Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5707 del 09/12/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5707 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Arezzo nel procedimento contro
Kouki Mohanned, nato a Tunisi l’11/07/1992

avverso l’ordinanza del 18/09/2015 del Tribunale di Firenze, Sezione del Riesame

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Paola Filippi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.Richiesto del riesame ex art. 310 c.p.p. dal PM presso il Tribunale di Arezzo
avverso le ordinanze del 22 e del 23 giugno 2015 del GIP presso il Tribunale di
Arezzo – con le quali era stata disposta dapprima la misura della custodia cautelare
in carcere e poi la sostituzione con quella del divieto di dimora nel Comune di
Arezzo – il Tribunale di Firenze rigettava il ricorso, con provvedimento del 18
settembre 2015.

Data Udienza: 09/12/2015

Il nucleo centrale della pronunzia del Tribunale muove dalla constatazione
che, il 1 settembre 2015, era stato emesso l’avviso di conclusione delle indagini
preliminari (atto successivo alla proposizione del ricorso), dal quale sarebbe
emerso che lo stesso PM appellante aveva contestato al Kouchi l’ipotesi lieve di cui
al quinto comma dell’art. 73 DPR 309/96, riconosciuta dal GIP di Arezzo ed
impugnata con l’atto di appello. Sarebbe stata dunque dirimente la circostanza che
l’organo della pubblica accusa avesse recepito in toto l’avvenuta riqualificazione

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Arezzo, deducendo erronea applicazione della legge penale, ex art.
606 comma 10 lett. b) c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Attraverso il motivo dedotto, sostiene il ricorrente che l’imputazione
contenuta nell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. non vincolerebbe né il pubblico
ministero, né il giudice investito dell’appello e neppure farebbe venir meno
l’interesse all’impugnazione della parte che vi ha proceduto, trattandosi di atto
dovuto e non essendo la qualificazione del fatto incompatibile con la persistenza
dell’impugnazione.
Il ricorso è inammissibile.
Come già affermato dal Tribunale, l’avviso di conclusione delle indagini
preliminari ha lo scopo di rendere edotto l’indagato in ordine alla sommaria
enunciazione del fatto per il quale si procede. In altri termini, la previsione
legislativa di cui all’art. 415 bis c.p.p. intende in qualche modo fissare la portata
ed anche i limiti della contestazione, indicando in particolare le norme di legge che
si assumono violate. La funzione garantistica dell’istituto, soprattutto nell’ottica di
assicurare il diritto dell’imputato di fornire un contributo efficace e consapevole al
fine di chiarire la propria posizione, verrebbe frustrata se fosse consentita, sempre
e comunque, un’iniziativa giudiziaria del Pubblico Ministero volta a contraddire
palesemente il senso del precedente provvedimento, ammissibile solo in presenza
di elementi di novità, che facciano reputare modificata la posizione degli indagati.
Il P.M. ricorrente omette, nella specie, di giustificare perché, dopo aver
avvallato l’inquadramento giuridico del reato delineato dal GIP, lo smentisca nei
fatti, sostenendo l’erroneità della misura applicata dal GIP di Arezzo, nonostante
la contestata lievità del fatto.
P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile
Così deciso il 09/12/2015

del fatto di reato, come operata dal giudice della cautela.

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