Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5703 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5703 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)

Lucarelli
Barretta
Federico
Fedone
Inverso
Merola
Maresca
Marino
Stabile

Nicola
Emilio
Fernando
Domenico
Alessandro
Vincenzo
Michele
Antonio
Massimo

nato il 12.08.1959
nato il 28.05.1967
nato il 16.09.1967
nato il 13.10.1973
nato il 28.05.1982
nato il 10.11.1966
nato l’ 8.05.1961
nato il 29.07.1983
nato 1’11.04.1976

avverso la sentenza dell’11.1. 2013
della Corte di Appello di Salerno
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr. Angelo Di Popolo, che ha
chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi di Barretta Emilio,
Inverso Alessandro, Merola Vincenzo, Marino Antonio e
Stabile Massimo; rigettarsi gli altri ricorsi
sentiti i difensori, avv. Agostino De Caro, avv. Pierluigi
Spadafora, anche in sost. avv. Rosario Fiore, avv. Alberto
Bonu, in sost. avv. Michele Sarno, i quali hanno chiesto
l’accoglimento dei rispettivi ricorsi

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Data Udienza: 09/01/2014

1. Il Tribunale di Salerno con sentenza del 7.10.2011 condannava:
1)Lucarelli Nicola, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate
equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di anni 7 di reclusione ed euro 40.000,00 di
multa per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p., 73 commi 1 e 2 e 80 comma 2 DPR 309/90,
ascritto al capo b);
2) Barretta Emilio, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza
sulla contestata recidiva, alla pena di anni 4, mesi 6 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa
per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p., 73 commi 1 e 2 e 80 comma 2 DPR 309/90 ( capo c);
3) Federico Fernando, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni 5,
mesi 3 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81,110 c.p., 73
commi 1 e 2, 80 comma 2 DPR 309/90, ascritto al capo c);
4) Fedone Domenico, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena
di anni 6 di reclusione ed euro 40.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p., 73
commi 1 e 2, 80 comma 2 DPR 309/90, ascritto al capo c);
5) Inverso Alessandro, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni 6,
mesi 6 di reclusione ed euro 55.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p., 73
commi 1 e 2, 80 comma 2 DPR 309/90, ascritto al capo c);
6) Merola Vincenzo, ritenuto il vincolo della continuazione con i reati oggetto della sentenza
del GUP del Tribunale di Salerno del 30.5.2008 e con i il reato oggetto della sentenza della
Corte di Appello di Salerno del 18.10.2007, alla pena di anni 12 di reclusione per i reati di cui
all’art.74 commi 1,2 e 3 DPR 309/90, ascritto al capo a) e di cui agli artt.81, 110 c.p., 73
commi 1 e 2, 80 comma 2 DPR 309/90, ascritto al capo c), nonché di anni 2 e mesi 6 di
reclusione, già applicata la diminuzione per il rito, per i reati di cui alle sentenze sopraindicate
ritenuti in continuazione;
7) Maresca Michele, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche , dichiarate
prevalenti sulla contestata recidiva, alla pena di anni 4, mesi 8 di reclusione ed euro
25.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p, 73 commi 1 e 2, 80 comma 2 DPR
309/90, ascritto al capo e);
8) Marino Antonio, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni 6 e mesi
3 di reclusione ed euro 35.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p., 73 commi 1
e 2, 80 comma 2 DPR 309/90, ascritto al capo c);
9) Stabile Massimo, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di
anni 4, mesi 9 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81, 110 c.p.,
73 commi 1 e 2, 80 comma 2 DPR 309/90, ascritto al capo e).
2. Con sentenza dell’11.1.2013 la Corte di Appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza
del Tribunale, impugnata dagli imputati, così provvedeva:
1)Lucarelli Nicola: esclusa la contestata recidiva, con le già concesse circostanze attenuanti
generiche, rideterminava la pena in anni 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa;
2) Barretta Emilio: riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art.73 comma 5 DPR
309/90, con le già concesse circostanze attenuanti generiche, prevalenti sulla contestata
recidiva, rideterminava la pena in anni 3, mesi 4 di reclusione ed euro 13.000,00 di multa;
3) Fedone Domenico: assolveva l’imputato dal reato ascrittogli al capo c), limitatamente
all’episodio di cui alla seconda parte dell’imputazione, perché il fatto non sussiste,
rideterminando la pena per la residua parte dell’imputazione, escluso il vincolo della
continuazione, in anni 4, mesi 2 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa;
4) Inverso Alessandro: con le già concesse circostanze attenuanti generiche, riduceva la pena
ad anni 4, mesi 6 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa;
5)Merola Vincenzo: concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante e
sulla recidiva contestata, rideterminava la pena, con la già ritenuta continuazione, in anni 10,
mesi 6 di reclusione;
6) Marino Antonio: riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art.73 comma 5 DPR
309/90, rideterminava la pena, con le già concesse circostanze attenuanti generiche, in anni
3, mesi 2 di reclusione ed euro 10.000,00 di multa;

