Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5706 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5706 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCORDO DOMENICO N. IL 20/03/1981
avverso l’ordinanza n. 155/2013 TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI, del
12/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
1ot-re/sentite le conclusioni del PG Dori: ‘^

Uditi difensor Avv.; esz_Q-Z-LY\13—>RW,,yx-,:

C_9—S

Data Udienza: 12/12/2013

41026/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12 luglio 2013 il Tribunale di Cagliari ha respinto la richiesta di riesame,
avanzata da Scordo Domenico, dell’ordinanza del 30 maggio 2013 con cui il gip dello stesso
Tribunale aveva sottoposto il suddetto alla custodia cautelare in carcere, in quanto indagato
per i reati di cui all’articolo 74, comma 2, d.p.r. 309/1990 (per aver partecipato a
un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con il ruolo di abituale fornitore, insieme a
un albanese di nome Lukaj Kastriot, di ingenti quantità di eroina e altre sostanze stupefacenti;

associati di numero superiore a 10 – capo 1), 110 c.p., 73, commi 1 e 1 bis, 80, comma 2,
d.p.r. 309/1990 (per avere in concorso con altri soggetti posto in essere varie condotte relative
allo spaccio di stupefacenti, in particolare avendo svolto un ruolo di intermediario con il
fornitore per l’acquisto di 10 chili di eroina in epoca prossima al 23 maggio 2009 -capo 2) e
110 c.p., 73, commi 1 e 1 bis, 80, comma 2, d.p.r. 309/1990 (per avere in concorso con altri
soggetti, ancora svolgendo il ruolo di intermediario con il fornitore, contribuito all’acquisto di
15 chili di eroina in epoca prossima al 19 giugno 2009 – capo 4).
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo due motivi. Il primo denuncia violazione di
legge in relazione agli articoli 273 c.p.p. e 73 e 74 d.p.r. 309/1990, nonché vizio
motivazionale. Sarebbe inadeguata la motivazione quanto alla identificazione del prevenuto, in
quanto originariamente il soggetto cui erano state attribuite le condotte contestate era stato
individuato in un suo cugino, Natale Bruzzaniti. Sarebbero stati necessari quindi ulteriori
approfondimenti in quanto le misure cautelari personali presuppongono una identificazione
certa. Il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli articoli 273 c.p.p. e 74
d.p.r. 309/1990, nonché vizio motivazionale. Sarebbero stati riferiti al ricorrente fatti
riguardanti soggetti diversi e sarebbero stati violati i corretti criteri ermeneutici quanto
all’individuazione dei rapporti tra fornitore e acquirente, in particolare non risultando provata la
loro stabilità. Gli elementi raccolti non sarebbero idonei a giustificare sul piano oggettivo e
soggettivo la partecipazione al sodalizio del prevenuto, non essendosi peraltro tenuto conto
degli argomenti difensivi in ordine alla sporadicità delle ipotesi di cessione, all’insussistenza di
rapporti di stabilità tale da far ritenere che vi fossero rapporti pregressi, alla cattiva qualità
dello stupefacente, alla non precisa individuazione delle modalità di pagamento, che
dimostrerebbero disorganizzazione nella gestione dei rapporti tra venditore e acquirenti. Non
sarebbe pertanto stato adempiuto l’obbligo motivazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo si impernia su una pretesa carenza di identificazione del prevenuto, che nella
iniziale attività investigativa, per le condotte contestate, era stato individuato in un suo cugino,

fatto aggravato a norma del comma terzo, prima ipotesi, dello stesso articolo 74 essendo gli

