894) e ponendole poi a confronto con le doglianze difensive.
Riguardo a queste, analizza ancora la situazione preesistente, indicando le fonti per ricostruirla
(oltre alla contestata consulenza del PM, il sito Internet denominato Google earth,
documentazione fotografica e rilievi aerofotogrammetrici), nonché confuta specificamente
l’interpretazione degli strumenti urbanistici applicabili alla zona (sotto questo profilo, si noti,
menziona una ristrutturazione “interna”, esprimendo però con le virgolette che l’espressione
non è quella normativa). Del tutto analitica e congrua è infine la ricostruzione del compendio
probatorio – ancora con specifica confutazione dei rilievi dell’attuale ricorrente – in ordine al
fumus relativo al reato di cui all’articolo 323 c.p., anche sotto questo aspetto fornendo
un’adeguata rappresentazione sia dell’oggetto del suo esame sia dell’iter logico perseguito,
correlato in particolare alla falsa rappresentazione dei luoghi e al conseguente vantaggio di
poter realizzare un’opera in parte nuova che il ricorrente attuale ne ha tratto, profittando
anche nel periodo in cui era sindaco del Comune di Giuliano, durante il quale gli fu rilasciata la
seconda DIA, quella del 12 agosto 2009.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale
emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di

richiamando le fonti probatorie (la relazione di sopralluogo eseguito presso l’immobile il 29

A

inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di

. Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma il 13 dicembre 2013

Il Presidente

e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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