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RITENUTO IN FATTO

3. Ricorre per cassazione Lucarelli Nicola, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di
legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della diminuente per il
rito abbreviato.
La Corte territoriale erroneamente ha ritenuto corretta la decisione con cui era stata rigettata
la richiesta di rito abbreviato condizionato all’escussione del teste Raso Emilio.
Dalla stessa lettura della sentenza emerge che l’affermazione di responsabilità del ricorrente è
fondata essenzialmente su detta testimonianza.
Con la richiesta erano stati evidenziati (anche se non correttamente riportati nel verbale, in
forma sintetica, di udienza) gli aspetti di criticità, incompletezza e, comunque, di rilevanza ai
fini della decisione, della testimonianza del Raso, benché lo stesso avesse già reso informazioni
in sede di indagini preliminari.
I Giudici di merito (in particolare di primo grado) hanno ritenuto non particolarmente rilevante
la testimonianza del Raso, benché dalle risultanze processuali emergesse che era stato proprio
il Raso ad accompagnare i correi presso la carrozzeria del Lucarelli ed a prendere parte a tutte
le operazioni di carico e scarico della partita di droga. Del resto, erano state proprio le
dichiarazioni del Raso a consentire di escludere la partecipazione del Lucarelli all’associazione
di cui all’art.74 DPR 309/90.
Evidenzia, infine, che la rinuncia ai motivi di merito, non riguardava la mancata concessione
della diminuente (peraltro la Corte territoriale ha motivato sul punto).
4. Barretta Emilio, a sua volta, ricorre per cassazione denunciando la violazione dell’art.192
c.p.p. ed il difetto di motivazione.
La Corte territoriale ha omesso ogni valutazione, sotto il profilo intrinseco ed estrinseco, in
ordine alla chiamata in correità di Petrilli Fiore ed ha desunto la prova dello spaccio di sostanze
stupefacenti dal contenuto di una conversazione intercettata dell’11.4.2005, senza tener
conto che il Barretta ha sempre ammesso l’acquisto di droga per uso personale e che il teste
di p.g. De Rosa ha escluso ogni coinvolgimento del prevenuto in attività di approvvigionamento
di sostanze stupefacenti.
5. Federico Fernando ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo
motivo la violazione dell’art.438 c.p.p. in relazione agli artt.24 e 111 Cost.
La difesa aveva avanzato richiesta di rito abbreviato condizionato all’escussione del teste,
collaboratore di giustizia e coimputato, Petrilli Fiore.
Tale richiesta, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, aveva i requisiti della
“necessità” e della “economia processuale”.
Il giudizio in ordine alla necessità dell’integrazione probatoria in relazione ad una prova già
esistente va riferito alla possibilità di completamento e tale completamento risultava
necessario attraverso la ripetizione integrale dell’esame e non soltanto su alcune circostanze
specifiche. Né certamente l’esame del Petrilli risultava in contrasto con ragioni di celerità e di
economia processuale, se solo si considera che poi il dibattimento ha avuto una durata di oltre
due anni.
Con il secondo motivo denuncia l’illogicità della motivazione in ordine al trattamento
sanzionatorio e l’omessa motivazione in relazione alla richiesta di concessione della circostanza
attenuante di cui all’art.73 co.5 DPR 309/90. Benchè con i motivi aggiunti fosse stata avanzata
espressa richiesta di concessione della circostanza attenuante speciale, la Corte ha omesso
ogni motivazione sul punto, ed ha irrogato al ricorrente una pena palesemente sproporzionata
e con palese disparità di trattamento rispetto ad altri imputati che pur si trovavano nella
medesima situazione.
6. Propone ricorso per cassazione Fedone Domenico, a mezzo del difensore, denunciando la
violazione della legge penale, nonché la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in
relazione alla ritenuta sussistenza del delitto di cui all’art.73 DPR 309/90 nelle sue componenti

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7) Stabile Massimo: riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art.73 comma 5 DPR
309/90, rideterminava la pena, con le già concesse circostanze attenuanti generiche, in anni 3,
mesi 11 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
Confermava, invece, la sentenza di primo grado nei confronti di Federico Fernando e Maresca
Michele, che condannava al pagamento delle ulteriori spese del grado.