• Natale Bruzzaniti. Adducendo che la motivazione offerta dall’ordinanza imp Jognata a pagina 29
e seguenti sarebbe “assolutamente insoddisfacente”, il ricorso dispiega una serie di dati fattuali
per smontare la costruzione accertatoria della suddetta ordinanza, dimostrandone l’illogicità,
con particolare valorizzazione della situazione all’epoca del prevenuto (in attesa di una figlia),
delle intercettazioni captate sulla utenza di sua moglie Riso Francesca, e dell’utilizzazione della
ricognizione uditiva della voce dell’indagato. Una siffatta impostazione denota la proposta, in
realtà, di una versione alternativa degli esiti del compendio probatorio, anziché, come
correttamente avrebbe dovuto essere, l’individuazione di specifici difetti nella struttura
argomentativa dell’ordinanza impugnata. D’altronde, il Tribunale – che ha offerto
complessivamente una motivazione assai ampia, attenta, priva di contraddittorietà – , dopo
avere riportato gli elementi probatori indicati dal pubblico ministero al riguardo (pagine 15-19),
lungi dall’aderirvi pedissequamente, espleta in modo congruo la sua analisi delle loro
risultanze, considerando specificamente l’identificazione dello Scordo (pagine 20-22), avvenuta
a seguito di un approfondimento della iniziale individuazione del soggetto coinvolto nel cugino
in forza “di una serie di riferimenti fatti nelle intercettazioni ai suoi rapporti di parentela”, che
avevano condotto, poi, non essendo risultata l’originaria identificazione “tranquillizzante”, a
identificare Domenico Scordo, sia per essere emerso che fin dal maggio 2009 aveva rapporti
con la famiglia dell’altro soggetto coinvolto Morabito Giovanni, sia per le intercettazioni svolte
non solo tra i parenti, ma anche con l’avvocato Corrado Altea – che aveva chiesto il numero del
nipote di Morabito Lucia, laddove Bruzzaniti Natale ne è il figlio -, sia per essere stato accertato
che era stato Domenico Scordo a divenire padre di una bambina il 28 aprile 2010 come riferito
da un altro compartecipe dell’attività criminosa, il Milia, in una sua telefonata alla moglie in
pari data, sia infine per gli esiti delle intercettazioni telefoniche sull’utenza della moglie di
Domenico Scordo, Francesca Riso, dove la persona intercettata era indubbiamente il
prevenuto, “perché in un’occasione venne chiamato Domenico, in un’altra disse di essere il
marito della Riso, e in un’altra ancora declinò il proprio nome e cognome”.
Il secondo motivo lamenta che l’ordinanza impugnata abbia attribuito al prevenuto fatti
relativi a soggetti completamente diversi e abbia “completamente disapplicato i criteri
ermeneutici che governano la materia e che fanno espresso divieto di poter configurare la

fattispecie associativa in ipotesi di rapporti tra fornitore ed acquirente, se non a determinate,
tassative e specifiche condizioni”. Anche questa doglianza, peraltro, viene poi a consistere in
una ricostruzione alternativa degli esiti probatori: dopo avere richiamato su un piano generale
la giurisprudenza sulla necessità di stabilità dei rapporti perché sia integrato il reato di
associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, nonché sulla necessità di una
specifica contribuzione dell’associato, anziché identificare specifici difetti logici nella
motivazione e/o determinate ed effettive deviazioni dal dettato ermeneutico il ricorrente
adduce poi la inadeguatezza degli elementi su cui l’ordinanza impugnata avrebbe giustificato il
ruolo di partecipazione al sodalizio criminoso attribuito allo Scordo, così richiedendo, in
sostanza, una cognizione di fatto al giudice di legittimità, “mascherata” tramite la finale

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.

qualificazione di mancanza di motivazione di quella che è in realtà la valutazione al riguardo

.

degli elementi in questione (stabilità e contributo quali necessarie caratteristiche della
partecipazione del prevenuto in un’organizzata associazione finalizzata allo spaccio di
stupefacenti) operata dal giudice di merito. Peraltro, anche sotto questo profilo la motivazione
dell’ordinanza impugnata non presenta carenze, né si inciampa in contraddittorietà e
trascuratezze. Dopo avere richiamato in un ampio stralcio gli elementi addotti dal pubblico
ministero, infatti, espleta la sua valutazione degli stessi dedicando un’apposita analisi al reato

identificazione dei ruoli come suddivisi, identificando specificamente (pagina 59 s.) il ruolo
riservato allo Scordo che, come il suo parente Morabito Giovanni, più che un semplice
intermediario risultava addirittura collocato nel vertice organizzativo, perché con i due suddetti
“tutte le decisioni principali…venivano condivise”. Non è dunque ravvisabile una mancanza di
motivazione, né la motivazione fornita si appalesa inadeguata e illogica.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale
emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore
dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’articolo 94 comma 1 ter Disp. Att. c.p.p.

Così deciso in Roma il 12 dicembre 2013

associativo (pagine 50 e seguenti), con particolare riguardo alla stabilità del vincolo e alla

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