Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5699 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5699 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRAZIANO FRANCESCO N. IL 16/12/1972
RICCIO PAOLO N. IL 29/06/1967
avverso la sentenza n. 1122/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
25/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 25.3.2013 la Corte d’Appello di Torino ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Graziano Francesco e Riccio Paolo per acquisto,
detenzione per uso non personale di stupefacenti del tipo cocaina in concorso con altre
persone e per cessione a terzi.
Per quanto interessa ancora in questa sede, la Corte torinese ha motivato la
decisione rilevando che l’incoerente ricostruzione dei fatti contenuta nei capi A) e B)
dell’imputazione non ha comportato nessuna violazione del diritto di difesa, e che la

prova della colpevolezza si fondava sulle deposizioni dei testi riscontrate dalle
intercettazioni telefoniche sul cui contenuto la difesa non aveva potuto fornire una
diversa ed alternativa lettura altrettanto convincente, tale da far dubitare
ragionevolmente della colpevolezza degli stessi.

2. Per l’annullamento della sentenza il Graziano (mediante difensore) e il Riccio
(personalmente) ricorrono per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. e) cpp la mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. RICORSO DEL GRAZIANO
Il Graziano denunzia la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
relazione alla ritenuta responsabilità per i reati di cui all’art. 73 DPR n. 309/1990, con
riferimento ai capi A) e B) delle imputazioni. Osserva in particolare che la Corte di
merito, dopo avere rilevato l’incoerenza dei capi A) e B) delle imputazioni (perché
l’accordo nell’acquisto di stupefacente si presenta logicamente incompatibile con il
concorso nella detenzione della sosotanza che si intende alienare) non ha poi tratto
alcuna conseguenza.
Contesta poi la sentenza laddove afferma che, in ordine all’interpretazione delle
conversazioni telefoniche data dal primo giudice, la difesa di entrambi gli imputati non
ha potuto fornire una diversa e alternativa lettura delle risultanze probatorie
altrettanto convincente, tale da far dubitare ragionevolmente della colpevolezza degli
stessi. Richiama il contenuto dell’appello (pag. 5:

“pare più plausibile ritenere che

Graziano avesse banalmente un appuntamento con Esposito e si irritasse con lui che
tardava a causa del ritardo di Amuneke”). Rimprovera dunque alla Corte di non avere
spiegato perché tale diversa e alternativa interpretazione dei medesimi indizi sia non
accettabile.
Quanto al capo B) dell’imputazione, rileva che, secondo quanto dedotto nell’atto di
appello (pag. 6) le telefonate e i contatti tra Graziano ed Esposito vanno lette dalla
difesa come un anodino “intreccio di comunicazioni”, mentre le sentenze interpretano
le intercettazioni come prova del coinvolgimento del Graziano nell’acquisto dello
stupefacente.
Il motivo è manifestamente infondato.

2

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il controllo del giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di
cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa
la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528). Ancora, la
giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile
come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare

percepibile ictu ocuii, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a
rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3,
Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n.
24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Nel caso in esame, la Corte piemontese (pag. 11) ha spiegato che la “discrasia”
nelle imputazioni “non ha comportato alcuna violazione del diritto di difesa, posto che il
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fatto ryi
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– relativo all’accordo‘VéTAInall’acquisto dello stupefacente, destinato
allo spaccio, in relazione al quale è intervenuta condanna, risulta chiaramente e
precisamente enunciato nei due capi di imputazione, mentre l’esclusione di una duplice
contestazione delle condotte (il fatto nell’ipotesi accusatoria è unico) ha impedito che
l’erronea prospettazione, evidentemente non condivisa dal giudice di primo grado,
come si evince dalla chiara motivazione della sentenza, si sia tradotta in un aggravio
sanzionatorio”.
In sostanza, la Corte di merito, ha evidenziato il fatto dell’accordo per acquistare
lo stupefacente da spacciare successivamente e tale comportamento ha considerato.
Quanto agli altri rilievi, la Corte di merito ha dato atto della lettura alternativa
delle intercettazioni telefoniche offerta dalla difesa, ma, ritenendo chiare e decifrabili le
intercettazioni, anche alla luce delle sommarie informazioni rese dagli acquirenti delle
sostanze e degli arresti in flagranza, nell’esercizio del suo potere, ha ritenuto detta
alternativa lettura “non convincente”: trattasi di un tipico accertamento riservato al
giudice di merito che non merita nessuna censura in questa sede, perché nell’atto di
appello la difesa si era limitata a proporre una mera ipotesi alternativa, neppure
motivata (laddove, a pag. 5 parlava semplicemente di “un appuntamento” tra Graziano
ed Esposito, non rispettato per il ritardo di Amuneke, oppure, a pag. 6, di “intreccio di
comunicazioni” senza aggiungere altro).
La motivazione esiste, è logicamente coerente e dunque è insindacabile.
2. RICORSO DEL RICCIO

3

Il Riccio denunzia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in relazione agli episodi di detenzione e cessione di stupefacente del tipo
cocaina in favore di Vardiero Alessio (capo E) e Grieco Antonio (capo F). Critica il
giudizio di colpevolezza emesso sulla base delle intercettazioni telefoniche e delle
dichiarazioni di alcuni soggetti informati dei fatti, rilevando che non è stato sequestrato
alcun quantitativo addebitabile al Riccio e che il mero richiamo alla sentenza di primo
grado deve ritenersi insufficiente perché non risulta motivato sulle motivazioni
contenute nell’atto di appello. Evidenzia la genericità e l’incomprensione dei contenuti

tra i soggetti coinvolti. Rileva che il sodalizio Riccio Graziano non emerge da nessun
elemento, neppure indiziario. Osserva che la prova della responsabilità penale non
emerge né dalle dichiarazioni dei testi Vardiero e Greco, che riferiscono di sporadici
contatti né dalla indiscussa vaghezza delle intercettazioni, per cui si è in presenza di
elementi privi di rilievo probatorio.
Anche tale motivo è manifestamente infondato.
Nella fattispecie, la Corte d’Appello, esaminando la posizione di Riccio (v. pagg. 18
e ss), ha richiamato le deposizioni testimoniali degli acquirenti Vardiero Alessio e
Grieco Alessio riportandone alcuni passaggi e sottoponendole a vaglio di credibilità. Da
tali deposizioni, ritenute congruenti col contenuto delle intercettazioni telefoniche
analiticamente riportate nella sentenza di primo grado e trascritte in parte anche
nell’impugnata sentenza, ha fondato il suo convincimento sul ruolo di fornitore rivestito
dal Riccio.
La motivazione dal punto di vista logico non presenta alcuna frattura e pertanto
non è qui sindacabile, mentre il ricorso tende a proporre una diversa lettura del
materiale probatorio.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento
della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 19.12.2013.

di tutte le intercettazioni, che potrebbe venire spiegata se contestualizzata nei rapporti

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