7. Ricorre, a sua volta, per cassazione Inverso Alessandro, a mezzo del difensore, denunciando
l’erronea applicazione dell’art.587 c.p.p. e l’illogicità e contraddittorietà della motivazione.
La Corte territoriale ha mandato assolto il coimputato Fedone Domenico perché il fatto non
sussiste in relazione all’episodio del finanziamento dell’acquisto di stupefacente. Pur avendo
rinunciato a tutti i motivi di merito, insistendo solo sull’accoglimento di quelli attinenti il
trattamento sanzionatorio, la pronuncia assolutoria nei confronti del coimputato per
insussistenza del fatto andava estesa al ricorrente.
8. Merola Vincenzo, attraverso il difensore, denuncia la violazione degli artt.62 bis, 81 cpv.,
133 c.p.e la carenza di motivazione.

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oggettive e soggettive ed alla ritenuta idoneità della chiamata in correità a fondare il giudizio di
responsabilità.
Con una mera presunzione la Corte territoriale ha ritenuto che la sostanza stupefacente
acquistata non potesse che essere (per la sua quantità), almeno in parte, destinata alla
cessione a terzi.
La Corte territoriale ha completamente travisato la prova in relazione al manoscritto redatto
da Fiore Petrilli in data 25.7.2005 ed acquisito agli atti nel corso del primo interrogatorio: il
collaborante nello scritto (che viene allegato) indica in complessivi 70 grammi la sostanza
stupefacente fornita all’Inverso; la Corte territoriale, invece, fa riferimento a 70 grammi per
volta per complessivi 700 grammi.
Il Petrilli, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, riconosceva il documento,assumendo, però,
di aver fornito al Fedone circa 600/700 grammi in tre o quattro consegne. Tale diversa
versione incide però inevitabilmente sulla credibilità intrinseca del dichiarante..
Peraltro, la chiamata in correità del Petrilli non ha trovato riscontri esterni, tranne che in due
telefonate che non hanno però, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, alcun
valore probatorio. Tali telefonate, invero, non sono state captate sull’utenza del Fedone, ma
avvengono tra Petrilli Fiore ed Alessandro Inverso e non fanno riferimento a consegne di
droga. In ogni caso, ci si troverebbe in presenza di un mero acquisto di sostanze stupefacenti,
mancando la prova di cessioni a terzi (la stessa Corte territoriale ricava la prova di tali presunti
cessioni dal fatto che, in passato, in altre occasioni, non contestate, il ricorrente avrebbe
offerto gratuitamente a terzi piccole quantità di stupefacenti).
Quanto al dato ponderale, la difesa ha prodotto documentazione in ordine alla capacità
economica del Fedone, che gli consentiva di spendere anche cifre rilevanti per l’acquisto di
cocaina e hashish di cui faceva uso.
Denuncia, poi, la violazione di legge e la mancanza assoluta di motivazione in ordine
all’omesso riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.73 co.5 DPR 309/90.
L’acquisto di 70 grammi di sostanza stupefacente in 4-5 occasioni, da parte di un ricco
imprenditore, senza alcuna prova di cessioni, anche a non voler ritenere l’uso personale,
costituisce certamente fatto di lieve entità.
La Corte territoriale, pur dandone atto nell’esposizione dei motivi, omette poi ogni esame sul
punto.
Denuncia, infine, la violazione dell’art.438 c.p.p., nonché la contraddittorietà ed illogicità della
motivazione in ordine alla ritenuta superfluità della richiesta di integrazione probatoria cui era
subordinata la richiesta di rito abbreviato. La difesa, all’udienza preliminare, aveva chiesto la
definizione del processo con rito abbreviato condizionato all’esame dei collaboratori Petrilli
Fiore (sui rapporti con il Fedone, sulle modalità, i luoghi ed i tempi di consegna della droga) e
Nese Salvatore (sui rapporti con Gambone Giovanni).
Il GUP, con ordinanza dell’11.1.2010, rigettava la richiesta, che veniva rigettata anche dal
Tribunale, davanti al quale era stata riproposta. La Corte territoriale, disattendendo i motivi di
appello, ha ritenuto, con motivazione illogica e contraddittoria, che la richiesta di rito
abbreviato condizionato fosse stata correttamente rigettata.
L’integrazione probatoria non necessariamente deve riguardare fonti di prova nuove, potendo
vertere anche su prove già assunte quando si tratti di colmare o verificare carenze e
contraddizioni. E le ragioni per escutere il Petrilli ed il Nese erano state individuate e
puntualmente evidenziate dalla difesa (dovendosi chiarire contraddizioni, palesemente
insuperabili, su aspetti centrali della vicenda in ordine al ruolo del Fedone, al numero degli
acquisti, alle quantità acquistate) e risultavano assolutamente necessarie ai fini della decisione.

Il trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente è eccessivo, anche in relazione agli aumenti
per la continuazione, e poteva essere ulteriormente graduato anche con il riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e con una più corretta
applicazione dei criteri di dosimetria della pena di cui all’art.133 c.p.

10. Ricorre per cassazione Marino Antonio, a mezzo del difensore, denunciando la violazione
degli artt. 62 bis, 81, 133 c.p., nonché la carenza di motivazione.
Il trattamento sanzionatorio applicato è eccessivo anche in relazione agli aumenti apportati per
la continuazione interna. Tale trattamento poteva, invero, essere ulteriormente graduato con
una applicazione più serena dei criteri di dosimetria della pena di cui all’art.133 c.p.
11. Stabile Massimo ricorre per cassazione denunciando la violazione dell’art.73 co.5 DPR
309/90 , non avendo la Corte territoriale valutato la modesta quantità della sostanza e le
modalità dell’azione.
Denuncia, altresì, la mancanza di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di concessione
della circostanza attenuante in questione.
La Corte territoriale, infine, non ha tenuto conto dello stato di assuntore di cocaina del
ricorrente; né ha motivato in ordine all’incompatibilità del quantitativo con l’uso personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi di Merola Vincenzo, Maresca Michele, Marino Antonio, Stabile Massimo, Barretta
Emilio e Inverso Alessandro sono generici e manifestamente infondati.
2. L’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a pena di
inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai quali si
riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Come riaffermato da questa Corte (con la sentenza della sez.6 n.27068 del 23.6.2011) i motivi
di impugnazione, pur nella libertà della loro formulazione, debbono “indicare con chiarezza , a
pena di inammissibilità, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di
delimitare con precisione l’oggetto dell’impugnazione e di evitare impugnazioni generiche e
dilatorie. In punto di diritto ciò implica che la parte impugnante deve esplicitare con sufficiente
chiarezza la censura d’inosservanza o di violazione della legge penale, non potendo ritenersi
che la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare “l’indicazione specifica”
richiesta dall’art.581 c.p.p., comma 1 lett.c), soprattutto quando.. .non è dato cogliere, dalla
lettura della sentenza…, la benchè minima inosservanza o violazione di legge”. In punto di
fatto non è sufficiente ad integrare il necessario requisito di specificità la reiterata
prospettazione di possibili e astratte spiegazioni della condotta dell’imputato, soprattutto
quando esse.. .sono state esaurientemente esaminate e, in concreto, escluse…”.

9. Propone ricorso per cassazione il difensore di Maresca Michele, denunciando, con il primo
motivo, la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della
pena. La Corte territoriale non ha indicato i criteri seguiti nella determinazione della pena base
e per gli aumenti a titolo di continuazione.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine
alla omessa concessione della circostanza attenuante di cui all’art.73 co.5 DPR 309/90, pur
vertendosi in una ipotesi di minima offensività penale della condotta e pur essendo stata
detta attenuante riconosciuta a molti coimputati.

2.1. Tanto premesso, Merola Vincenzo e Marino Antonio si limitano a denunciare la violazione
degli artt. 62 bis, 81 c.p. e 133 c.p., nonché la carenza di motivazione in ordine al trattamento
sanzionatorio, senza indicare le ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata la richiesta di
annullamento e, peraltro, prescindono completamente dalla motivazione della sentenza
impugnata che aveva, quanto al Merola, pur ridimensionando il trattamento sanzionatorio

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4,

6

applicato in primo grado, tenuto comunque conto dei precedenti penali e dei quantitativi di
sostanza stupefacente (pag.98 e ss. sent.) e, per il Marino, del precedente specifico e dei
precedenti giudiziari sempre di natura specifica (già valorizzati dal Tribunale) pag. 102 e
ss.sent.
2.2. Anche Maresca Michele denuncia genericamente il vizio di motivazione quanto alla
determinazione della pena, senza considerare, peraltro, che la Corte territoriale aveva dato
conto, con motivazione adeguata, delle ragioni per cui non era possibile modificare il regime
sanzionatorio applicato in primo grado, tenuto conto di tutti i criteri di cui all’art.133 c.p.p. ed
in particolare dell’entità del fatto e della personalità dell’imputato e considerato che erano state
comunque già concesse le circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza.
Il secondo motivo di ricorso del Maresca è altrettanto generico, essendosi il ricorrente, dopo
aver richiamato la sentenza delle Sezioni Unite n.17/2000, Primavera, limitato ad affermare
che “Nel caso di specie, senza dubbio si è in presenza di una ipotesi di minima offensivià
penale della condotta, anche in considerazione della circostanza del riconoscimento
dell’attenuante de qua nei confronti di altri coimputati”, senza neppure specificare se la
richiesta di concessione della circostanza attenuante di cui all’art.73 co.5 DPR 309/90 fosse
contenuta nei motivi di appello. Né indica a quali coimputati (che si trovavano nella medesima
“situazione” processuale) sia stata concessa la circostanza attenuante in questione; e,
soprattutto, non argomenta in ordine alle ragioni per cui il fatto debba ritenersi di lieve entità.
Peraltro il dato ponderale, come emergeva dalla stessa contestazione, era assolutamente
ostativo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, “..il giudice è tenuto a
complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione
(mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del
reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa),
dovendo conseguentemente escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo
di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve
entità…” (cfr ex multis Cass.pen.sez.4 n.38879 del 29.9.2005; conf.Cass.sez.6 n.27052 del
14.4.2008).
2.3. Stabile Massimo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, richiamando i
criteri indicati dalla norma (modesta quantità della sostanza stupefacente e modalità
dell’azione) che avrebbero dovuto indurre i Giudici di merito a concedere la circostanza
attenuante in questione. Non tiene conto però che la Corte territoriale ha concesso già siffatta
attenuante ed ha, tenendo conto delle già concesse circostanze attenuanti generiche,
rideterminato la pena (pag. 116 sent.).
Né può ritenersi, peraltro, che il motivo di ricorso riguardi, in mancanza di ogni specificazione
al riguardo, la quantificazione della pena a seguito della concessione di detta circostanza
attenuante.
Infine, il generico riferimento allo stato di assuntore di cocaina ed alla mancanza di
motivazione sul quantitativo con un uso personale non può, comunque, avere alcuna rilevanza
tenuto conto che i motivi di appello attinenti il merito erano stati rinunciati (pag.116 sent.).
2.4. Barretta Emilio, a sua volta, lamenta genericamente che i Giudici di merito non abbiano
valutato correttamente (secondo i criteri indicati nella sentenza delle Sezioni Unite
21.10.1992) la chiamata in correità di Petrilli Fiore, non costituendo la telefonata intercettata
(prot. N.5671 dell’11.4.2005) idoneo riscontro.
Peraltro, tali deduzioni generiche non tengono conto che la Corte territoriale ha ampiamente
argomentato in ordine alla infondatezza dei motivi di appello, con i quali, pur riconoscendosi
l’acquisto di sostanze stupefacenti dal Petrilli, se ne evidenziava la destinazione ad uso
personale. La Corte territoriale, richiamando per relationem anche la motivazione della
sentenza di primo grado, ha, invero, sottolineato l’intensità dei contatti con il Petrilli,
confermata dalle intercettazioni, e l’incompatibilità del quantitativo acquistato (circa 70 gr. di
cocaina in un mese) con una destinazione ad esclusivo uso personale (pag.63-64 sent.).
2.5. Altrettanto generico è il ricorso di Inverso Alessandro, dal momento che non vengono
neppure indicati i presupposti per l’applicazione dell’effetto estensivo dell’impugnazione ex
art.587 c.p.p. E tale indicazione risultava ancor più necessaria, non emergendo “prima facie”
dalle imputazioni il concorso del ricorrente nello stesso reato ascritto al Fedone.
La Corte territoriale ha mandato assolto Fedone Domenico dal reato di cui al capo c), punto e,
nella parte in cui era contestato all’imputato di aver finanziato l’acquisto da parte di Gambone
Giovanni (il quale in detta attività operava in concorso con Inverso Alessandro) di un ulteriore

3. Per quanto riguarda gli altri ricorsi, vanno esaminati congiuntamente (ad evitare inutili
ripetizioni) i motivi con i quali si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto
giustificato il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato.
3.1. L’art.438 comma 5 c.p.p. stabilisce che l’imputato può subordinare la richiesta di
definizione del processo allo stato degli atti ad una integrazione probatoria necessaria ai fini
della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta
risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale
proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili.
E’ necessario, dunque, perché possa farsi luogo a giudizio abbreviato condizionato che, tenuto
conto delle risultanze già acquisite, la richiesta di integrazione appaia “necessaria” e
“compatibile”. Tali requisiti debbono pacificamente ricorrere entrambi, per cui in difetto anche
di uno solo di essi il giudice deve rigettare la richiesta.
Quanto alla compatibilità con le finalità di economia processuale, il legislatore, pur allargando
con la L.16.12.1999 n.479 le “maglie” del rito abbreviato si è preoccupato, comunque, di non
snaturare le finalità proprie del rito. Evidentemente la semplificazione del meccanismo
processuale e l’intento deflattivo perseguiti (a fronte del meccanismo premiale della riduzione
di un terzo della pena) verrebbero inevitabilmente compromessi dall’espletamento di
integrazioni probatorie defatiganti e non celeri.
In ordine alle caratteristiche dell’altro presupposto, occorre premettere che il legislatore della
riforma, mediante il meccanismo delle ulteriori acquisizioni probatorie, necessarie per
completare una piattaforma investigativa inadeguata, ha inteso superare lo scoglio
dell’indecidibilità conseguente all’insufficienza o incompletezza delle indagini preliminari, nel
segno di quella tendenziale completezza delle stesse già indicate dalla Corte costituzionale
(sent. n. 88 del 1991) come premessa per l’incentivazione del rito semplificato. Un’attenta
lettura del complessivo quadro normativo segna, tuttavia, il limite naturale delle ulteriori
acquisizioni probatorie, nel senso che esse debbano essere soltanto integrative, non
sostitutive, del materiale già acquisito ed utilizzabile come base cognitiva (Cass., Sez. 6^,
8/4/2003, Bonasera, rv. 225678), ponendosi, siccome circoscritte e strumentali “ai fini della
decisione” di merito, quale essenziale e indefettibile supporto logico della stessa. Ne consegue
che, per l’identificazione del carattere di “necessità” della integrazione probatoria richiesta,
debba farsi riferimento ad un titolo specifico della prova, più stringente di quella provvista dei
tradizionali requisiti di pertinenza/rilevanza e non superfluità previsti dall’art. 190.1 del codice
di rito, a norma del quale il giudice può escludere solo “le prove vietate dalla legge e quelle che
manifestamente sono superflue e irrilevanti”. Il valore probante dell’elemento da acquisire, cui

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quantitativo pari ad un kg. di cocaina da destinare allo spaccio e che, in seguito all’arresto del
Gambone, restava occultato fino alla scarcerazione del medesimo.
Dopo aver dato atto che il Tribunale aveva ritenuto che si trattasse di un finanziamento per
l’acquisto di sostanza stupefacente in quantità inferiore (1/2 kg.), assume la Corte territoriale
che la ricostruzione operata in primo grado fosse affetta da manifesta irragionevolezza, avendo
i collaboranti riferito della stessa de relato ed essendo le dichiarazioni del Mallardo (l’unico ad
aver preso contezza diretta delle trattative e della consegna) intrinsecamente inattendibili
anche per i forti motivi di acredine tra il dichiarante e la famiglia del Fedone e per di più prive
di riscontri oggettivi.
All’Inverso, in relazione al reato di cui al capo c, punto h), risulta contestato di aver fatto da
tramite con il Petrilli per l’acquisto di forniture di cocaina ed hashish da parte di suo cugino
Fedone Domenico, per un quantitativo complessivo pari a circa 700 grammi di cui gr. 500 di
hashish e gr.200 di cocaina, ripartiti in 4-5 consegne; del concorso nell’acquisto, da parte del
Fedone, di un Kg di cocaina (poi ridotto a 1/2 Kg.) non vi è invece alcun riferimento specifico
nell’imputazione, richiamandosi genericamente l’ acquisto a più riprese di cocaina ed hashish.
Né il ricorrente, con l’impugnazione, ha dimostrato (ma neppure argomentato) di essere stato
condannato per lo stesso reato da cui, invece, il Fedone è stato mandato assolto.
2.6. I ricorsi di Merola, Maresca, Marino, Stabile, Barretta e Inverso debbono, quindi, essere
dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00
ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.

3.2. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi e, con motivazione
adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che alla luce delle risultanze già acquisite,
correttamente era stata rigettata la richiesta avanzata dall’imputato Fedone di riesaminare
Fiore Petrilli e Salvatore Nese non essendo stati indicati i profili di contraddizione e di criticità
delle precedenti deposizioni, nè dimostrata l’effettiva utilità di una nuova escussione (pag.78)
Quanto al Lucarelli, la Corte territoriale, dopo aver riconosciuto che l’affermazione di
responsabilità dell’imputato era fondata essenzialmente sulle dichiarazioni di Emilio Raso, e
dopo aver richiamato la giurisprudenza sopra ricordata in ordine alle “condizioni” per
subordinare il rito abbreviato all’esame di persone che abbiano già reso nella fase delle indagini
preliminari informazioni, ha evidenziato che la difesa non aveva in alcun modo prospettato
aspetti di criticità, incompletezza e, comunque, di rilevanza ai fini della decisione della
richiesta. Ineccepibilmente, pertanto, ha ritenuto assolutamente “neutra” la circostanza che il
Raso (essendo pienamente utilizzabili le sue dichiarazioni) abbia costituito la fonte probatoria
principale su cui è stato fondato il giudizio di responsabilità (pag. 60 sent.).
Le medesime considerazioni valgono per Federico Fernando, che aveva fatto richiesta di rito
abbreviato condizionato al riesame di Fiore Petrilli, avendo la Corte territoriale sottolineato
che da parte dell’istante non era stato “specificato nessun motivo dal quale potersi dedurre
la necessità della nuova escussione del dichiarante..” (pag.86 sent.).
4. Fondato è, invece, il secondo motivo di ricorso di Federico Fernando.
Come si evidenzia nel ricorso, con motivi nuovi ex art.585 co.4 c.p.p., nel ribadire le censure
alla sentenza di primo grado, si deduceva che erroneamente il Tribunale, pur ricorrendone i
presupposti, aveva omesso dì concedere la circostanza attenuante di cui al comma 5
dell’art.73 DPR 309/90 (pag.5 ricorso).

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fa riferimento l’art. 438.5 c.p.p., va sussunto piuttosto nell’oggettiva e sicura utilità/idoneità
del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel
giudizio, nell’ambito dell’intero perimetro disegnato per l’oggetto della prova dalla disposizione
generale di cui all’art. 187 c.p.p.. Di talché, la doverosità dell’ammissione della richiesta
integrazione probatoria ne riflette il connotato dì indispensabilità ai fini della decisione e trova
il suo limite nella circostanza che un qualsiasi aspetto di rilievo della regiudicanda non rimanga
privo di solido e decisivo supporto logico-valutativo”. (Cass.sez.un.n.44711 del 27.10.2004)
La giurisprudenza successiva sì è attestata su tale indirizzo interpretatìvo, sottolineando che la
necessità dell’integrazione probatoria “…presuppone da un lato l’incompletezza di
un’informazione probatoria in atti, dall’altro, una prognosi di positivo completamento del
materiale a disposizione per il tramite dell’attività integrativa, valutazione insindacabile in sede
di legittimità se congruamente e logicamente motivata” (cfr.cass. sez.2 n.43329 del
18.10.2007).
L’integrazione probatoria, poi, non deve necessariamente riguardare fonti di prova “nuove”: è
ammissibile, invero, la richiesta di giudizio abbreviato condizionata all’acquisizione della
testimonianza di persone che hanno già reso sommarie informazioni nel corso delle indagini
preliminari, sempre però che l’espletamento della prova sia effettivamente utile a verificare i
profili di contraddizione e gli elementi carenti della prima deposizione e che la richiesta
medesima precisi la rilevanza di tali criticità aui fini della valutazione dei temi di prova
riguardanti l’affermazione o l’esclusione della responsabilità, la qualificazione del titolo del
reato e la sussistenza delle circostanze (cfr. Cass.pen. sez. 1 n.31881 del 7.6.2011).
Come ribadito anche di recente, la prova sollecitata dall’imputato con la richiesta di rito
abbreviato condizionato, deve essere integrativa e non sostitutiva rispetto al materiale già
raccolto ed utilizzabile (cfr. Cass.pen. sez. 4 n.39492 del 18.6.2013).
Il rito speciale non può, invero, essere illegittimamente piegato per attivare in maniera
surrettizia il meccanismo del contraddittorio, in contrasto con la natura del giudizio abbreviato
che prevede una decisione allo stato degli atti (cfr. Cass.pen. sez. 2 n. 5229 del 14.1.2009).
Infine è pacifico che la valutazione dell’incompletezza delle acquisizioni probatorie in atti e la
prognosi
del positivo completamento, attraverso l’attività integrativa del materiale a
disposizione, competa al giudice di merito e che tale valutazione, se congruamente e
logicamente motivata, non possa essere sindacata in sede di legittimità (cfr. Cass.pen. senti
5229/2009 cit.).

5. Fondato è altresì il ricorso di Fedone in relazione alla destinazione allo spaccio della sostanza
stupefacente acquistata ed alla applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art.73 co.5
DPR 309/90.
La Corte territoriale, dopo aver elencato le fonti di prova a carico del ricorrente, ed in
particolare le dichiarazioni di Fiore Petrilli (che aveva confermato in dibattimento quanto
riportato nel manoscritto da lui depositato in ordine a plurime forniture di droga al Fedone), le
quali trovavano conferma nelle dichiarazioni sia pure de relato di tutti gli altri collaboranti e,
soprattutto, nelle intercettazioni telefoniche, ha desunto la destinazione, almeno in parte allo
spaccio, delle sostanze stupefacenti acquistate, dal dato ponderale.
Ha, infatti, evidenziato che, pur
non essendo stato effettuato alcun sequestro, dalle
dichiarazioni del Petrilli emergeva che in almeno 4/5 occasioni il Fedone aveva acquistato da
lui gr.70 di stupefacente per volta. I quantitativi complessivamente acquistati ammontavano
a gr. 700 circa, per cui doveva ragionevolmente ritenersi che essi fossero almeno in parte
(essendo provata la tossicodipendenza dell’imputato) destinati alla cessione a terzi.
Non c’è dubbio che la valutazione prognostica della destinazione della sostanza, ogni qual volta
la condotta non appaia correlabile al consumo in termini di immediatezza, debba essere
effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le circostanze soggettive ed oggettive del fatto,
con apprezzamento di merito sindacabile in sede di legittimità solo in rapporto ai vizi di cui alla
lett.e) dell’art.606 c.p.p. Sicchè non è censurabile la motivazione che attribuisca univoco
significato della destinazione allo spaccio alla detenzione quando la quantità dello stupefacente
sia notevolmente superiore al bisogno personale per un periodo circoscritto. E’ del tutto
evidente che nelle ipotesi relative a quantitativi non elevati l’indagine in relazione alla
destinazione allo spaccio debba essere, invece, più penetrante e condotta con riferimento ad
altri elementi indiziari emergenti dalle concrete modalità della fattispecie, come la qualità di
tossicodipendente, le condizioni economiche dell’imputato, l’accertato compimento pregresso di
fatti sintomaticamente rivelatori di propensione allo spaccio, le modalità della custodia e di
frazionamento della sostanza, il ritrovamento di strumenti idonei al taglio.
E’ altresì indubitabile che di per sé, ” il superamento dei limiti quantitativi massimi previsti
dall’art.73 comma 1 bis lett.a) DPR 309 del 1990, come modificato dalla L.21 febbraio 2006
n.49, non vale ad invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, o ad introdurre una sorta
di presunzione, sia pure non assoluta, in ordine alla destinazione della doga detenuta ad un
uso non personale; si impone però “..un dovere accentuato di motivazione nella valutazione
del parametro della quantità, nel caso in cui essa risulti normalmente non confacente ad un
uso esclusivamente personale sulla base di nozioni tossicologiche ed empiriche di cui sono
espressione le tabelle ministeriali (cfr.ex multis Cass,pen. Sez.6 n.27330 del 2.4.2008).
La Corte territoriale, pur riconoscendo che pacificamente il Fedone versava in una situazione
di tossicodipendenza, ha ritenuto che i quantitativi di sostanza stupefacente acquistati
eccedessero il fabbisogno personale; e, pur riconoscendo, altresì, che mancava qualsiasi
elemento esterno di conferma, ha fondato la prova dei quantitativi acquistati sulle sole
dichiarazioni del Petrilli. Si imponeva, allora, una rigorosa valutazione di dette dichiarazioni.
La Corte territoriale ha ritenuto (correttamente, come si è visto) non necessario riesaminare il
Petrilli, potendosi procedere alla valutazione delle dichiarazioni già in atti; ha, però, come
evidenzia il ricorrente, omesso di valutare la discrasia tra quanto riportato nell’appunto
manoscritto e quanto dichiarato in dibattimento; né ha motivato in ordine alla possibilità,
consentendolo le condizioni economiche, di approvvigionamento.
In ordine all’ipotesi di lieve entità, è la stessa Corte territoriale a dare atto, nel riportare i
motivi di appello del Fedone, che, in relazione al trattamento sanzionatorio, era stata avanzata
richiesta di applicazione della diminuente di cui al quinto comma dell’art.73 DPR 309/90 (pag.
77 sent.).
Dopo aver evidenziato che il prevenuto andava mandato assolto per insufficienza probatoria
in ordine alla seconda parte della contestazione (relativa al finanziamento per l’acquisto di

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La Corte territoriale ha completamente ignorato tale richiesta (non ne fa cenno neppure nella
parte espositiva (pag.85), omettendo di motivare in proposito (sia pure per dichiararne la
inammissibilità o ritenerne l’infondatezza).
Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

cocaina, nella misura di 1/2 chilo come ritenuto dal Tribunale) e che conseguentemente andava
rideterminata la pena, ha, però, completamente omesso di motivare in ordine alla richiesta di
concessione della diminuente della lieve entità del fatto (pag.81 sent.).
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata su tali punti, con rinvio alla Corte di Appello di
Napoli.

Dichiara inammissibili i ricorsi di Barretta Emilio, Merola Vincenzo, Maresca Michele, Marino
Antonio, Stabile Massimo e Inverso Alessandro, che condanna al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00
ciascuno. Rigetta il ricorso di Lucarelli Nicola, che condanna al pagamento delle spese
processuali.
Annulla la sentenza impugnata
nei confronti di Fedone Domenico, limitatamente alla
destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente acquistata e nei confronti del medesimo
Fedone e di Federico Fernando, in relazione alla applicabilità della circostanza attenuante di
cui all’art.73 co.5 DPR 309/90, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli; rigetta nel resto i
ricorsi del Fedone e del Federico.
Così deciso in Roma il 9.1.2014

P. Q. M.

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